Cronaca di una vittoria annunciata


È tempo di bilanci per questa settima edizione di X Factor che, pur vantando ascolti record e cifre da capogiro, lascia perplessi su molti punti, in primis sul fattore incognito di cui porta il nome, il talento.

Gli appassionati di X Factor, quelli che non hanno perso una stagione neanche morti, e che hanno votato sempre e da tutti i mezzi possibili lo sapevano già: non poteva che essere lui il vincitore, Michele, l’efebico giovane dal timbro d’oro che non è mai stato sfiorato da un ballottaggio. Era questo non il primo, bensì l’ennesimo indizio a favore della sua candidatura, dopo le esibizioni straordinarie con cui ha deliziato i telespettatori sin dai casting e i continui esaltati riscontri di pubblico e giudici.
Ha vinto il talento, di una voce che è un dono di natura (quindi non un merito, ma una gran fortuna) supportata però da un pensiero: dalle clip video è sempre risultato chiaro l’investimento intellettuale di Michele nel comprendere e interpretare il brano, fino ad «abitarlo», come piaceva dire a Morgan all’inizio, molto giustamente. Ci si rallegra, sotto sotto, che dopo una tanto affannosa ricerca della pop star (intesa nell’accezione più bieca e “industriale” del termine) abbia vinto un profilo umano e musicale che con quel modello non ha nulla a che vedere, più propenso ai modi cantautorali e concettuali che a quelli ammiccanti e vacui della discografia commerciale. Dunque pollice su per questa vittoria annunciata, che potremmo quasi definire inevitabile, perché il talento quando c’è si vede subito. E qui le riflessioni dovrebbero risalire alle fasi di selezione del programma, quando – a scuderia ultimata – la maggior parte del pubblico a casa si è domandato “tutto qui?”. Risultava infatti impossibile che in quel marasma di candidati non si fosse trovato di meglio dei dodici eletti che, nell’insieme (senza scendere nel merito individuale, merito che alcuni hanno riscattato in trasmissione), destavano non poche perplessità. Perché se del talento c’era – e della quantità sperata – era proprio ben nascosto.
La settima avventura di X Factor è iniziata dunque con una sensazione (che il livello offerto sarebbe stato più basso del solito) ed è finita con una conferma (è andata proprio così). Cosa non ha funzionato? Cosa ha reso questa trasmissione una macchina da guerra televisiva, la più potente e performante mai assemblata, ma con una disillusione qualitativa da far spavento?
Le ipotesi sono disparate e tutte da confutare (o meno): le pressioni esercitate dalla produzione, l’approccio stanco dei giudici e di Tommassini, una effettiva morìa di talenti veri. Dove sta la verità? Forse semplicemente è cambiato l’atteggiamento del pubblico, e non del programma in sé: il pubblico ci ha creduto davvero, che si stesse cercando il talento. Ha creduto davvero che in quegli studi si stesse lavorando per formare degli artisti. Tutto vero, certo, quanto è vera una menzogna: la menzogna che si sia arrivati al successo quando oggi canti e domani ti svegli e sei primo sulla classifica di iTunes, quando torni al paese e ti danno la piazza e il teatro per cantare delle cover con le basi sotto (un karaoke molto costoso, lo definirei), la menzogna che in televisione si possa fare musica, e farla bene. Neanche Morgan il visionario, lo psichedelico ci crede più (anche se rilascia interviste in giro dicendo che pur stufo della televisione, se vuole lavorare lì deve stare). Proprio lui, d’altronde, è risultato l’elemento più arrugginito e sfibrante dell’intera stagione. Per quanto destinato alla vittoria (cinque edizioni su sette lo hanno incoronato, e si badi che in una mancò), Castoldi non si può certo definire il vincitore morale del programma: il suo ego spropositato (un Mediolanum Forum tutto per sé non basterebbe a contenerlo) e la sua affatto sobria eccentricità lo hanno reso una piaga da medicare ogni settimana per la settimana dopo, una continua inopportunità, faticosa e molesta. Fatto salvo il suo innegabile spessore artistico (si sceglie di essere magnanimi e di tacere sulla esibizione sua e di Mika dell’ultima sera) è stato altresì palese che fare il giudice sia stato per lui nient’altro che un pretesto per fare il musicista, cosa che lo ha inevitabilmente decentrato dagli scopi che dovevano essere primari.
I suoi competitors e colleghi, seppure più accettabili socialmente, non hanno raggiunto livelli di molto superiori: troppo spesso è mancato un criterio omogeneo, un “senso” nel lavoro proposto ai serali. Forse la più grande delusione è stato proprio Mika: atteso come una novità, una ventata di freschezza in opposizione agli altri giudici accasciati sulle poltrone aspettando la sorte, ha dimostrato una determinante autoreferenzialità nelle scelte e nei criteri di indirizzo dati alla squadra. Chi scrive riconosce in lui l’artefice del massacro di Gaia, indubbiamente la voce femminile più interessante e versatile tra quelle selezionate (e non perché sia stato più volte dichiarato in diretta, soprattutto da Elio), portata al macello a botte di tacchi a spillo e pop ritrito.
Queste sono le cose che non si vogliono più vedere, insieme alle brutte felpe dei bravi Ape Escape e alle scollature tracimanti della Ventura, come non si vogliono più sentire le mostruosità foniche di cui la diretta è stata costellata (sul divano di casa a leggere il labiale, con milioni di impianti e attrezzature a loro disposizione).
Si spera in qualcosa di meglio per il prossimo anno, che riesca a coniugare le esigenze tecniche ed economiche della produzione con le ambizioni del pubblico. O in alternativa, si spera in un pubblico che prenda il tutto meno sul serio, con più filosofia e meno ascolti, per rendere chiaro il messaggio: mentre tutto va a rotoli l’arte resta in piedi. Non ci togliete pure quella.

Lo spettacolo è andato in onda:
Sky 1HD e Cielo
giovedì 12 dicembre, ore 21.10

X Factor 7
La finale
con Alessandro Cattelan, Elio, Simona Ventura, Mika, Morgan