La mia generazione è una questione di linguaggio

A Orizzonti di Venezia arriva Una sterminata domenica, opera prima di Alain Parroni che muovendosi in un terreno tematicamente esautorato sa trovare sorprendenti soluzioni registiche.

Una sterminata domenica segna un misterioso connubio per cui un’opera prima decisamente calata in quel contesto tematico di periferia romana/adolescenti allo sbaraglio, che sembra una tappa obbligata per ogni giovane regista italiano, viene al tempo stesso bilanciata e immortalata da una sperimentazione registica radicale. L’opera prima di Alain Parroni, che vanta nella sua squadra produttiva due nomi non da poco nel cinema europeo come Wim Wenders e Domenico Procacci, mettendo da parte soprattutto nella prima metà eccessive apprensioni sulla costruzione di una trama classica, procede con un linguaggio a metà strada tra il look arthouse, che imita la pellicola, e la grammatica dei videoclip che ormai molto più del cinema classico si stanno ritagliando il loro posto nell’immaginario contemporaneo.

Il film di Parroni segue le traiettorie sempre più confuse di tre giovani romani, due ragazzi e una ragazza, colti sul finire dell’adolescenza: abbastanza presto nel film, la ragazza si scopre incinta e lo comunica con gioia al fidanzato, ma a poco a poco si lascia attrarre dall’altro ragazzo, amico storico dei due. Molto più con le azioni che con le parole Una sterminata domenica caratterizza le psicologie dei tre ragazzi in maniera icastica ma convincente. Un perenne movimento, non tanto ossessivo quanto espiatorio, segna i loro continui spostamenti dalla periferia al centro di Roma, in macchina, in moto, in auto, in bici, sul finale anche in elicottero. Il bisogno frustrante di lasciare un segno, qualcosa che rimanga di sé nel mondo, è il contraltare di questo perpetuo movimento ed è esemplificato splendidamente dalla mania che uno dei tre ragazzi ha di scrivere il suo nome sullo spray in ogni angolo di Roma. Un richiamo al trascendente, a San Pietro, alla musica sacra, puntella alcuni dei momenti chiave del film che ritrova una simbologia apparentemente dimenticata dal nostro cinema. Anche grazie alla fotografia del giovane Andrea Benjamin Manenti e a un uso a tratti spericolato delle lenti, Una sterminata domenica è costellato da immagini indimenticabili, di nuvole, di tramonti, di albe: la più suggestiva è forse quella di un papavero che viene cosparso di spray nero da uno dei protagonisti, immagine che in nuce racchiude tutto il senso profondo del film.

Così come Simone Bozzelli, il cui Patagonia è stato recentemente presentato al Festival di Locarno, prima di girare Una sterminata domenica, Alain Parroni ha collaborato con i fratelli D’Innocenzo, ricoprendo vari ruoli nella troupe sia di Favolacce sia di America Latina. Al di là di alcune innegabili affinità di sguardo, non si può dire che Una sterminata domenica si muova sul solco dei precedenti lavori dei D’Innocenzo, ma pure è significativo rilevare come il loro crescente exploit nel mondo dei festival e del cinema arthouse internazionale stia portando a sorgere una nuova generazione di registi più vicini agli stilemi del cinema europeo che del cinema italiano contemporaneo (un certo “codice MUBI”, se vogliamo), provenienti da contesti spesso decentrati e interessati più alla componente visiva che a quella dialogica del linguaggio filmico. Che «la mia generazione è una questione di linguaggio» lo scrive del resto lo stesso Alain Parroni nelle sue note di regia. E il linguaggio da lui adottato nel suo primo film ha il pregio raro di saper andare ben al di là della lingua: la pulsionalità libera rappresentata dal film, il suo appellarsi a certe potenze primarie – l’euforia dell’adolescenza intermezzata da riflessioni sulla morte, la polarità delle emozioni basilari provate dai protagonisti soprattutto nel finale – portano Una sterminata domenica vicino a un confine che il cinema italiano ancora non aveva saputo scorgere.

Titolo: Una sterminata domenica
Regista: Alain Parroni
Sceneggiatura: Alain Parroni, Giulio Pennacchi, Beatrice Puccilli
Attori principali: Enrico Bassetti, Zackari Delmas, Federica Valentini, Lars Rudolph
Scenografia: Marta Morandini
Fotografia: Andrea Benjamin Manenti
Montaggio: Riccardo Giannetti
Costumi: Sara Cavagnini
Produzione: Fandango (Domenico Procacci, Laura Paolucci), Alcor (Giorgio Gucci), Art me pictures (Fabrizio Moretti), Road Movies (Wim Wenders) con Rai Cinema
Durata: 110′
Genere: drammatico
Uscita: 14 settembre 2023