Esistenzialismo alla romana

Dopo Spaghetti Stories e Acqua di Marzo, il cineasta indipendente romano Ciro De Caro torna alla regia con Giulia, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia.

Giulia è la terza regia del quarantenne Ciro De Caro, a suo modo una star del cinema underground romano. Spaghetti Stories e Acqua di marzo avevano tracciato un immaginario personale, con uno stile semplice e toni “in minore che non avevano nulla da invidiare ai linguaggi di produzione più strutturate e ricche. Questa sua terza prova di regia, co-sceneggiata con l’attrice protagonista Rosa Palasciano, si regge invece su un equilibrio più precario fra l’originalità che ha sempre contraddistinto le opere di De Caro e un certo filone un po’ naïve che, senza allontanarsi troppo dal cinema indipendente della scuola romana, può richiamare anche la vagheggiante Estate Romana di un giovane Matteo Garrone.

Girato nell’estate 2020 pochi mesi dopo la fine del primo lockdown, con le conseguenze sociali del Covid che “entrano in scena” mostrandoci i personaggi indecisi se indossare o meno le mascherine in una determinata situazione sin dalle prime scene del film, Giulia si propone con un film-spaccato: uno spaccato cronologico, uno spaccato generazionale, uno spaccato anche biografico, nella misura in cui si affida a una narrazione interamente improntata attorno al title character, questa Giulia abitualmente sospesa tra una specificità narrativa tutta sua e caratteristiche universali e facilmente immedesimabili per gli altri. Giulia è, o almeno tenta di essere, una sorta di piccolo film esistenziale, che mira a trasmettere il senso di vuoto e incertezza che avvolgeva nella città di Roma i primi mesi dopo i primi lockdown. La problematica del Covid resta nondimeno sullo sfondo, più che altro come spunto che aggrava l’incertezza anche professionale della protagonista: i principali problemi della sua quotidianità riguardano però la vita sentimentale e lo stato psicologico, con una particolare enfasi circa il suo desiderio frustrato di maternità.

Non si può certo dire che Giulia manchi il suo intento, che è quello di raccontare uno stato di vuoto e al tempo stesso di far “ingoiare” alla protagonista e agli spettatori un riscatto umano, emotivo, prima ancora che sociale o professionale. Dall’altro lato, se il precedente Acqua di marzo, con la sua struttura chiusa e una povertà di mezzi ancora più smaccata, sapeva raccontare una storia davvero toccante e convincente di fragilità generazionali, carnalità palpitante e riscatto emotivo, questo nuovo Giulia non va molto al di là del suo messaggio, che anzi un po’ si perde in scene necessarie più a delineare uno stato d’animo che a far andare avanti la storia. In ogni caso, considerata anche la sua presenza alle Giornate degli Autori di Venezia e la sua acquisizione da parte di Koch Media, Giulia un ulteriore pregio lo ha: quello di essere la proverbiale punta dell’iceberg, forse quella più visibile in questa annata assieme a I giganti di Bonifacio Angius, del cinema indipendente italiano contemporaneo – una fetta del cinema nostrano che, al netto di “film di prova” del tutto mancati e sterili, sa di tanto in tanto regalare nuove prospettive e, occasionalmente, inaspettate gemme.

Titolo: Giulia
Regista: Ciro De Caro
Sceneggiatura: Ciro De Caro, Rosa Palasciano
Attori principali: Rosa Palasciano, Valerio Di Benedetto, Fabrizio Ciavoni, Cristian Di Sante, Matteo Quinzi
Scenografia: Valentina Di Geronimo
Fotografia: Manuele Mandolesi
Montaggio: Jacopo Reale
Costumi: Chiara Landi
Produzione: FareCinema
Distribuzione: Koch Media
Durata: 109’
Genere: drammatico, sentimentale
Uscita: 17 febbraio 2022