Colpo di stato di Luciano Salce, rappresenta appieno il significato della rassegna organizzata dalla Cineteca Nazionale di Roma sul cinema degli anni di piombo.

Da una parte riportare alla luce un passato che, come spesso si dice “ non passa mai”, dare visibilità – per quanto possibile – a un periodo contorto, intricato, chiaroscurale, impresso nella nostra memoria con immagini, luoghi, suoni, ambienti determinati, ma di difficile elaborazione cosciente (quasi come se fossimo tutti coinvolti in una storia remota e misteriosa) e dall’altra parte, la tendenza del cinema italiano alla parodia, all’indagine grottesca del fatto, al paradosso dell’evento, al tragicomico, nel tentativo di stemperare con l’arma dell’ironia agrodolce un passato quanto mai drammatico.

A partire da I mostri di Dino Risi passando per il Federale dello stesso Salce,oltre a film non propriamente di inchiesta come Totò Diabolicus, il cinema italiano si è inscritto in questa dialettica narrativa caratterizzata dal saper cogliere, sia nel grottesco che nell’indagine sociologica del cinema verité, l’essenza di una stagione. In questo senso Colpo di Stato coniuga i due generi, dialogando su due piani ben distinti: quello dell’ironia spinta al parossismo e al paradosso caricaturale e quello dell’inchiesta, del sociologismo filmico, nel rappresentare realisticamente la fase che alla fine degli anni 60 (il film è girato nel 1968) il paese stava attraversando. Sul crinale affascinante e travolgente, fra realtà e immaginazione, creativa rivisitazione fantastica della storia e fluire concreto della stessa, il film narra della fantasiosa (vera solo nelle menti geniali degli sceneggiatori)e schiacciante vittoria elettorale delle sinistre alle elezioni del 1972, preannunciate da un infallibile computer americano e il disperato tentativo delle forze governative di opporsi – arrivando financo alla progettazione e attuazione di un colpo di stato – alla loro inarrestabile presa del potere.

Gli irresistibili accenti grotteschi nel descrivere l’imbarazzo dei vinti e quello incredulo dei vincitori, la scelta tipica del “gattopardismo” italiano del voler cambiar tutto affinché non cambi nulla, la tragicomica panoramica dell’atmosfera psichica privata degli elettori in attesa dei risultati, l’oscuramento del successo delle opposizioni attraverso documentari e l’imporsi di una giovane cantautrice fino allora sconosciuta (ma utile solo a colmare il vuoto mediatico), fanno da collante ai molteplici piani narrativi tenuti insieme da un collage ritmico efficace, capace di tessere una trama avvincente e mai banale, scandita inoltre dalla solennità di un coro greco o da arie tipiche del melodramma. Colpo di stato è in qualche modo un film nel film, una clownesca citazione del cinema come arte scanzonata, un registro che passa brillantemente dalla cronaca di costume alla sociologia, dallo sketch umoristico al tipico cupo realismo dei film d’inchiesta di quegli anni, concretizzandosi in un genere senza genere, in un linguaggio senza una grammatica definita e definitiva ma, anzi, costantemente aperta all’azione qualificante degli attori e della messa in scena registica. Un insolito bianco e nero, connesso ad una distribuzione che fece quasi sparire il film, conferisce un alone pressochè magico, carico di un etereo simbolismo anarchico eppure così pressante da scandire fermamente tutte le tappe di una linea narrativa al tempo stesso inenarrabile, avulsa da qualsiasi tipo di decifrazione, proiettando lo spettatore in una farsa che può, in ogni istante (come in effetti avviene), tramutarsi in tragedia.

Con agili movimenti della macchina da presa, un montaggio dinamico e attento a captare dagli umori, le discrasie, le affabulazioni paternalistiche del mondo politico e della corruzione che lo circonda, alla quieta retorica delle false promesse figlie del “faremo tutto il possibile”, Salce riesce a fotografare sontuosamente – attraverso le paure del golpe tipiche della guerra fredda – la radice ancora troppo criptica del nostro paese, come il controllo politico dei mass media e l’informatizzazione forzata della realtà, anticipando di quasi trent’anni la democrazia televisiva e gli scandali legati al conflitto di interessi, l’influenza dei poteri occulti, l’onnipotenza e l’ipocrisia cinica dei politici, decretando come il cinema possa – più di qualsiasi arte umana – cristallizzare dinamicamente ciò che siamo stati per capire ciò che siamo diventati.

Titolo: Colpo di stato
Anno: 1968
Durata: 105′
Genere: comico, commedia, satirico
Regista: Luciano Salce
Soggetto: Ennio De Concini
Sceneggiatura: Ennio De Concini
Fotografia: Luciano Trasatti
Montaggio: Sergio Montanari
Musiche: Gianni Marchetti
Scenografia: Giorgio Giovannini
Attori principali: Raffaele Triggia, Alberto Plebani, Amedeo Merli, Anna Maria Capparelli, Bebert Marboutie, James E. Mishener, Leo Talamonti, Vittorio Ripamonti, Giovanni Rionni, Silvano Spadaccino, Orchidea De Santis, Steffen Zacharias.