Inquieto sintomo fuligginoso

Ad un anno di distanza da Resilienza 2020, Korben, al secolo Marco Del Bene, torna con Reverse, attraversamento scuro ed elettrico che conquista fin dal primo ascolto.

Colonna sonora dell’omonimo legal thriller di Mauro John Capece (autore di La Danza Nera e SFashion), Reverse (Instant Crush Records) è  un lavoro tesissimo, omogeneo, che si mantiene su di una linea tematica ed emotiva integerrima, non incline ad alcun compromesso. In alcuni tratti, socchiudendo gli occhi, lasciandosi portare da questa colonna sonora dalla trance occulta, sembra che la lingua del Nostro vada a incanalarsi sui binari dei lavori più tesi dei Nine Inch Nails o di quel liminare Pre-millenium Tension di Tricky. Con tutti i distinguo del caso, la stessa sensazione di catastrofe imminente (o già avvenuta) avvolge e conquista. Come se il tempo che precede una catastrofe e quello dell’universo post-apocalittico potessero parlare, appunto, la stessa lingua, lavorando sui medesimi perni e giungendo, nonostante tutto, a conclusioni diverse. Il mondo di Reverse non è certamente un universo di leggerezza e di speranza, ma un atto coraggioso di discesa non tanto negli inferi, ma nel proprio intimo inferno, nell’inquietante confusione dell’impalpabile bruna torbida del sentimento melanconico.

Il lavoro si apre con How It Started che dà il “la” squartando il problema, imponendo un tempo stretto e autoritario tra rammemorazione ed evocazione di possibili legami con l’attuale, in una prospettiva dove l’epicità viene tagliata dall’impuro reale. La successiva The palace dischiude ritmi quasi tribali da Kosmische Musik per poi incagliarsi in inquietanti sirene di segnalamento. Avvisaglie di inquietanti sviluppi, ritorno incessante di rumori che terrorizzeranno l’ascoltatore. Si problematizza fin dal principio il sintomo che lavorerà tutto l’album, mostrando l’epidermide rugosa ed elettrica, inquinata, che protegge e tenta di celare il leitmotiv intenso e irriducibile che percorrerà, tra echi e riprese, il mondo sonoro di Reverse.

Running Away si lancia sul rasoio fendente della visione korbeniana, mantenendosi in velocità per diminuire l’attrito e il dolore. Il risultato è una tensione da cardiopalma delineante il modus ambulandi marziale che detta il comportamento dell’ascoltatore. Assoli taglienti di chitarra, rumorismo industriale, litanie giocose, e ancora sirene di avvertimento attraversano il trittico di Killer Drone Theme/Killer Drone Theme Reprise/ Killer Drone Theme B, alternativa struttura midollare dell’opera, forse non la “faccia nascosta”, l’altro lato, ma parte integrante, côté che sfida la luce mantenendo la sua proprietà di assorbimento quasi totale della sorgente luminosa. Tentativo di azzeramento caliginoso che attraversa l’attraversamento, come in una mise en abîme del passaggio, come se ciò che ne rappresenta il tramite, il legame, foss’anch’esso sotterraneo, carsico, mantenesse al suo interno la possibilità di essere attraversato, come se il vuoto aperto affinché avvenga la trasmissione non ne determini la propria negazione, ma il riflusso di ritorno, di svuotamento. Con Alone with you Marco Del Bene vuole invitarci ad una riflessione d’impronta nineinchnailsiana che giunge provvidenziale dopo la tabula rasa di Empty Mental Spaces.

La parte centrale dell’album sembra agire in maniera cerusica, centellinando le azioni violente, misurando con attenzione i suoni distorti, le angosce elettriche, gli echeggiamenti ambient e le saturazioni drone. Si giunge poi al piano di Naked Under Cover, quasi una dichiarazione di resa, di deposizione della rabbia ai piedi delle forze avverse. E la sirena pare voler chiudere qui i giochi, dichiarando la sconfitta dinnanzi al reale. Ma lungi dall’apporre un punto definitivo, Korben aumenta il gradiente tensionale, e lo sfogo del godimento di The Cave è la necessaria apertura metal industrial (con finale horrorifico) che frantuma l’edificio pazientemente costruito nelle decine di minuti precedenti: pura liberazione rumorosa e caotica che satura, nell’ascoltatore, la capacità di mantenere distinti rumori, suoni e melodie. Jouissif. Il venir meno anche di questa certezza è il (non ultimo) colpo doloroso che il musicista infligge al coraggioso suppliziato. Non se ne esce indenni da questo ascolto. Vivi forse sì, ma senza dubbio molestati.

La parola “fine”, a onor del vero, non viene mai scritta. Reverse Man, infatti, ultima traccia dell’album non si impone come vera e propria chiusura, poiché lascia aperta la scrittura sonora, sospendendola a mezz’aria. Privo di un vero e proprio punto terminale, l’ultimo brano espone le ferite accumulatesi durante la quasi ora e mezza di musica senza alcuna vera e propria volontà di rielaborazione. Un’esposizione che si tronca assai rapidamente, mostrando la volontà di interrompere un movimento, sciabolando l’erezione drammatica. Il silenzio immediatamente successivo al culmine critico palesa l’oblio pàtico, unico residuo che perdurerà nelle nostre mani.

Difficile trovare difetti in Reverse. La drammaturgia sonora conferma quello che abbiamo sempre pensato di Marco Del Bene. Ancora prima che un ottimo musicista, perfezionista e raffinato, egli si dimostra un architetto sonoro dotato di uno sguardo globale che spazia e accoglie tutto il lavoro in un solo gesto scopico.

Bentornato Marco.

Reverse
di Marco Korben Del Bene
Etichetta: Instant Crush Records
Uscita: 13 aprile 2021
www.marcodelbene.com
www.instantcrushrecords.com