Si è appena concluso un grande, davvero grande evento a Schio. Sessanta artisti in possesso o impossessati dal territorio urbano scledense per tre giorni del festival Krap Invaders e per la settimana successiva, presentando le proprie opere, performances e improvvisazioni.

Invasioni e terapie

Un vero e proprio Art Contest ideato da Type Creative People a cura di A.Z.P. in occasione dell’evento Krap Invaders Schio.

Avendo avuto la possibilità di partecipare all’evento ho colto l’occasione per fare qualche domandina all’organizzatrice del tutto, Anna Zerbaro Pezzin.

Sono arrivata a Schio per allestire gli spazi per la mia opera e mi è venuta in contro questa donnina, semplice, con la canotta nera e gli occhiali, i capelli legati e tanti fogli in mano.

Poi questa figura ha aperto bocca e mi ha inondata di attenzioni, di battute ed affetto come se da anni mi conoscesse.

Mi è piaciuta! Mi ha sorpresa!

Solitamente i curatori sono omoni indaffarati, sbrigativi sempre di corsa che fingono di avere mille cose da fare dimenticando i loro numerosi assistenti, spesso non conoscono neanche la faccia dell’artista in mostra.

Anna Z.P. no!

Quella che mi era sembrata una piccola donna ha rivelato la sua grandezza, ha aperto la grande coda! Come un pavone, si è ingigantita e mi ha mostrato i suoi lati più belli.

Ecco dunque quello che m ha raccontato nomi cognomi misteri e quant’altro di lei e del suo mestiere, purtroppo spesso tralasciato o intimorito dalla non curanza di un intero sistema (che funziona molto bene in altre parti del globo!).

INTERVISTA AD ANNA ZERBARO PEZZIN

Anna Zerbaro Pezzin: “Sono nata ad Asolo (TV) il 22 maggio del 1977, in prima serata, alle 20:30, io che detesto la tv, che non ho la tv, che non avrò mai la tv. Sono gemelli ascendente scorpione, mi piace dirlo perché amo giocare sulla dualità del caso… anno ’77, 22 maggio, gemelli, un nome palindromo composto da 2 a e 2 n… insomma, un giochino divertente. Fin da bambina il mio bisogno d’arte si ramifica e sperimento tutto. Ma il mio destino è segnato: a 7 anni organizzo la mia prima mostra di pittura e disegni coinvolgendo tutti i bambini del mio quartiere. Alla classica domanda “cosa farai da grande” le mie amiche rispondevano la ballerina, l’infermiera, la dottoressa. Io rispondevo: bah…io organizzerò delle mostre. Cresco in un ambiente stimolante, tra una madre psicoterapeuta e un padre designer. Grazie a loro imparo ad osservare il mondo sotto molteplici aspetti e l’indagine psicologica e stilistica diventano la mia ossessione.

La classica e giusta domanda del dove trai ispirazione? Interesse? Cosa ti piace fare?

AZP: Leggo tutto, ascolto musica ma purtroppo non so suonare nessuno strumento così mi sono sposata un musicista. Coltivo un morboso bisogno di viaggi perché amo assaporare culture diverse.

I tuoi studi ed in che modo si sono uniti al tuo mestiere?

Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze perché, secondo me, per diventare un buon curatore devi vivere in un ambiente fatto di persone che con energia e passione cercano di incanalare la loro creatività attraverso differenti discipline artistiche.

La tua guida?

AZP: A Firenze ho avuto la fortuna di incontrare Barbara Tosi, docente illuminata di storia dell’arte e raffinata curatrice. Lei è sicuramente stata un’ottima maestra per me. Osservando il suo lavoro, sia come docente che come curatrice, ho capito di aver intrapreso la strada giusta nonostante consapevole dell’estrema difficoltà. Ho iniziato a pensare e a voler curare mostre dopo lunghi dialoghi con Barbara che mi presentò Stefania Miscetti, eclettica gallerista di Roma con alle spalle molteplici mostre di notevole spessore. Conosciuta lei mi sono iscritta ad un master di organizzazione e gestione di eventi culturali e proprio mentre studiavo ho incontrato Daverio e il suo staff di giovani curatori-artisti che con entusiasmo mi ha invitata a Milano. Mi sono trovata così catapultata nel mondo delle “favole” e il mio sogno ha iniziato a prendere forma. Dopo un periodo milanese ho deciso di allontanarmi da una città carica di art glam e di concentrarmi sul mio territorio e su cosa avrei potuto fare concretamente anche in cittadine “lontane dal mondo” ma fatte di persone che necessitano offerte culturali stimolanti. Così ho iniziato a collaborare con diversi artisti del territorio e con curiose realtà come ad esempio il festival internazionale di cortometraggi Lago Film Fest, diretto da Viviana Carlet, nato in un paese di 300 abitanti in riva ad un argenteo lago a due passi da Vittorio Veneto.

Dove vorresti arrivare?

AZP: Il mio desiderio è quello di riuscire ad organizzare progetti etici dove lo sforzo intellettuale e creativo di ogni artista possa essere riconosciuto e valorizzato in pieno. Come curatrice amo avere un rapporto intimo con gli artisti che collaborano con me perché per comprendere meglio il contenuto del loro lavoro devo prima osservare ed indagare sulla persona stessa ed instaurare un dialogo più o meno profondo ma soprattutto di reciproca stima e rispetto.

Cosa vorresti dallo stato, la regione, i privati?

