Lo scrittore e filosofo Stefano Scrima mette in comunicazione due mondi apparentemente lontani tra loro: la musica rock e la filosofia, dimostrando quanto filosofico possa essere il rock, e quanto rock possa essere la filosofia.

CopertinaCosa sarebbe stato il mondo senza la musica rock non fosse mai esistita? Sarebbe possibile anche solo pensare la cultura contemporanea senza l’esistenza della musica rock?
O meglio ancora: come sarebbe stata la maggior parte delle nostre vite senza aver ascoltato determinati dischi e canzoni, senza aver assistito a certi concerti e senza aver imbracciato una chitarra o impugnato un microfono o un paio di bacchette? Il rock non è solo una moda culturale, un vezzo da giovinastri e da adolescenti ribelli: questo è il punto di partenza del libro di Stefano Scrima intitolato L’arte di sfasciare le chitarre. Rock e filosofia, edito da Arcana.

Titolo che riesce a trasmettere la stessa energia e la stessa irruenza del contenuto dell’agile volume: un concentrato di un centinaio di pagine, arricchite da bellissime illustrazioni dello stesso autore. Scrima, filosofo e scrittore prolifico, dedica a due delle sue principali passioni il libro in questione e, musicista oltre che appassionato di musica rock, riesce a mettere in relazione l’universo della speculazione filosofica e la storia del genere più controverso, ribellistico e seguito della popular music.

Friedrich Nietzsche, che per ovvie ragioni temporali non poteva conoscere il rock, avrebbe probabilmente rintracciato proprio nel rock, al pari della tragedia attica, il giusto equilibrio di dimensione apollinea e dimensione dionisiaca. Il rock perciò è da subito filosofia, dal momento che esprime attraverso le sue proprie modalità espressive un modo di concepire la vita e il mondo: dall’indole ribellistica e diabolica ereditata dal blues all’ispirazione sentimentale capace di farci scoprire e vivere l’amore o di farci annegare nella disperazione. Per queste ragioni probabilmente il rock, genere che nasce da subito inscritto all’interno di quella che Adorno e Horkheimer definivano “industria culturale”, in realtà potrebbe riscattarsi in maniera paradossale esprimendosi come “modo di vivere” più che come genere: “Il rock è un movimento di libertà portatore di libertà d’espressione in tutti i modi in cui è possibile esprimersi. Ecco perché non può esistere il rock come genere, ma solo come movimento culturale in continuo divenire”.

Chi ama il rock e non conosce la filosofia, così come chi conosce la filosofia ma non conosce la musica rock, potrà trovare nel libro di Scrima un testo accattivante ed efficace, per il suo linguaggio alla portata di tutti, grazie anche ai rimandi all’esperienza personale e agli aneddoti: affiancamenti sicuramente arditi ma per questo assai stimolanti sono quelli di Eraclito e Hendrix, Paltone e i Doors, Diogene e Iggy Pop, Schopenhauer e i Nirvana, Nietzsche e i Queen.

Esattamente come la filosofia, il rock è rottura, disobbedienza, ribellione: sfasciare chitarre è infatti simbolo di sovversione, la stessa sovversione che il pensiero pretende da sempre dai filosofi quando realmente libero.