This November, Portugal welcomes its 14th edition of Misty Fest, an eclectic month-long celebration of music boasting a diverse programme from emerging talent to national and international treasures. Monday the 20th saw the majestic Centro Cultural de Belém treat its audience to an exceptional double gig of two contemporary jazz aficionados passionately touring new album material. Manchester lad and spiritual jazz trumpeter Matthew Halsall submersed his audience in an ethereal soundbath of fairy-tale strings and atmospheric percussion, awash with spacious and melodic brass. When everyone had well and truly melted into their seats, we had the supreme pleasure of witnessing the Portuguese debut of Chicago drum wizard Makaya McCraven, who wasted no time in turning the concert hall on its head in a flurry of cutting-edge grooves, delivering an astounding set of experimental and intricate genre-bending compositions.
Italian Abstract
Questo novembre, il Portogallo accoglie la sua 14a edizione del Misty Fest, un’eclettica celebrazione della musica della durata di un mese che vanta un programma diversificato, dai talenti emergenti ai tesori nazionali e internazionali. Lunedì 20 il maestoso Centro Cultural de Belém ha regalato al suo pubblico un eccezionale doppio concerto di due cultori del jazz contemporaneo che hanno portato in tournée con passione i loro nuovi materiali. Matthew Halsall, ragazzo di Manchester e trombettista jazz spirituale, ha immerso i presenti in un etereo bagno sonoro di archi fiabeschi e percussioni atmosferiche inondati di ampi e melodici ottoni. E quando il pubblico si era quasi ormai sciolto sulle poltrone, ecco arrivare il mago della batteria di Chicago, Makaya McCraven, che non ha perso tempo per il suo debutto portoghese e ha ribaltato la sala con una raffica di groove all’avanguardia, offrendo una serie sorprendente di composizioni sperimentali e intricate.
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Una delle voci più importanti della scena jazz spirituale del Regno Unito, Matthew Halsall ritorna con un altro bagno sonoro etereo in An Ever Changing View; il suo settimo album come leader della band e il 67esimo pubblicato dalla sua propria Gondwana Records. Nata nel 2008, l’etichetta locale si è da allora trasformata in un’operazione mondiale, ospitando una pletora di straordinari talenti del jazz contemporaneo da Noya Rao al Portico Quartet e rappresentando, nelle parole di Halsall, “un intero universo di suoni”. Il concerto numero 30 del tour europeo del suo nuovo album ha visto la sua band incantare il pubblico presso il magnifico Centro Cultural de Belem (CCB) di Lisbona, all’interno dell’eclettico Misty Fest.
An Ever Changing View riprende la ricerca trascendentale di Halsall, portando il pubblico in un viaggio lontano dalla grigia realtà di Manchester attraverso ampie foreste, canti di uccelli e percussioni terree bagnate da piogge di arpe scintillanti e rintocchi frizzanti. La fluttuante seconda traccia dell’album, Water Street, ha aperto il set con un graduale loop di dolci goccioline di marimba e xilofono, memori della fresca campagna gallese in cui sono stati immaginati e registrati. La morbida luce dorata che proiettava ombre ai lati del palco faceva risaltare la sagoma di Halsall mentre intesseva gli arazzi di questi paesaggi sonori ispirati, facendo tintinnare triangoli “martellati a mano da un amico hippie a Bristol” e una serie di affascinanti campane e carillon che catturavano la luce mentre ondeggiavano.
I toni dolci e familiari della tromba di Halsall e quelli delicati del flautista e sassofonista Matt Cliff si sono alternati per riempire la stanza mentre ognuno si faceva indietro, con la testa che dondolava, per dare all’altro il proprio momento. Sono pochi i limiti creativi che la realizzazione di questo album ha spinto, ma va detto che c’è un certo conforto nostalgico nel modo semplice e umile di Halsall di suonare la tromba e nella disinvolta spaziosità delle sue composizioni.
