Musica, «tutta la mia vita sei tu»

Bandamariù presenta al Felt di Roma il suo secondo album, Bumma. Ne parla a Persinsala Massimo Dedo, frontman della band.

Come nasce il progetto Bandamariù?
Massimo Dedo: «Bandamariù nasce circa dieci anni fa dall’amore per la canzone dei primi del Novecento – da Parlami d’amore Mariù deriva infatti il nome della formazione. Inizialmente suonavo questi brani d’inizio secolo cercando di stravolgerli, di dare loro una veste attuale. Ancora dovevano arrivare i Palaster Orchestra, che sei anni fa circa hanno rivisitato questo repertorio raggiungendo un grande successo internazionale. Il nostro progetto nasce dunque dal desiderio di riportare in auge la canzone impegnata di quel periodo, dandogli una sonorità moderna. Gradualmente ci siamo allontanati da questo intento: sono rimasti alcuni brani che tuttora eseguiamo dal vivo, come Eri piccola di Buscaglione, che pur non essendo propriamente d’inizio Novecento è comunque datata e rappresentativa della tradizione a cui ci rivolgevamo. Poi abbiamo introdotto brani scritti da me, con uno stile megafonato, che ricorda in questo la nostra storia iniziale. Da lì il repertorio è diventato prettamente originale.»

Una band siciliana e non solo.
M.D.: «Siamo tutti siciliani; il bassista (Adriano Lo Giudice, ndr) è nato a Roma ma ha comunque origini siciliane. Poi collaborano con il gruppo altri musicisti: in questo disco hanno partecipato anche artisti stranieri, a conferma del fatto che Bandamariù si configura come una sorta di open space dove chi ha delle idee e ha voglia di fare qualcosa può inserirsi. Ad esempio per registrare il rap World Monde Munnu, che è in inglese, francese e siciliano, ho pensato di chiamare due artisti del settore, un rapper haitiano che canta in francese e una cantante newyorkese, Wendy Lewis: per l’occasione dunque l’organico si è ampliato. Per la presentazione del 27 maggio a San Lorenzo (Felt Music Club & School, Roma, ndr) alcuni di questi artisti interverranno, dunque Bandamariù, che è composta di quattro persone, per l’evento arriverà a comporsi di dieci elementi.»

Dopo l’appuntamento di Roma vi aspetta un tour in giro per l’Italia?
M.D.: «La data di Roma è una presentazione a sé. Ne faremo un’altra in Sicilia, a Messina, a Punta Faro – la data non è stata ancora fissata ma probabilmente i primi di luglio – poi partirà un tour siciliano in cui porteremo il nuovo lavoro.»

Bumma è un album multilinguistico: perché questa scelta?
M.D.: «Cantiamo in dialetto, francese e inglese. Mi girava in testa da quest’inverno un rap, che poi è diventato appunto World Monde Munnu. Mi piace molto il rap francese, che ha successo in tutto il mondo – il rap parigino è una forma musicale riconosciuta anche dagli americani, che da questo punto di vista in genere sono chiusi, gelosi dell’hip pop come fosse solo loro, mentre in Francia ha una grande forza – quindi ho pensato di far cantare il pezzo in francese, essendo una lingua con assonanze forti con il siciliano, con certo lessico messinese in particolare. Da qui è nata l’idea di cantarlo in tre lingue, di unire tre popoli che in fondo sono uno solo – il “mondo” – anche se chiamato con tre parole differenti. Parlo genericamente di dialetto siciliano come fosse uno solo, ma in realtà in ogni città il dialetto è una lingua a sé stante.

Tutti voi condividete da anni il palco con grandi artisti italiani (Carmen Consoli, Max Gazzè, Gianna Nannini solo per citarne alcuni). Cosa vi ha spinto a creare un progetto solo vostro?
M.D.: «Io ho sempre avuto l’esigenza di fare. Anche ai tempi del conservatorio avevo la mania di mettermi al pianoforte e fare qualcosa di mio. Un’esigenza primordiale, un istinto primario non di dimostrare, ma di comunicare, di esprimere. Lavorando con certi artisti italiani questa esigenza è riemersa prepotentemente, e ho sentito la forza di cimentarmi, di mettere sul mercato le cose che faccio, e ho trovato dei matti che mi hanno seguito. Sembra una cosa da folli, a pensarci razionalmente, vista l’attuale situazione del mercato dei dischi. Ma si tratta della voglia di suonare la nostra musica, di portarla in giro. Senza pretese. L’esigenza vitale è suonare.»

