L’astratto che si vede

Abstracta, il Festival del Cinema Astratto, in corso alla Casa del Cinema di Roma, giunge alla sua sesta edizione. Un’iniziativa ambiziosa e gradita al pubblico, interamente organizzata da uno staff giovane e motivato: la Direttrice, Valentina Domenici, 29 anni, e Claudio Vettraino, 26, uno degli organizzatori, raccontano a Persinsala come e perché cimentarsi in questa impresa.

Perché un Festival del cinema astratto?
Valentina Domenici: «Perché non c’è mai abbastanza spazio per il cinema astratto in Italia. Se ne occupano sempre più spesso nei Festival attraverso sessioni collaterali, però mancava un’iniziativa interamente dedicata a questo genere. All’estero la situazione è diversa: in Spagna e in Francia esistono festival di cinema sperimentale che però mostrano lungometraggi, non cortometraggi come il nostro. In Europa c’è in generale un’attenzione, una sensibilità maggiore all’argomento – e anche un’altra industria – legata a questo tipo di esperienze. In Italia si va poco al cinema, anche a vedere film commerciali, e le chiusure di numerose sale, anche a Roma, ne sono una dimostrazione. A maggior ragione si è poco aperti a forme diverse, sperimentali.»

Come ha risposto il pubblico alle passate edizioni?
V.D.: «La risposta è stata piuttosto positiva sin da subito. Quest’anno, con nostra sorpresa, anche migliore delle edizioni precedenti: la sala è piena, ci sono persone sedute addirittura sui gradini. Quindi un buon feedback , finora. Molti ci hanno chiamato anche solo per prendere informazioni, per sapere di cosa si trattasse. Questo Festival è nato soprattutto per dare la possibilità alle persone di conoscere un cinema diverso, di cui ignoravano talvolta persino l’esistenza, o che guardavano con sospetto, come se non si trattasse di una vera e propria forma di cinema. Abbiamo voluto avvicinare il pubblico a questo genere, non abbiamo risposto a una richiesta. La reazione che ne abbiamo ricavato è decisamente positiva.»

Quali sono stati i criteri di selezione delle opere?
V.D.: «Abbiamo innanzitutto escluso i film non astratti: ci sono arrivati moltissimi cortometraggi dalle caratteristiche tradizionali. Abbiamo rispettato tassativamente la prerogativa del Festival. In generale abbiamo scelto film che colpissero, dall’estetica visiva forte, d’impatto, non banale, in cui la musica avesse un ruolo importante: film che riuscissero a raccontare qualcosa senza utilizzare i codici narrativi consueti. È stato un lavoro lungo: tra un’edizione e l’altra non abbiamo fatto altro che visionare opere.»

In che condizioni versa, a vostro avviso, il cinema italiano contemporaneo?
Claudio Vettraino: « Sebbene ci siano dei progetti interessanti, registi e attori – anche giovani – molto capaci, come sistema complessivo non è competitivo né in Europa né nel mondo. Non ha la forza economica, né quella espressiva.»
V.D.: «Personalmente credo che il problema grave sia che si rischi poco, che si abbia troppa voglia di accontentare il pubblico. Accade difficilmente che si proponga qualcosa di diverso. Occorre una produzione coraggiosa, e soprattutto una distribuzione che investa su una scelta simile. Si parla poco di distribuzione, ma è il passaggio cruciale perché l’opera arrivi al pubblico. Un’idea valida, se non si ha un nome, o non si garantisce il successo, potrebbe non arrivare mai nelle sale.»

Qual è il discrimine tra un’opera di cinema astratto e una video installazione d’arte contemporanea?
V.D.: «Sono gli autori a doverlo dire. Chi crea un’opera vuole che sia usata in un certo modo. D’altra parte il confine è sempre più labile, e Abstracta è un Festival collocato al confine con la videoarte. La grande differenza è soprattutto tecnica: molte delle opere arrivate a noi, per esempio, sono girate in pellicola. Bisogna poi considerare l’antica querelle per cui il cinema è quello che narra, che racconta una storia. Difficilmente chi pensa così potrà vedere in uno di questi film un’opera cinematografica.»
C.V.: « Molti artisti potrebbero anche esporre queste opere in una mostra d’arte. Parliamo di luoghi, di finalità. Ma questo distinguere forse è solo un formalismo.»

Nelle opere presentate ad Abstracta prevale la componente etica o quella estetica?
V.D.: «Le due cose a mio avviso non sono distinte, perché una presuppone l’altra. Se un’immagine genera un impatto forte nello spettatore, tanto da attribuirgli un significato soggettivo, a quel punto i due aspetti si sovrappongono. Se l’opera lascia indifferenti, va da sé che non le si potrà riconoscere alcuna valenza da un lato né dall’altro.»
C.V.: « L’astratto non è irrazionale. Anche il film più astratto possibile ha una coscienza etica, una forma che contiene un messaggio implicito. Creare è sempre una forma di comunicazione.»

Quale lezione può dare il cinema astratto al cinema contemporaneo?
C.V.: «A mio avviso la lezione è il fondere, mettere insieme generi diversi che non hanno nulla in comune, e creare una nuova strada estetica, un gusto e una psicologia nuovi nell’approccio alla visione.»
V.D.: «La grande lezione che può dare al cinema di oggi è appunto che bisogna rischiare, non avere paura di sperimentare. Se non si osa, non si saprà mai cosa succederà dopo.»

Leggi l’articolo conclusivo su Abstracta: Tra gli interrogativi irrisolti del cinema sperimentale

Il Festival è in scena:
Casa del Cinema
largo Marcello Mastroianni, 1 – Roma (Villa Borghese)
fino a venerdì 16 settembre, ore 21.00
ingresso libero

Abstracta – Mostra Internazionale di Cinema Astratto
a cura di Claudio Vettraino e Valentina Domenici