Torino Film Festival 2012

Dopo i primi giorni con il botto, e con l’assenza di Ken Loach da digerire, prosegue il programma del Torino Film Festival.

Call Girl è il film in concorso presentato oggi, un’opera prima firmata Mikael Marciman, con cui il regista vuole denunciare la situazione agghiacciante presente nella Svezia degli anni ’70 – e non solo, a giudicare dalla recente trilogia di Millennium di Stieg Larsson – in cui minorenni vengono costrette a prostituirsi e a subire abusi. Un film vibrante, che ha il pregio enorme di riportare all’atmosfera degli anni raccontati e il grande difetto di essere a tratti troppo prolisso nella narrazione, perdendo ritmo e intensità.

Non è certo un brutto film, tutt’altro, si percepisce il desiderio di rivalsa che Marciman nutre nei confronti di una società che non fa sempre abbastanza per difendere le povere ragazze, loro malgrado, protagoniste di queste situazioni.

Per le proiezioni del pomeriggio, il tutto esaurito è stato toccato dall’ultima proiezione di The Liability, opera terza di Craig Viveiros. La trama è molto semplice: Adam (Jack O’Connell) scopre verità scottanti sul suo patrigno, che decide di mandarlo a lavorare come autista per un sicario. Naturalmente non tutto andrà secondo i piani, anche perché i panni del sicario Roy sono vestiti da uno strepitoso Tim Roth, capace come pochi di catalizzare l’attenzione su di sé e di colpire solo con pochissime battute, con quell’espressività facciale che gli ha permesso d’essere riconosciuto come uno dei più grandi attori viventi. A parte Roth, il film nel complesso ha un buon ritmo e delle scene d’azione notevoli, anche se la trama, visto il finale, risulterà abbastanza prevedibile, con molte situazioni facilmente preventivabili sin dall’inizio.

La vera notizia lieta della giornata arriva dalla sezione Festa Mobile, e si tratta di Blancanieves, opera terza di Pablo Berger. Dopo Mirror Mirror di Tarsem Singh e Biancaneve e il cacciatore di Rupert Sanders, questo è il terzo film tratto dalla favola dei fratelli Grimm, resa celebre dal primo lungometraggio animato Disney. E cosa si può aggiungere dopo due pellicole nello stesso anno? Di tutto. Berger compie la stessa operazione fatta per il capolavoro The Artist, ossia gira il film in bianco e nero e in stile muto, con tanti rimandi alla storia del cinema per aiutare il pubblico più giovane a non dimenticare. E se non fosse sufficiente questa poesia per gli occhi – con tanti movimenti di macchina, un ritmo incalzante e raccordi notevoli – basti pensare che la trama è un riadattamento ambientato nel 1929, che vede Biancaneve come figlia di un famoso torero di Siviglia, e i sette nani non sono altro che toreadores. Un ritorno al passato per un cinema che ora non c’è più ma che, grazie a quest’opera, dimostra di poter esistere ancora.