La famiglia americana degli Wholly (Cristiana Capotondi e Douglas Dean) è in vacanza a Napoli: moglie e marito sono però in tensione e il capriccioso piccolo figlio Jack (Nicolas Connolly) non fa nulla per rendere la vita più semplice ai suoi genitori.

Mandato a letto senza cena per il suo comportamento, il bambino avrà una notte particolare, perché la statuetta di pulcinella – che aveva poco prima rubato da una bancarella – prende vita e lo conduce in un viaggio onirico in una Napoli surreale.

Il progetto The Wholly Family consiste in un cortometraggio scritto e diretto da Terry Gilliam e commissionatogli dal pastificio napoletano Garofalo. Ma l’intreccio di produzione e marketing non è la cosa che più ci interessa. Piuttosto è il prodotto filmico in sé che attira l’attenzione perché, a prescindere dal fatto che si possa essere o meno ammiratori dell’ex Monty Phython, Gilliam rimane uno dei directors più interessanti in circolazione. E sia chiaro, non è tanto questo per le sue indubbie intuizioni visuali stranianti – che conferiscono alle sue opere quel tocco misto di onirico e fiabesco -, quanto perché il regista americano è senz’altro un vero e proprio tecnico del cinema, profondo conoscitore del mezzo. Motivo per cui, sempre a prescindere del gusto personale, è lecito aspettarsi dal suo lavoro un alto profilo qualitativo. Una buona domanda, quindi, per iniziare a capire meglio The Wholly Family potrebbe essere: “è un’opera cinematografica strutturalmente ben fatta, in piena tradizione gilliamiana, o c’è qualcosa che non va?”.

La risposta è ovviamente: sì. Gilliam si conferma un ottimo regista, capace di usare con varietà e intelligenza le varie soluzioni che il dispositivo cinematografico offre e ogni scelta espressiva non è mai soltanto legata a un puro fattore estetico (comunque presente), ma anche strettamente connessa alle necessità espressive della sceneggiatura. Dunque, come base di partenza, The Wholly Family è un cortometraggio di qualità, visivamente ben strutturato.

Il punto debole, neanche tanto nascosto, di quest’opera è la struttura narrativa (anch’essa curata dal regista). Gilliam confeziona, per forza di cose, un cortometraggio monstre, non tanto per la durata, quanto per la sua composizione formale, più legata a una classica struttura da medio e lungometraggio (tripartita con rigore e gestita da una concatenazione di cornici), che a un classico lampo/colpo di scena (soluzione che è un po’ la matrice di riferimento di ogni cortometraggio). Sicuramente, ad aver determinato questa soluzione è in parte un fattore di gusto personale, ma pensiamo che quanto ci sia dentro a The Wholly Family sia forse troppo per il genere d’opera affrontato. Il che non vuol dire che il risultato finale non sia gradevole, quanto affermare che un prodotto che si richiama a un orizzonte di genere formale – al quale poi non coincide in pieno o in massima parte – è un prodotto che potrebbe darsi qualcosa di simile a un’auto-pugnalata.

Senza anticipare nulla in più della trama rispetto a quanto messo in evidenza all’inizio, prologo e (pre-)finale sono sensibilmente posticci e macchinosi. Non mancano di argomenti, né tanto meno sono mal girati (forse faticosamente interpretati, ma è un altro discorso), però sembrano non aver ragione d’esistere in relazione al nocciolo del film, o comunque appaiono come troppo pesanti per l’opera. Al punto che, come dicevamo, Gilliam sembra si trovi costretto (probabilmente consapevole di questo status quo) a presentare una struttura forse anche troppo complicata per un cortometraggio, allargando ulteriormente il numero delle dimensioni narrative in cui il racconto si sviluppa.

Mentre la parte centrale del film è completa, coerente, affascinante e di ottima fattura (e il tocco artistico di Gilliam è dominante), il resto del cortometraggio, soprattutto il prologo, risulta non tanto “sbagliato”, quanto “eccessivo” e finisce per rendere faticosa la fruizione dell’opera tutta, un ibrido di difficile (di)gestione. Peccato, perché Gilliam ha comunque creato un’opera di sicuro valore e, come dicono solitamente i suoi detrattori, ha sì esagerato: ma paradossalmente non ha strafatto dal punto di vista estetico, salvo perdersi un po’ nell’ansia di raccontare cose normali.

Regia: Terry Gilliam
Sceneggiatura: Terry Gilliam
Attori principali: Cristiana Capotondi, Douglas Dean, Nicolas Connolly, Sergio Solli, Renato De Maria, Antonino Iuorio, Nico Cirasola
Fotografia: Nicola Pecorini
Costumi: Gabriella Pescucci e Massimo Cantini Parrini
Musiche: Daniele Sepe
Montaggio: Mick Audsley
Scenografia: Elio Maiello
Prodotto da Pastificio Garofalo