Spike Jonze si racconta al Festival del Cinema di Roma

Il Festival del Cinema rappresenta la migliore occasione per conoscere più da vicino registi come Spike Jonze. L’autore del film Her, in concorso per il Marc’Aurelio, già ampiamente apprezzato da pubblico e critica, si è lasciato intervistare da giornalisti e fan questo pomeriggio, durante una conferenza stampa a cui noi di Persinsala eravamo presenti e che riportiamo, per conoscere attraverso le sue parole uno dei più acclamati registi del momento.

Osservandolo sembra risiedere in lui l’ingenuità e l’immaginazione, tipica dei bambini, forse è proprio questo l’elemento che rendere così creativi e geniali i suoi lavori.

Ci parli del suo ultimo film?
Spike Jonze: «Abbiamo scritto questo film pensando al rapporto che oggi ci lega alla tecnologia, a volte troppo presente nelle nostre vite, volendo ricreare quel bisogno d’intimità. I set di questo film hanno ricostruito un senso d’intimità che noi tutti abbiamo condiviso. Cercando di ignorare la velocità della comunicazione e del mondo circostante che, troppo spesso, pervade le nostre vite».

Guardando i suoi film sembra come se chiedesse ai suoi attori di spogliarsi da ogni tipo di vanità..
S.J : «Tutti gli attori vogliono scomparire nei propri personaggi e accettano di farlo, semplicemente. Ho parlato del film per circa un anno con Joaquin Phoenix, di ciò che desideravo da lui. Gli ho chiesto di aprirsi e mostrare la propria intimità e l’ha fatto nel modo più naturale possibile».

Come ha iniziato la sua carriera?
S.J: «Io e i miei amici siamo cresciuti con le telecamere, erano gli anni in cui ognuno di noi ne usava una. Ho incominciato a fare video sui miei amici, non importava dove venissero collocate queste immagini, l’importante era catturarle».

La sua transizione dai video musicali al cinema ha indotto negli addetti al settore speranza o preoccupazione?
S.J: «Forse un po’ di preoccupazione c’era, ma io mi concentravo sui personaggi e sulle performance degli attori, non c’era bisogno di altro».

Lei ha usato nei suoi lavori maschere di animali perché lo fa? Forse per entrare in empatia con il pubblico?
S.J: «Non ho una risposta per questo, mi piacciono semplicemente le maschere e adoro i burattini».

A volte sembra che la sua creatività assomigli a quella dei bambini, qual è il metodo per raggiungerla?
S.J: «Quando i bambini arrivano nel nostro mondo, tutto li è nuovo, si trovano di fronte alle nostre convenzioni ed è affascinante vedere come esplorano e reagiscono a tutto questo, è una continua evoluzione».

Ci dica qualcosa di questa voce, presente nel film Her, chiamata Samantha?
S.J: «Anche lei come i bambini è nuova in questo mondo. Ha una grande intelligenza e una mente agilissima, ma non conosce le paure della vita, ed è affascinante vedere come, nel corso del film, impara a riconoscerle».

Quale consiglio darebbe a chi vuole intraprendere il suo mestiere?
S.J: «Non mi sento in grado di dare consigli, se poi ve ne dessi uno sbagliato, (ride e ironizza con il pubblico in sala). Non c’è un unico modo per fare le cose, provateci».