Ritorno a Pirandello

Recensione La Stranezza. Poco dopo Leonora Addio di Paolo Taviani, un altro maturo regista del nostro cinema, Roberto Andò, si confronta con l’immaginario pirandelliano ne La stranezza, capitanato da Servillo e interpretato, tra gli altri, da Ficarra e Picone al loro debutto nel cinema d’autore.

Prima coproduzione nella storia del cinema italiano tra RAI Cinema e Medusa Film, reso necessaria dal contratto in esclusiva che lega il duo Ficarra & Picone alla seconda, il nuovo film di Roberto Andò, La stranezza, è un’immersione nell’immaginario pirandelliano e nella Sicilia dei primi anni venti, non ancora in clima fascista. Curiosamente, La stranezza arriva neanche un anno dopo Leonora Addio, il primo film in solitaria di Paolo Taviani anch’esso altrettanto legato all’immaginario del drammaturgo siciliano premio Nobel nel 1934: ma se la Leonora di Taviani si soffermava sugli ultimi anni della vita dell’agrigentino, sulle pirandelliane vicende che avevano coinvolto le sue ceneri e su uno degli ultimi racconti dello scrittore, La stranezza ci mostra un Pirandello maturo ma non ancora anziano, in un breve viaggio di ritorno nella sua nativa Sicilia.
L’opera letteraria di Pirandello, nel suo complesso, ha rappresentato per diversi tempo una delle fonti narrative più saccheggiate del cinema italiano, ci fu un periodo in cui sembrò quasi che fosse iniziata una sfida tra i Taviani e Marco Bellocchio su chi realizzasse il maggior numero di adattamento pirandelliani per il grande schermo, quasi come se il sogno sfumato di Pirandello di lavorare con il linguaggio filmico si fosse concretizzato a più mani nelle filmografie di diversi registi nostrani e nel cui novero adesso va aggiunto anche Andò. A ben vedere, nella ricezione pubblica della figura autoriale di cui il cinema è un’ottima cartina tornasole, Pirandello è stato oggetto di un fenomeno atipico, almeno tra gli autori nostrani: la crescente sovrapposizione tra l’autore e il suo stile, tra l’autore e la sua poetica, prima ancora che i suoi personaggi. Come scrisse Francesco Bonami su Robinson a proposito dei ritratti di Samuel Beckett firmati da Tullio Pericoli, ormai il volto dell’autore di Aspettando Godot nell’immaginario collettivo «non è più una persona, ma un’icona, non solo letteraria ma formale e fisica», contraddistinta da un «volto universale» assorto a simbolo della condizione umana tout court. Lo stesso potrebbe dirsi, su altri fronti, di Franz Kafka e delle sue metamorfosi; analogamente, anche Pirandello, in Italia, ha subito un processo analogo per cui pare che anche la sua biografia debba essere per forza pirandelliana non meno dei suoi racconti e dei suoi drammi, tra maschere che cadono e reiterati momenti grotteschi.

È a questa accezione di “pirandelliano” che obbedisce La Stranezza, uno dei film italiani più attesi alla Festa del Cinema di Roma. Tornato in Sicilia in occasione dell’ottantesimo compleanno di Giovanni Verga, l’altrettanto epocale autore de I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo, Pirandello (Toni Servillo) conosce per caso in un paesino Onofrio Principato (Ficarra) e Sebastiano Vella (Piccione), una coppia di becchini appassionati di teatro che si definiscono «dilettanti professionisti» di fatto co-dirigono una specie di teatrino amatoriale locale. L’incontro con loro e con un anziano che aveva fatto da suggeritore in una delle sue prime regie, fa scattare nell’Autore una serie di intuizioni e suggestioni che lo porteranno alla formulazione di una nuova, matura poetica di cui saranno frutto i suoi lavori più noti, Sei personaggi in cerca d’autore in primis; tra i momenti più divertenti de La stranezza, quelli in cui i due teatranti di provincia, non avendo ancora riconosciuto il grande maestro di scrittura, chiedono a Pirandello se frequenta il teatro.

