Salutiamo Venezia con la visione di due filmIl giovane favoloso Near Death Experience.

La mia ultima giornata di Festival si apre con l’atteso film in concorso di Martone, Il giovane favoloso, sulla vita del contino Giacomo. Martone continua nella sua impresa divulgativa, dopo il monumentale Noi credevamo, accostandosi alla sacra figura di Leopardi. Lo fa senza cadere nella retorica, lo fa affidandosi a un brillante Elio Germano, il quale non declama ma medita ad alta voce, lasciandosi sorprendere dalle circostanze che ispirarono al contino i suoi componimenti poetici. E così si rinnova la meraviglia che proviamo nel sentirci leggere, forse per la prima volta, l’Infinito, di fronte alla siepe che l’ha ispirato, e la Ginestra, di fronte ad una violenta e fascinosa eruzione vulcanica che vede il poeta, ormai prossimo alla morte, esortare gli uomini a confederarsi contra l’empia natura. Il dolore è il filo rosso della narrazione: un dolore fisico, che attanaglia il poeta fin dalla tenera età, e uno sterminato dolore d’intelletto. La consapevolezza che Leopardi ha della cattiveria della natura, vera nemica dell’uomo, e dell’insignificanza del progresso, che lo porta ad assumere un atteggiamento disilluso, ad abbandonare ogni speranza nelle magnifiche sorti e progressive, e lo condanna all’incomprensione della gran parte dei suoi contemporanei. Una tale coscienza della propria diversità lo porta ad essere straordinariamente ironico, come si evince dalla Palinodia al marchese Gino Capponi, citata en passant. Le citazioni sono velate, piacevoli e mai didascaliche, sebbene si attribuiscano al primo Leopardi (nello Zibaldone) una scoperta del valore conoscitivo del dubbio scettico, che certo non trova in lui il suo pioniere, e un significato troppo generico di pessimismo. Immagino che per rendere tutto questo Germano abbia compiuto un’impresa titanica e, visto l’entusiasmo che il film ha suscitato, credo gli verrà certo riconosciuto. Anche la regia, sebbene indulga troppo nel finale su alcune sequenze napoletane un po’ da fiction, è parimente elegante e ispirata, soprattutto nei momenti in cui Martone abbandona una costruzione classicheggiante e azzarda delle sequenze oniriche e suggestive (l’urlo disperato – e solo immaginato – di Giacomo in risposta alle accuse del padre dopo la prima, malriuscita, fuga da Recanati).

Dopo una tale immersione negli abissi più sublimi della conoscenza e della sensazione, è la volta di Near Death Experience di Benoît Delépine e Gustave Kervern. Questo film della sezione Orizzonti è quasi ripugnante per il qualunquismo “nichilista” che ostenta. È la morte di ogni profondità filosofica, cui si cerca di supplire con la presenza di Michel Houellebecq, scrittore e poeta francese. Ma cominciamo dalla trama: un impiegato decide di suicidarsi in un venerdì 13 e, per far questo, va in bicicletta su una montagna e si abbandona ad uno stream of consciousness di circa un’ora e un quarto. Questo flusso di pensieri è un barbaro elogio della morte, ma di una morte che si perpetra nella vita all’interno di una società alienante e falsa. La bruttezza del protagonista e la sua insistenza nell’affermare di continuo “je suis mort” contribuiscono ad imprimere un senso di bruttura e di fastidio che non lasciano altro nello spettatore se non una sensazione di rabbia per una vita sprecata in nome di una protesta sterile. Anzi, forse neppure in nome di una qualsivoglia protesta.

Purtroppo la mia avventura cinefila si è conclusa anche quest’anno, ma l’atmosfera è ancora febbricitante al Lido: il 4 Settembre ci saranno alcuni tra i film più attesi e controversi (Io sto con la sposa, Pasolini e I nostri ragazzi) e spero che verranno distribuiti al più presto.

À bientôt.

Titolo: Il giovane favoloso
Regia: Mario Martone
Cast: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Isabella Ragonese
Durata: 137′

Titolo: Near Death Experience
Regia: Benoît Delépine, Gustave Kervern
Cast: Michel Houellebecq
Durata: 87′