Dario Argento al Torino Film Festival

Il primo incontro per la sezione Figli e amanti, che porta in scena alcuni importanti registi italiani con una delle pellicole fondamentali per la nascita della loro ispirazione e per la loro formazione culturale, è quello con Dario Argento.

La scelta imprevista del regista romano ricade su Kinoglaz, primo (e unico realizzato) dei cinegiornali con cui Dziga Vertov si proponeva negli anni Venti di descrivere il mondo nuovo sorto dalla Rivoluzione d’Ottobre.

Film muto, quindi 78 lunghissimi minuti di silenzio in sala in cui sullo schermo si alternano immagini da spavento di tubercolari, morti e cocainomani e scene di “vita quotidiana” nella Russia del ’24 che vorrebbero essere di propaganda.

Al di là dei temi trattati quel che interessa è la potenza del cineocchio: mezzo perfetto capace di riavvolgere il tempo, di ricreare un toro da una bistecca, un campo di grano dal pane già cotto.

Sinceramente, e senza tanti giri di parole, Kinoglaz è un “film” inguardabile in una sala da più di 200 posti, con un silenzio assordante interrotto da più di una persona russante, a ragione per una volta.

Sicuramente la pellicola russa permette ad Argento nel post-visione una discussione interessante che, nel caso di una scelta più scontata, non avrebbe potuto sostenere, oltre a donargli un aura da intellettuale che, una decisione come questa, non può che suggerire.

Il confronto quindi, senza dubbio la parte più importante per quanto riguarda questa sezione, si concentra sulla cinefilia con le domande di Emanuela Martini e Stefano Della Casa.

Argento motiva la sua scelta per il carattere sperimentale e innovativo della pellicola di Dziga Vertov: le inquadrature geniali sotto il treno che passa o quelle volanti, la pellicola che gira al contrario per mostrarci la forza del cineocchio, le immagini crude e necessarie.

Dopo di che Dario si concentra sulle altre influenze: Fritz Lang, il cinema bianco e nero americano degli anni ’40-’50 con registi come Tourneur, Val Lewton e pellicole quali La settima vittima, Il bacio della pantera, Il gatto nero, le produzioni della Hammer Film ma anche Bergman, Fellini e l’esame degli spazi e le visioni architettoniche di Antonioni. Citazione a parte per L’eclisse di quest’ultimo, ispirazione per le atmosfere di Tenebre.

Si passa quindi alla cinefilia “subita” in cui argento nota gli omaggi di Tarantino in Grindhhouse del suo L’uccello dalle piume di cristallo e le inquadrature rubate da De Palma e da molti altri di cui preferisce non fare il nome.

Del panorama odierno Argento sembra restio a parlare salvo poi criticare aspramente la moda dei remake americani, non rilevanti nemmeno a carattere commerciale, il cinema horror italiano ormai defunto (“In Europa il cinema di genere sopravvive solo in Spagna, Francia e Inghilterra), e il cinema italiano in generale, prodotto solo ed esclusivamente per far soldi.

In ultimo Argento ricorda con affetto l’amico ormai scomparso, Mario Bava, il duro e teso Fulci e denuncia la difficoltà nella comunicazione tra registi in Italia, cosa che in America non avviene essendo, ad esempio, il progetto Masters Of Horror nato da una cena tra persone che lavorano nel cinema.

Le domande del pubblico infine si concentrano sulla magia, definita dal regista una passione forte che ha raccontato profondamente nella Trilogia delle Madri, su eventuali progetti non horror di cui Argento non sente la necessità e sui suoi ultimi due progetti: la tribolata produzione di Giallo (la colpa, come già affermato in precedenza, è della mancanza di soldi della casa di produzione) e il futuro Dracula 3D che, dopo alcuni tentennamenti, sembra deciso a dirigere. “Mi piace l’idea di essere il primo in Italia ad utilizzare questa nuova tecnologia, un esploratore”.

A 70 anni Argento sembra pronto ad una nuova sfida, sarà la volta buona dopo gli ultimi disastrosi fallimenti?

Titolo italiano: Cineocchio
Regista: Dziga Vertov
Genere: Documentario, Horror
Durata: 60′
Paese: URSS
Sceneggiatura: Dziga Vertov
Montaggio: Yelizaveta Svilova
Fotografia: Mikhail Kaufman