La morte corre sulla linea telefonica

Confuso, prolisso e privo di tensione, Cell infastidisce più per supponenza e superficialità che per l’inverosimiglianza degli eventi che racconta. I suoi zombie del nuovo millennio non fanno paura né generano inquietudine, ma solo noia e ilarità involontaria.

Clay Riddell, disegnatore di graphic novels e strisce a fumetti, torna a Boston con l’intenzione di riallacciare i rapporti con la ex moglie e il figlio di dieci, abbandonati un anno prima in preda all’ennesima crisi esistenziale.
A causa di un inspiegabile e improvviso fenomeno elettromagnetico, chiunque si ritrovi a utilizzare un apparecchio di telefonia mobile subisce una parziale riprogrammazione del cervello che causa loro un mutamento comportamentale e biologico, trasformandoli in letali predatori di esseri umani ancora non trasformati.
Clay, scampato alla contaminazione e unitosi ad altri sopravvissuti, intraprende un viaggio alla ricerca della propria famiglia.

Produttori cinematografici ed emittenti televisive saccheggiano da sempre l’immensa produzione letteraria di Stephen King. Alcuni con una visionarietà che si è affrancata persino dall’ombra lunga dell’originale (il kubrikiano The Shining o il Cronemberghiano La Zona morta) o dal rigore visivo molto apprezzato dall’autore (il Carrie di Brian the Palma), altri limitandosi a parafrasarne in contenuti o svilupparne in autonomia l’idea di  base (come la serie TV The Dome) o dando vita ad adattamenti di qualità dozzinale (nella cui categoria ricade appunto Cell, trasposizione sul grande schermo di un romanzo già di per sé considerabile un King minore).
Il motore scatenante della vicenda, pur godendo si un sinistro fascino dettato dall’ipotetica alienazione dell’uomo moderno assoggettato a un sempre più ossessivo utilizzo dei cellulari, non viene declinata in chiave sociale né affrontata col giusto livello di rigore scientifico, rivelandosi pretesto dalla facile presa sul pubblico assuefatto all’horror usa e getta figlio di jumpscares comandati e idee confuse.
I personaggi, banali e guidati da conflitti e aspirazioni poco coinvolgenti, si appiattiscono su una sceneggiatura dall’inutile verbosità e dal ritmo compassato, ammorbando lo spettatore con interminabili dialoghi dall’intento chiarificatore piuttosto che mostrare le cause e le conseguenze di questa bizzarra epidemia tecnologica  l’evoluzione quest’ennesima variante del primo caracollante non morto di romeriana memoria.
A fronte di una narrazione sempre più disorganica nella quale convergono paranormale, sogni premonitori, dei ex machina e agguati mortali alla sospensione di incredulità, Cell fallisce financo l’obiettivo primario di ogni film di genere: suscitare un senso di incombente inquietudine e annegare le speranze dei protagonisti in fiumi di sangue e raccapriccio.
L’artificiosa patina da film di serie B e la totale assenza di autoironia suscitano ilarità involontaria e suggellano un film noioso e (neanche troppo) pretenzioso che nasconde dietro i nomi di Stephen King, John Cusack e Samuel L. Jackson, l’inesorabile vuoto cinematografico.

Titolo originale: Cell
Nazionalità: Stati Uniti
Anno: 2016
Genere: Horror, Thriller
Durata: 98’
Regia
: Todd Williams
Cast: John Cusack, Samuel L. Jackson, Isabelle Fuhrman, Stacy Keach
Sceneggiatura: Stephen King, Adam Alleca
Produzione: Richard Saperstein, Michael Banaroya, Brian Witten, Shara Kay, Benaroya Pictures, International Film Trust, 120db films
Distribuzione: Notorius Pictures
Fotografia: Michael Simmonds
Musiche:
Marcelo Zavros
Montaggio:
Jacob Craycroft

Nelle sale italiane dal 13 Luglio 2016