Mentre la prima metà del set, aiutata dall’ottima acustica del CCB, invitava a un esercizio di visualizzazione meditativa a occhi chiusi, la seconda metà – composta da materiale tratto dai primi e più dinamici album di Halsall – è stata quella in cui la band ha preso veramente vita. Il contrabbassista Gavin Barrass ci ha malinconicamente introdotti alla vertiginosa traccia Patterns, tratta dall’esuberante disco del 2014 When the World Was One e il tono nella stanza è cambiato considerevolmente dall’atmosfera soporifera che l’aveva preceduto. La melodia culmina con un assolo di batteria complesso e drammaticamente in crescendo firmato Alan Taylor, che si catapulta in modo esplosivo nel motivo finale di Patterns.
A seguire, l’elegante arpista Alice Roberts ha alzato un sipario scintillante sulla traccia del titolo del precedente album di Halsall, Salute to the Sun, dove il groove è sprofondato nella sua poltrona di velluto e ha adottato un accogliente tono blues. Halsall si è preso un ultimo momento per presentare la band e ringraziare sia il pubblico che i produttori del Misty Fest per averli portati in un luogo così grandioso, prima di introdurre la loro traccia finale – “con alcune modifiche dell’ultimo minuto”, ha aggiunto. Barrass si è fermato a malapena un attimo prima di lanciarsi in questo nuovo adattamento: un assolo di contrabbasso martellante e vivace che si è schiantato sofisticatamente in The Land Of da Into Forever con uno scintillio di rintocchi e un sussurro di piatti.
Il secondo set della serata del Misty Fest ha preso una svolta drasticamente diversa, allontanandosi dai paesaggi sonori paradisiaci e trasformandosi in uno spettacolo di innovazioni d’avanguardia capaci di rivoluzionare il genere. Makaya McCraven, uno dei batteristi più versatili e richiesti di Chicago, è stato soprannominato uno “scienziato del beat” e dopo solo pochi minuti davanti a lui, è chiaro il perché. Il suo ultimo lancio, In These Times, è il culmine di oltre sette anni di duro lavoro, presumibilmente “l’album che ha cercato di realizzare da quando ha iniziato a fare dischi”, nonché uno sviluppo di alcuni temi visitati nell’album live del 2015 In the Moment, già acclamato dalla critica.
In These Times è una dichiarazione, una miscela trionfante che mette in mostra non solo la sua abilità come batterista ma anche l’ampiezza della sua ispirazione culturale. Nato a Parigi da un abile batterista jazz afroamericano e da una cantante folk ungherese, McCraven si è fatto le ossa con l’hip-hop e si è debitamente ispirato ai suoni campionati degli anni ’90 fondendo la musica contemporanea con il jazz classico. Il suo stile in continua trasformazione lo ha visto aprirsi ai giganti della musica in tutto l’universo del genere, dai Wu-Tang Clan a Kamasi Washington, fino addirittura ai Wailers.
A differenza di Halsall, McCraven non ha perso tempo ad adulare la bellezza di Lisbona e il suo bel tempo. Dopo un casuale “Come state?”, ha presentato brevemente ogni membro della band e la loro prima nuova traccia, Seventh String, prima di mettersi al lavoro. Una tovaglia patchwork multicolore aleggiava al centro del palco, vantando un banchetto di strumenti percussivi con cui il chitarrista Matt Gold e il bassista Julius Paul hanno armeggiato tranquillamente, costruendo una base per i delicati riff di chitarra di Gold mentre McCraven lasciava fremere la stanza con il piatto ride e Alicia Rush riversava nella composizione un sax garbato e liquido come il miele.
I restanti 50 minuti di performance non sono stati altro che un sogno psichedelico fatto di groove creativi e assoli ispirati da parte di tutti i membri, ma soprattutto un exploit di batteria profondamente sensibile e infinitamente dinamica. Guardare McCraven suonare è come guardare un pittore che crea un capolavoro di pennellate espressive: a momenti sembra quasi di vedere della vernice volare dalle sue bacchette.