Pubblicare con una etichetta indipendente: limiti e potenzialità.
M.D.: «Il primo album, Miscia Lay – titolo che gioca con il detto siciliano “mi scialai” che significa “mi sono divertito” – è uscito con la Organic Tones Records, mentre questo secondo, Bumma, è frutto nella nostra etichetta, appena fondata, la Real Evolution: siamo noi a stamparlo, noi a distribuirlo, ma comunque si troverà disponibile a breve su tutti i portali mondiali. La prospettiva di un’etichetta discografica che prenda il tuo progetto e lo parcheggi in un angolo non ci interessa, noi vogliamo portare la nostra musica ovunque. Una major, se fa un investimento su un artista, ha l’obiettivo di recuperare quell’investimento. Quindi distribuisce fisicamente il disco nei negozi, organizza concerti e promozioni televisive dal respiro plateale, spreme il prodotto fino all’estremo, lo sfrutta e – se non rende quanto previsto – lo accantona. Noi non corriamo questo rischio: ci esibiamo da vivo, quindi abbiamo un pubblico che non si può paragonare al pubblico di massa, e il nostro è un percorso molto più lungo e dispendioso, ma non abbiamo vincoli: possiamo dire ciò che vogliamo e avere l’immagine che vogliamo.»

Quali sono gli elementi di innovazione di Bumma rispetto al primo album? E quali quelli di continuità?
M.D.: «Dal punto di vista tecnico, Miscia Lay è stato registrato in studio dal vivo, ovvero in presa diretta, lasciando anche alcuni difetti, come facevano i jazzisti negli anni Quaranta per preservare la naturalezza dell’esecuzione. Bumma invece è un album prodotto in studio, dove i vari musicisti hanno suonato separatamente – non insieme come nel caso precedente – e sovrapposto poi le singole tracce degli strumenti. Dal punto di vista musicale, Bumma ha la particolarità dell’inserimento dell’elettronica. Il brano di apertura del cd infatti s’intitola Elettro Poppe, ed è completamente elettronico: io ho cantato esclusivamente su suoni sintetici, e scegliere questo come primo pezzo dell’album significa dare eminenza alla caratterizzazione elettronica dell’intera opera. Chiaramente procedendo nell’ascolto dei brani si riconoscono affinità con la produzione precedente, ma questo perché noi facciamo crossover, non abbiamo vincoli di genere, passiamo da uno stile all’altro incessantemente, e arriviamo così all’ultima traccia che è Manic Depression, una cover di Jimi Hendrix completamente rivoluzionata, eseguita con strumenti a fiato.»

Quali sono le tematiche affrontate in Bumma?
M.D.: «Affrontiamo una tematica sociale importante in World Monde Munnu: in tempo di guerra ho voluto scrivere un hip pop che parlasse di responsabilità collettiva e consapevolezza individuale sui moventi reali dei conflitti contemporanei e sul loro incessante incalzare. Tengo particolarmente a questo brano per questo motivo; gli altri sono invece di carattere amoroso e giocoso, ma ammiccano sempre a certi fenomeni sociali. Ad esempio, in Masculu latinu parlo dell’uomo trasformato in divo dai reality. Il tutto spassionatamente, senza pesantezza, perché non mi è mai piaciuto prendermi sul serio, e la nostra formazione si muove sempre all’insegna della più grande leggerezza.»

Definisci Bumma in una parola.
M.D.: «Ne dico tre: carica, propositività – parola che mi piace molto – ed esorcizzazione.»

Lo spettacolo andrà in scena:
Felt Music Club & School
via degli ausoni, 84 – Roma (zona San Lorenzo)
venerdì 27 maggio, ore 21.30

Bandamariù presenta:
Bumma
voce e tromba Massimo Dedo
chitarra Nicola Costa
basso Adriano Lo Giudice
batteria Puccio Panettieri
produzione e distribuzione Real Revolution