Il tempo ritrovato

Presentato a Mittelfest 2011 il libro di Roberto Canziani che racconta l’avventura lunga vent’anni del Festival di Cividale del Friuli: un viaggio ripercorso con gli occhi dello spettatore, attraverso l’immagine e l’immaginario collettivo.

Vi sono diversi modi per scrivere il catalogo di una mostra, e un libro che tratti di un Festival è in fondo un po’ questo: uno strumento per ripercorrere a posteriori esperienze, sensazioni, momenti clou di una manifestazione – effimera per eccellenza come quella teatrale – che, come l’arte che “rappresenta”, è legata a quella irriproducibile, non replicabile, particolare, esibizione.
L’idea di fondo di Roberto Canziani, autore e ideatore del libro – coadiuvato da Nadia Cijan – è stata quella di restituire non tanto un tourbillon di termini critici per descrivere spettacoli che molti tra i lettori non hanno visto né potranno mai vedere, quanto suggerire – attraverso le immagini – quello che fu e che è oggi l’immaginario collettivo che si ispira e nel quale si riflette il Mittelfest di Cividale del Friuli.
Dopo una serie di interessanti commenti introduttivi – sagacemente anche in inglese – ecco la foto in bianco e nero e leggermente sgranata con una didascalia, per converso, lampante: “Un cortile segnala il tempo della narrazione” e in quell’immagine è facile per il lettore lasciarsi intrigare dal gioco del teatro della mente – come sarebbe piaciuto a Stéphane Mallarmé: ognuno di noi può inventarsi un prima e un dopo per quello scatto perso e ritrovato, mentre l’immaginazione vaga rappresentando una performance ormai priva della presenza reale e tangibile di attori, scenografie e costumi, e in ciò veramente libera e, ancora una volta, unica e irripetibile.
Il tempo è del resto il filo conduttore di queste pagine, quello festivo – ad esempio – del teatro di strada, della partecipazione giocosa dei bambini, del gusto del cibo – perché se il Narratore, sbocconcellando una Madeleine, riassaporava le sensazioni dell’infanzia e, da quella prima epifania decadente, si lasciava trasportare fino al profumo delle fanciulle in fiore e a toccare nuovamente con mano la grana grossa della pelle di Albertine, è altrettanto facile per il lettore di oggi lasciarsi avvolgere dal bouquet di un Refosco dal peduncolo rosso o di un Ronco del Merlo.
Pagine che si sfogliano come un album di famiglia per il piacere di riscoprire la storia stessa delle immagini: dal bianco e nero della pellicola – capace di rendere ombre e luci con una morbidezza e una scala di grigi inarrivabili – al primo colore di Balkánika, del 1994, dove è proprio l’allestimento fotografato a pretendere quel colore; dal ritratto disarmante di Marco Paolini in Il racconto del Vajont – che nell’asciuttezza di quel silenzio trasmette l’orrore indicibile – a quella bottiglia illuminata – cinematograficamente espressionista nella sua centralità astratta – di Kieslowski. Decalogo I (del 1998). L’attimo fuggente di Iva Bittovà – ripresa nell’istante in cui apre la bocca per emettere quella nota che si accompagnerà al suono del violino – e che restituisce in pieno l’atmosfera di Tra i bivacchi Rom della Moravia; e il colore che diventa protagonista assoluto nel rosso diabolico e trionfante di Citadel/Cittadella.
A questo punto, però, siamo già nel nuovo millennio e la storia del Mittelfest si intreccia sempre più con quella di un’immagine che si fa veloce – come la società che ci circonda – “democratica”, nel superamento della pellicola, ma anche più improvvisata, meno professionale – quante ore di sonno gettate al vento da registi e fotografi che rincorrevano l’inquadratura perfetta perché non era economicamente sostenibile l’errore – e non è un caso che l’immagine altera e bella spicchi maggiormente proprio nelle ultime pagine: la composizione perfetta di Per la dolce memoria di quel giorno o Variazioni sul cielo, il ritorno al bianco e nero d’autore per il ritratto di Suor Marie Keyrouz o La Teaoria delle stringhe, la nitidezza del movimento istantaneo catturata da Onehundred Minutes o Medea’s Scream, la poesia coloristica di Dare al buio (La fine) o The Best of Image. Emozioni che si rincorrono, volti noti e sconosciuti che sembrano raccontarsi: Mikhail Baryshnikov, forza-grazia del danzatore anche quando solleva semplicemente un tavolo con la mano, la sofferenza fatta carne di X(ICS) Racconti Crudeli della Giovinezza.
Immagini dall’immaginario per l’immaginifico: un’idea per chi vuole avvicinarsi al Mittelfest, chi desidera ripercorrerlo, chi scoprirlo, sempre e comunque per non dimenticare quell’esperienza magica che è il teatro, opera di guitti, istrioni e pazzi perché, come diceva Eduardo – parafrasando William Shakespeare: “Nuje simmo fatte cu la stoffa de li/suonne, e chesta vita piccerella nostra/da suonno è circondata, suonno eterno”.

Mittelfest 20 anni
Teatro, musica, danza e altro, a Cividale del Friuli
ideazione e testi Roberto Canziani
con Nadia Cijan
contributi introduttivi Renzo Tondo, Elio De Anna e Antonio Devetag
Regione Friuli Venezia Giulia, 2011
copertina rigida
pagine 132