AZP: Naturalmente inutile parlare di fondi e tagli alla cultura. Sappiamo tutti cosa sta accadendo e io non sono amante della polemica anche se amo le discussioni intense. Preferisco piuttosto ricercare soluzioni concrete e attuabili. Fortunatamente ho sempre avuto a che fare con comuni molto aperti e desiderosi di poter realizzare progetti culturali innovativi, che possano avvicinare le persone all’arte, alla storia, alla cultura, al cinema, alla musica e perciò pronti ad investire energia e denaro… certo… non stiamo parlando di valanghe d’oro ma di fondi raccolti anche con fatica, rivolgendosi ai privati stessi che credono nel progetto e che sentono la necessità di investire…sì sì è vero Rupi..non si fa nulla per nulla e “il museo di impresa” è un fenomeno tutto italiano, uno scambio tra lavoro dell’artista che arricchisce l’impresa di comunicati che spesso non ha e l’artista di risorse per svilupparsi….

Mi piacerebbe, ma conosco il grado altissimo del mio sogno utopico, che l’Italia e le Regioni prendessero l’esempio di un paese illuminato quale l’Inghilterra dove l’artista e il curatore possono essere finanziati con fondi che vengono dallo stato e dalla lotteria nazionale, e che sponsorizza e promuove singoli progetti, organizzazioni ed eventi artistici.

Ad esempio se un artista o un curatore necessita di fondi per realizzare un’opera, una mostra o un evento può compilare una domanda e chiedere un sostegno economico. Mi sembra evidente una forte volontà di aiutare chi lavora in questo senso. Sempre in Inghilterra, Oltre all’Art Council, ci sono molte fondazioni e organizzazioni private che offrono numerose opportunità.

Comunque è l’iniziativa personale e il coraggio di artisti e curatori emergenti, che molto spesso arrivano da un’esperienza internazionale, la matrice che può far nascere nuovi spazi, mostre, riviste, blog ed eventi che vanno a colmare in parte l’indifferenza di chi invece potrebbe sfruttare tutto ciò soprattutto in un momento come questo, che necessita di creatività, innovazione e dialogo. Questa è l’unica manina, come dici tu, che sento di volere, da parte mia e da chi decide di lavorare con me.

Cosa manca in Italia per i giovani, secondo le parole di chi conosci?

AZP: La cultura sta vivendo un momento molto complicato sia dal punto di vista politico che sociale. L’arte contemporanea non è ancora considerata uno strumento culturale soprattutto perché è stata rinchiusa per troppo tempo all’interno di una gabbia dorata dove la logica di mercato non prevede l’apertura verso scommesse con un ritorno economico dall’enorme punto interrogativo. Ciò che manca in Italia è la partecipazione, la curiosità, la necessità di conoscere linguaggi nuovi. L’arte contemporanea è fondamentale poiché può dar voce e rendere più consapevole la popolazione oltre ad avere una componente imprescindibile nell’attivazione di processi di rigenerazione delle città. Ciò che manca, secondo me, è il livello di partecipazione politica, pragmatica e socialmente impegnata. I giovani artisti italiani che ho conosciuto durante il mio percorso hanno la tendenza a pensare che per fare arte è necessario spostarsi in una grande città come ad esempio Milano. Oggi io sono convinta del contrario. Lontani dall’art glam, si raggiunge un grado di concentrazione maggiore e la sfida è molto più interessante. Sono le persone che fanno il luogo e che possono dare vita a dei meccanismi capaci di contribuire alla creazione di dialoghi e nuove esperienze non le grandi città.

Cosa ti manca?

AZP: Personalmente vorrei che ci fosse un cambio di tendenza circa la visione della figura del curatore e dell’artista. In paesi come l’Inghilterra ad esempio artisti e curatori sono considerati dei professionisti come tutti gli altri con peculiari caratteristiche capaci di costituire un valore che può e deve essere utilizzato. Perché non qui?

Come contatti, come trovi gli “artisti” che inviti?

AZP: Gli artisti che contatto sono in genere persone che ho conosciuto magari a qualche mostra o evento e che a loro volta mi parlano con estremo entusiasmo del lavoro di altri amici insomma una sorta collaborazione creativa tra artisti emergenti e curatore. Oggi più che mai la figura del curatore e dell’artista solitario non esiste più, non ha più senso in una società dove la comunicazione intesa come scambio profondo, sia l’unica soluzione per superare la barriera dell’isolamento e l’alienazione degli individui.

E questa cosa mi emoziona sempre perché mi fa capire come la creatività abbia ancora il potere di far nascere delle sinergie incredibili.

Hai un desiderio in particolare qualcosa da realizzare in futuro?

AZP: Il mio desiderio è quello di poter lavorare confrontandomi con altri artisti e proporre a chi con il mondo dell’arte non ha nulla a che fare situazioni ed eventi partecipativi capaci di aprire un dialogo sia sociale che estremamente personale. Mi piace pensare di poter realizzare dei progetti in cui l’artista possa mescolarsi nella società ed essere una sorta di guida capace di risvegliare nelle persone quella criticità assopita che serve a mantenere la coscienza di noi stessi, persone, artisti, curatori, come individui creatori ed originali. Confrontarsi apertamente costituisce un’opportunità per confutare le nostre idee e portarne delle nuove”.

Grazie Anna Zerbaro Pezzin, ecco cosa c’è dietro una manifestazione, le persone che la aiutano a crescere signori, non i soldi di qualcuno o la politica, l’impegno e la consapevolezza di non poter avere di più dallo stato che si pavoneggia di aiutare la cultura!