A metà del set, un’improvvisa e sconcertante tempesta causata dall’assolo di basso di Julius Paul ha interrotto lo slancio precedente, lasciando il pubblico a bocca aperta mentre le sue agili dita scivolavano sulla tastiera e producevano suoni che andavano ben oltre le comuni capacità dello strumento. Il basso rimbombante si è poi fuso nella traccia Dream Another, sempre di In These Times, invitando McCraven a entrare con una pennellata morbida e Gold e Rush a unirsi in tandem suonando il malinconico riff della melodia. La canzone si è conclusa con un intricato e pulsante assolo di batteria suonato solo sui bordi, permettendoci di concentrarci davvero sull’abilità ritmica del musicista di Chicago.
Mentre il set di Matthew Halsall era diviso energeticamente in due metà molto diverse fra, le montagne russe delle composizioni di McCraven sembrano sollevare e calmare continuamente il suo pubblico, sconcertandoci e poi calmandoci, mantenendoci in uno stato di curiosità costantemente stimolata. La traccia finale ne è stata un perfetto esempio, passando da un sax cantilenante ed essenziale e morbide spazzolate a una chitarra frastagliata e una batteria perforante, per arrivare infine a quel fill urgente di tre note in loop chiosato da uno spettacolare tour dei tamburi.
Dopo un’estasiante standing ovation, la band è tornata per un bis di quindici minuti dello standard jazz Autumn in New York, delicatamente reimmaginato e presentato come Spring in Chicago. I toni sognanti e lontani della chitarra di Matt Gold e il morbido sassofono di Alicia Rush hanno duettato nel motivo nostalgico della canzone finché McCraven non è esploso in un ritmo dub reggae meravigliosamente inaspettato, tutto rimshot e tom-tom, con Gold che suonava in strimpelli accentuati e fuori tempo – una conclusione spettacolare e sorprendente per una performance davvero gratificante.
One of the leading voices in the UK astral jazz scene, Matthew Halsall returns with another soothing dreamscape in An Ever Changing View; his seventh album as band leader and 67th release on Halsall’s own Gondwana Records. Born back in 2008, the homegrown label has since exploded into a worldwide operation, hosting a plethora of stunning contemporary jazz talent from Noya Rao to Portico Quartet and representing, in Halsall’s words, “a whole universe of sound”. Gig number 30 on his new album’s European tour saw his band charm audience members at Lisbon’s magnificent CCB.
An Ever Changing View resumes Halsall’s transcendental jazz quest, taking his audience on a journey far from his grey reality in Manchester through spacious forests of birdsong and earthy percussion amidst showers of glimmering harp and sparkling chimes. The album’s floaty second track Water Street opened their set with a gradual looping of gentle marimba and glockenspiel droplets, reminiscent of the fresh Welsh countryside in which they were dreamed up and recorded. Soft golden light cast shadow puppet-like scenes to the sides of the stage where the audience could make out Halsall’s silhouette as he weaved the tapestries of these inspired soundscapes, tinkling triangles “hand-hammered by a hippie friend in Bristol” and an array of charming bells and chimes that caught the light as they swayed.
The familiar mellow tones of Halsall’s trumpet and dulcet sounds from flautist and saxophonist Matt Cliff took turns to fill the room as they each stood back, heads bobbing, to give the other his moment. Few creative boundaries were pushed in the making of this album, but it has to be said that there is a certain nostalgic comfort in Halsall’s uncomplicated, humble trumpet playing and the easeful spaciousness of his compositions. CCB’s impeccable acoustics meant that closing one’s eyes felt like the sound truly enveloped the audience, and it felt tempting to do so at many points during the first few tracks, just to see where the music would transport us.
While the first half of the set played out this meditative visualisation exercise, the second half – composed of material from Halsall’s earlier, more dynamic albums – was when the band truly came alive. Double bassist Gavin Barrass moodily played us into the soaring track Patterns from colourful 2014 record When the World Was One and the tone in the room considerably shifted from the soporific atmosphere that had preceded it. The tune climaxed with a complex and dramatically crescendoing drum solo from Alan Taylor that explosively catapulted into Patterns’ final head.
