The Day After. Così si chiamava il film diretto nel 1983 da Nicholas Meyer per ABC. Cosa c’entra un catastrofico post Guerra Fredda con il Festival del documentario?

C’entra perché in quel “giorno dopo”- dopo la bomba, si intende- tra la desolazione delle macerie e la disperazione dei sopravvissuti, Meyer collocava sapientemente una radio, un anonimo apparecchio attorno al quale si stringeva la comunità, per ricevere conforto e notizie e che, invece, sputava impietosamente la voce lontana e affettata di un Presidente corrotto, tutto volto a magnificare la potenza e la vittoria dell’America minimizzando i danni e ridicolizzandone l’impatto.

Certo era una critica feroce e disincantata all’ipocrisia e alla follia dei vertici dell’epoca ma, quantomeno, era un film di finzione.

Non è così per Ja Tarramutu, il bellissimo documentario di Paolo Pisanelli realizzato nei quindici lunghi mesi successivi al disastro de L’Aquila. All’indomani della tragica notte del 6 aprile 2009, il regista raccoglie la situazione reale di una città colpita al cuore e dei suoi abitanti sradicati.

I rapidi carrelli che scorrono veloci lungo file interminabili di cancelli e recinzioni, divieti e nastri rossi, alla ricerca di un varco verso un centro decretato off limits, si alternano ai piani statici e in profondità sulla vita nelle tendopoli, precaria eppure immobile, greve di lutto e di attonito disagio.

Nella desolazione della perdita, mai scevra di una fiera determinazione a rialzarsi in piedi e ricominciare, Pisanelli raccoglie le voci di chi il terremoto l’ha vissuto davvero e deve fare i conti con tutto ciò che esso gli ha sottratto: i cari, la casa, una vita normale che usiamo chiamare quotidianità e che, improvvisamente, sembra tanto straordinaria.

Il silenzio sgomento, l’esistenza sospesa e, al contempo, l’imposizione repentina di un re-inizio fanno da contrappunto atroce e dissonante alla cacofonia ciarliera dei media, dei loro servizi immancabilmente parziali, reiterativi, fuori luogo. Tra questi, più di tutti, spiccano le interviste-vetrina al Presidente Silvio Berlusconi, sornionamente intento, col suo visus collaudato, a evocare imbarazzanti paragoni con avventurosi “week end in campeggio”.

Già, i week end. Ma passano i mesi e L’Aquila è distrutta, mentre, lungo i margini sigillati della città medievale, si innalza un’inquietante fila di casermoni rosa shocking.

“E’ tutta facciata, quelle non sono case, sono formicai, è come un reality ” commenta indignato uno dei cittadini. E a vedere le ennesime interviste a Silvio che decanta compiaciuto il “design degli interni”- mentre L’Aquila in macerie è ancora inaccessibile- è difficile dargli torto.

E’ così che il terremoto si trasforma di giorno in giorno in una micidiale macchina di propaganda, con le tv che trasmettono di tutto, dalle rose sintetiche delle new city all’eleganza impeccabile di Michelle Obama e, troppo prese da insulsaggini e G8, si dimenticano accuratamente di mostrare gli aquilani. Li nascondono perché adesso, paradossalmente, il nemico sembrano loro. Una realtà scomoda, una spina nel fianco. Al punto che quando, disillusi e esasperati, decidono di rimuovere da soli le macerie a fronte dell’inerzia ostinata del governo, la forze dell’ordine sequestrano loro le carriole.

E’ una storia raccapricciante quella raccontata da Pisanelli, una situazione che crea disgusto e rabbia in un Paese che si pretende civile. Il popolo de L’Aquila non si è mai arreso, molti di loro sono presenti in sala e rinnovano il proprio appello. Il 20 Novembre si terrà “L’Aquila chiama Italia”, una manifestazione per una ricostruzione sicura e corrispondente alle reali esigenze del territorio e dei suoi abitanti- ai quali già si richiedono tasse e mutui senza che ancora abbiano una casa.

La comunità aquilana ringrazia Pisanelli per la testimonianza onesta e veritiera. Lo ringraziamo anche noi perchè la sensazione più forte, nel vedere il suo film, è quella di assistere per la prima volta a ciò che i mezzi di informazione avrebbero seriamente dovuto raccontare e, tuttavia, hanno taciuto e insabbiato.

Perché la superficie, il visibile, il mostrato lo si potrà anche addomesticare, edulcorandolo a piacimento. Ma l’invisibile, il sotterraneo, quello, davvero, presenta sempre il conto.

JU TARRAMUTU
Il terremoto

UN VIAGGIO NEI TERRITORI DELLA CITTÀ PIÙ MISTIFICATA D’ITALIA

Regista: Paolo Pisanelli
Genere: documentario
Fotografia: Paolo Pisanelli
Montaggio: Matteo Gherardini
Collaborazione al montaggio: Piero Li Donni – Fabrizio Federico
Assistente operatore: Pierluigi Pisino
Montaggio del suono: Bruce Morrison
Musiche: Animammersa
Sculture sonore: Antonio De Luca
Testi tratti dallo spettacolo: Lettere da L’Aquila di Animammersa
Voci narranti: Antonella Cocciante – Patrizia Bernardi
Produzione: PMI / OFFICINAVISIONI / BIG SUR
Italia: 2010
Durata: 89′