Lungo la via del falso

Il regista Mimmo Calopresti porta lo spettatore in un viaggio sulle tratte delle merci contraffatte in Italia e in tutta Europa. 

La fabbrica fantasma di Mimmo Calopresti prova ad essere una via di mezzo tra un documentario ed un film vero e proprio, purtroppo questo tentativo genera scarsi risultati. La parte che possiamo definire “documentario” documenta molto poco e molto approssimativamente, mentre la parte “film” fallisce nel raccontarci la vicenda e manca di personaggi che riescano a suscitare alcuna emozione nello spettatore.

Il film/documentario si apre con Mimmo Calopresti e la figlia Clio che guardano un servizio al telegiornale sui rifugiati arrivati in Italia, colpito dalle immagini di alcuni bambini Calopresti propone alla figlia di vendere i suoi giocattoli al Mercatino di Roma di modo da poter donare a quei bambini il ricavato della vendita. Una volta arrivati al Mercatino la commessa inizia a fare una selezione tra i giocattoli originali e quelli contraffatti, Calopresti si rende così conto di come spesso le persone sono in possesso di oggetti contraffatti senza neanche esserne consapevoli; da questa rivelazione inizia una serie di riflessioni su come funziona il mercato del contraffatto e come faccia ad essere così presente nella vita quotidiana della maggior parte delle persone, riflessioni che lo porteranno a seguire da vicino le tratte delle merci contraffatte in un viaggio che partirà dal porto di Napoli e si concluderà in Ungheria, lungo il confine con la Ucraina.

Tra le note positive di questo prodotto possiamo sicuramente apprezzare il fatto che porti l’attenzione su un problema che ogni giorno si trova sotto gli occhi di tutti ma al quale nessuno fa veramente caso. Le immagini e le testimonianze mostrano allo spettatore una realtà che gli è fin troppo familiare per non farlo interrogare sulle sue abitudini quotidiane; purtroppo questo aspetto non è abbastanza sfruttato da Calopresti che si limita a riflessioni e conclusioni piuttosto banali riguardo l’utilizzo e il consumo dei prodotti nella società moderna. Altro aspetto interessante ma non adeguatamente sfruttato è come le autorità siano al corrente di tutti questi traffici di merci contraffatte ma, a causa di scappatoie legali e di una non sufficiente collaborazioni tra diversi paesi, siano praticamente impotenti.

Il passaggio dal porto di Napoli al confine Ungherese mostra come questo problema sia un problema di natura internazionale, anzi si potrebbe perfino dire che sia un problema dell’essere umano. Questa caratteristica si nota soprattutto quando, nonostante il cambiamento più che totale di ambientazione, le atmosfere che aleggiano nei luoghi soggetti a questo scambio di merci siano estremamente simili nonostante si tratti di luoghi completamente diversi.

Un ulteriore approfondimento sarebbe potuto essere stato fatto sugli affari che la criminalità organizzata compie grazie al traffico illegale di merci contraffatte, su come lo sfruttamento dei lavoratori in paesi come la Cina faccia guadagnare milioni e milioni di Euro alle mafie, purtroppo anche questo aspetto viene trattato con molta superficialità lasciando spazio solo ad una sorta di triste e malinconica narrazione di come il sistema funzioni e sia difficile da contrastare.

Per concludere La fabbrica fantasma rimane un prodotto con delle buone e nobili intenzioni ma le cui potenzialità non vengono abbastanza sfruttate, probabilmente se questo fosse stato un vero e proprio documentario piuttosto che una via di mezzo tra il film e il documentario, il risultato sarebbe stato sicuramente di impatto maggiore e anche qualitativamente migliore.

Titolo originale: La Fabbrica Fantasma – Verità sulla mia Bambola
Regia: Mimmo Calopresti
Anno di produzione: 2016
Durata: 50′
Tipologia: documentario
Genere: criminalità/sociale
Paese: Italia
Produzione: Magda film; in collaborazione con Sky cinema, Mercatino
Ufficio Stampa: Annarita Peritore