Elegant harpist Alice Roberts drew back a glittering curtain onto the title track of Halsall’s previous album Salute to the Sun, where the groove sunk back into its velvet armchair and adopted a cosy bluesy tone. Halsall took a final moment to introduce the band and thank both the audience and the Misty Fest producers for bringing them to such a grandiose venue, before introducing their final track – with some “last minute changes”, he added. Barrass barely even paused a beat before launching into this new adjustment: a thumping and spirited double bass solo that sophisticatedly crashed into The Land Of from Into Forever with a sparkle of chimes and a whisper of cymbals.
Misty Fest’s second set of the evening took a drastically different turn, away from heavenly soundscapes and into a spectacle of avantgarde genre-bending innovation. Makaya McCraven, one of Chicago’s most versatile and in-demand drummers, has been dubbed a “beat scientist”. After just a few minutes in front of him, it’s clear to see why. His latest release In These Times is the culmination of more than seven years hard work, supposedly “the album he’s been trying to make since he started making records” and a development on certain themes visited in his critically-acclaimed 2015 live album In the Moment.
In These Times is a statement; a triumphant blend that showcases not only his drumming proficiency but also his breadth of cultural inspiration. Born in Paris to an African-American jazz drummer and a Hungarian folk singer, McCraven cut his teeth on hip-hop and was duly inspired by 90s sample culture infusing contemporary music with classic jazz. His ever-morphing style has seen him open for musical giants across the genre universe including Wu-Tang Clan, Kamasi Washington and the Wailers.
Unlike Halsall, he didn’t lose gig time fawning over the beauty of Lisbon and its pretty weather. After a casual “How y’all doing?” he briefly introduced each band member and their first new track Seventh String before getting to work. A multicoloured patchwork tablecloth hovered centre stage, boasting a feast of percussive toys which guitarist Matt Gold and bassist Julius Paul leisurely tinkered with, building a foundation for Gold’s delicate guitar licks as McCraven let the room tingle with the ride cymbal and Alicia Rush poured graceful sax into the composition like honey.
What followed was a psychedelic dream of creative grooves and inspired solos from all band members, but really above it all a deeply sensitive yet endlessly dynamic drum performance. Watching McCraven play felt akin to watching a painter create a masterpiece of expressive brush strokes – one could almost see the paint flying from his sticks.
Midway through the set a perplexing rumbling storm of a bass solo by Julius Paul brought the momentum to a standstill and left the audience confounded as we watched his nimble fingers glide over the fretboard and make sounds that could barely be identified as electric bass. This melted into In These Times track Dream Another, as McCraven came in with soft brushwork and Gold and Rush joined in tandem playing the tune’s wistful riff. The song ended with an intricate pulsating drum solo played on rims only, inviting us to truly zone in on Makaya McCraven’s rhythmic prowess.
While Matthew Halsall’s set split into two very different halves energetically, the rollercoaster of McCraven’s compositions seemed to perpetually lift and settle his audience; bewildering them then soothing them, holding his viewers in a state of constantly piqued curiosity. The final track was a perfect example of this, winding from stripped-back lullaby sax and soft brushes to jagged guitar and drilled drum fills, finally building to that looping urgent three-note fill with a spectacular tour around the kit.
Following a rapturous standing ovation, the band returned for a fifteen-minute encore of jazz standard Autumn in New York, delicately reimagined and presented as Spring in Chicago. Matt Gold’s dreamy faraway guitar tones and Alicia Rush’s soft saxophone duetted in between the song’s nostalgic head until McCraven broke down into a gorgeously unexpected dub reggae beat, all rimshots and rack toms, with Gold chiming in punctuated off-beat strums – a spectacular and suitably unanticipated end to an incredibly gratifying performance.
The concert was played at Centro Cultural de Belem – Main Auditorium Práça do Império – Lisbon
20 November 2023, 21:00
Misty Fest presents Makaya McCraven + Matthew Halsall
Matthew Halsall set songs from An Ever Changing View, When the World Was One, Salute to the Sun and Into Forever Makaya McCraven set songs from In These Times and Deciphering the Message
produced, curated, designed and organized by Uguru
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