Luci e ombre

Il Festival scorre veloce e, dopo il dibattuto The Master di Paul Thomas Anderson, ad agitare la critica ci pensa Terrence Malick con To The Wonder.

Malick nuovamente dietro la macchina da presa. Dopo aver centellinato le sue uscite permettendosi di creare capolavori come La sottile linea rossa, presenta a Venezia To The Wonder – a un anno dalla vittoria a Cannes con The Tree of Life. Cavalcare la tigre del successo a questo ritmo è difficile e, dopo le reazioni contrastanti suscitate dall’ultima opera, c’era da aspettarsi quanto successo al Lido: una parte di pubblico si è alzata a metà proiezione, un’altra ha fischiato, l’ultima ha gridato al capolavoro.
Nel pomeriggio, Gabriele Muccino chiacchiera con i critici delle riviste online, spiegando il suo punto di vista sui Social Network («fondamentali per farsi conoscere»), su Youtube («ottimo strumento di promozione») e, in generale, sul cinema. Muccino si dice: «contrario all’idea obsoleta, che esiste in Italia, di distinguere tra film commerciale e di nicchia, considerando parolaccia la parola commerciale. Se un film non vende, se non viene visto, ha fallito, non c’è molto da aggiungere». Inoltre – il regista adottato dagli States – sottolinea come: «in Italia, dopo Sergio Leone, nessuno riesca più a congiungere intrattenimento e arte: questo è un peccato». Duro il colpo inferto al doppiaggio: «Io cerco di creare una sfumatura di tono nelle interpretazioni dei miei attori, vederli doppiati equivale a mettermi una pistola in bocca: lo trovo agghiacciante. Ma vedo che in Italia la situazione non dà segni di miglioramento». E sulla critica, in generale: «Non mi sono mai sentito troppo capito, preferisco ascoltare il parere del pubblico».
Per la sezione Orizzonti, è la volta di Leones, film spagnolo di Jasmin López: deludente al punto da scatenare fischi a metà proiezione, ai quali si aggiungono commenti poco ragguardevoli verso il finale. Si tratta di 90 minuti girati in stile videoclip, come un pedinamento, un ossessivo piano-sequenza di alcuni ragazzi in cerca di una casa nel bosco, con un finale che vorrebbe essere rivoluzionario, ma che dimostra semplicemente la pretenziosità e l’arroganza di un progetto mediocre. Senza ritmo né passione.
In concorso anche il nuovo film di Takeshi Kitano, Outrage Beyond – un sequel che divide la critica.
Di sicuro, dopo sei giorni di Festival, non si è ancora visto un film che abbia davvero commosso, stupito o appassionato al punto da scatenare applausi scroscianti e unanimi.
Si aspetta ancora De Palma, tra i grandi, augurandosi che la sorpresa piacevole sia dietro l’angolo.
Tra i prossimi in sala: Pieta del genio coreano Kim-Ki Duk (autore di capolavori quali Ferro 3 – La casa vuota, già vincitore del Leone d’Argento), e Après Mai, di Olivier Assayas (ex critico dei celeberrimi Cahiers du Cinéma), che cercheranno di far passare in secondo piano The Master – per ora favorito per il Leone d’Oro.

dal nostro inviato, Lorenzo Bianchi