Attesa deludente per il pubblico italiano, e internazionale, per l’uscita del film “Australia” (USA/Australia, 2008, 165’), girato dalla mente esuberante dell’australiano Baz Luhrmann, che vede come protagonista principale l’eterea attrice Nicole Kidman nelle vesti di Lady Sarah Ashley, un’aristocratica inglese arrivata nella meravigliosa terra dell’Australia alla fine degli anni ’30.

Un kolossal costato quasi 150 milioni di dollari, prodotto dalla Fox di Rupert Murdoch (australiano) e distribuito dalla 20th Century Fox, ma che, purtroppo, non è riuscito a raggiungere i notevoli incassi previsti né in America (uscito a dicembre scorso) né in Italia, dove è presente nelle migliori sale cinematografiche dal 16 gennaio.

Dopo il successo dell’incantevole “Moulin Rouge!”, girato sette anni fa, il regista Baz Luhrmann ha voluto raccontarci le meraviglie naturali e le controversie della sua straordinaria e sconfinata terra, attraverso una lunghissima e appassionante storia d’amore, contornata da drammatici eventi bellici (Seconda Guerra Mondiale) che hanno segnato duramente la Storia della società, così come la sopraffazione dell’uomo bianco lo ha fatto alle donne aborigene australiane del tempo.

Infatti, i figli nati dall’angheria subita furono strappati alle loro madri, peggiorando la situazione, per essere rinchiusi in istituti religiosi dove avveniva l’annientamento totale della loro cultura originaria.
Ed è proprio di Nullah (interpretato da Brandon Walters), un ragazzino di undici anni che scappa per non essere rinchiuso, la voce fuori campo che narra lo svolgimento dei fatti che travolgono Lady Sarah, la quale si reca in Australia per mettere in vendita Faraway Downs, un ranch di cui è proprietario suo marito (deceduto), ma a voler impedire le sue intenzioni è King Carney, il più grande allevatore di bestiame della zona.

Ma, quando si ritrova a dover spostare una mandria di 1500 capi di bestiame fino alla città di Darwin, Lady Sarah chiede aiuto a un mandriano locale, Drover (interpretato da Hugh Jackman), inconsapevoli che dopo tanti contrasti e problemi, si sarebbero innamorati l’uno dell’altra, affrontando non solo il giudizio dell’aristocrazia inglese, ma le tante vicissitudini del viaggio attraverso terre impraticabili e desertiche, oltre alle incursioni belliche da parte del Giappone su Darwin (19 febbraio del 1942).

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Ovviamente, a conclusione della grande opera (documentaria), un bellissimo happy ending come è previsto per qualsiasi altra storia d’amore troppo sdolcinata e svenevole.

Baz Luhrmann ha voluto recuperare un genere filmico non più tanto in voga, quello “epico”, confezionando un film che si ispira molto a “Via col vento”, “La regina d’Africa” e “La mia Africa”, ma, nel frattempo, ha concentrato più elementi in una sola storia (l’amore, l’umorismo, la guerra, le tradizioni, la denuncia sociale), tralasciando quelli più significativi e interessanti.

Il tutto condito dall’esagerata esibizione delle bellezze naturali dei posti, dovuta al grande affetto per la sua terra d’origine (il film è stato girato a Kununurra, regione est di Kimberley) e al suo particolare gusto per le immagini, ritoccate digitalmente proprio per dare l’idea di un’atmosfera surreale da sogno (e da vacanze!).