Il titolo del film deriva da una battuta che il fantasma della sua balia d’infanzia rivolge a Pirandello in un momento di impasse creativa: «quando eri picciriddo, ogni volta che ti prendeva la stranizza, appoggiavi la testa tra le mie ginocchia»; ma la parola ritorna poi un’altra volta nel film, a indicare le fantasie più originali del drammaturgo, per gran parte del tempo rappresentato alla ricerca di ispirazione per una nuova opera. Bello anche il cameo di Roberto Carpentieri nel ruolo di un anziano e iroso Giovanni Verga, che ribadisce al più giovane Pirandello «a te tutta la mia gratitudine, ma dall’Italia ufficiale non voglio niente». Più occasionali i camei di altri grandi attori italiani come Luigi Lo Cascio, che interpreta il meta-ruolo del Direttore del teatro dei Sei personaggi, Donatella Finocchiaro, che appare brevemente in un flashback sulla pazzia della moglie di Pirandello, e Fausto Russo Alesi, uno dei “sei personaggi” della pièce più celebre del drammaturgo siciliano, quello che pronuncia l’enigmatica invocazione «realtà! realtà! realtà».
La Stranezza non è né un biopic nel senso canonico del termine, quale ancora poteva essere Leonora Addio sia pure nell’inedita variante del film biografico post-mortem, né un’esplorazione filologicamente approfondita dell’immaginario pirandelliano nel suo complesso; è e resta l’imprevedibile occasione di un incontro tra due gruppi di attori fino a ieri agli antipodi nel cinema (e nel teatro italiano), da un lato Toni Servillo, Carpentieri e se vogliamo anche Fausto Russo Alesi, dall’altro Ficarra & Picone, tutti ottimi nelle loro rispettive parti. Del resto, il regista Roberto Andò ha definito La stranezza come una «fantasia intorno a Pirandello in cui la Sicilia diviene il grembo fecondo dell’immaginazione e del sogno, un luogo in cui il teatro e la vita confluiscono in un unico flusso che scorre indistinto». Ed è soprattutto alla componente immaginativa che la sceneggiatura del film attinge, tanto più che il focus sembra quasi propendere per la compagnia scalcinata dei due teatranti-becchini interpretati da Ficarra & Picone con un’attenzione maggiore a quella rivolta alla crisi creativa che, nella finzione del film, avrebbe afflitto il drammaturgo prima dell’exploit con Sei personaggi in cerca d’autore, che pure venne accolto con grandi ostilità alla sua primissima rappresentazioni romana.

Nel film di Andò non mancano frasi che dimostrano pure piccole, folgoranti comprensioni dell’opera pirandelliana, come quella che a un certo punto del loro dialogo Verga rivolge al collega più giovane: «tu hai messo una bomba sotto l’edificio che abbiamo faticosamente costruito, la realtà, e te ne stai lì impavido: ma non sai più chi sei». L’atto finale, che mostra la prima assoluta di Sei personaggi in cerca d’autore al Teatro Valle di Roma, sembra essere anche un modo per rendere omaggio a un antico tempio della cultura teatrale italiana adesso chiusa. «Siamo nelle mani di Dio, e a Dio piace ridere»: questa frase, che si sente già nei primi minuti di film, è un po’ il sigillo di tutto La stranezza. Il film di Andò, non diversamente da L’ombra di Caravaggio di Michele Placido se vogliamo, forse non mostra i segni di un ineludibile e originalissimo corpo-a-corpo con l’artista al centro delle rispettive sceneggiature, ma al tempo stesso rappresenta una forma di intrattenimento godibilissimo e semi-colto che il cinema italiano per un po’ si era scordato come realizzare, e che, forse da Qui rido io di Martone, è tornato a essere proiettato sui nostri schermi.

Titolo: La Stranezza
Regia: Roberto Andò
Cast: Toni Servillo, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Renato Carpentieri, Donatella Finocchiaro, Luigi Lo Cascio, Galatea Ranzi, Fausto Russo Alesi
Sceneggiatura: Roberto Andò, Massimo Gaudioso, Ugo Chiti
Fotografia: Maurizio Calvesi
Scenografia: Giada Calabria
Costumi: Maria Chiara Barbera
Montaggio: Esmeralda Calabria
Produzione: BiBi Film, Tramp Limited, Medusa Film, Rai Cinema
Distribuzione: Medusa Film
Genere: biografico, drammatico, comico
Durata: 104′
Uscita: 27 ottobre 2022