Dopo l’episodio di Allen.

Svegliarsi un giorno e, dopo essere stati sino alla sera precedente una persona qualunque, rendersi conto di non esserlo più – inspiegabilmente. C’è chi ne sarebbe felice, il più esibizionista e vanitoso non desidererebbe altro, mentre i più timidi e schivi lo vedrebbero come il peggiore incubo. Ma la domanda che sorge, in entrambi i casi, spontanea è: perché?

Martin Kazinski (Kad Merad) è un uomo qualunque, che vive serenamente la propria vita di operaio e supervisiore, in una fabbrica dove lavorano anche dei disabili. Una mattina, in autobus, si accorge che le persone iniziano a fotografarlo, a chiedergli autografi, a girare video su di lui. Di giorno in giorno la situazione continuerà a peggiorare, mentre l’uomo si troverà imprigionato in un vortice di dubbio e follia: “perché?” O meglio: “pourquoi?”

In To Rome with Love, la pellicola più commerciale e meno alleniana di Woody, si salvavano poche cose, una tra queste era l’episodio di Roberto Benigni, anche lui “famoso per caso”. Era solamente un episodio, di durata abbastanza breve. Xavier Giannoli, regista di Superstar, decide al contrario di girare un film intero, basandolo su un’esperienza simile. Il risultato, come dimostrano gli applausi di Venezia, è positivo, per una pellicola agrodolce grazie alla qiale si riesce a ridere, seppure con il retrogusto amaro che è preludio di una riflessione seria. Il tema dominante, infatti, è il voyeurismo proprio della nostra società mass-mediatica, dove il desiderio di fama, la vanità, il bisogno di mostrarsi davanti alle telecamere pervadono la vita di ogni giorno – Grande Fratello docet. Martin dice “no” a tutto questo, vorrebbe solo stare tranquillo: ma fa notizia, fa audience, lo share si impenna e ogni stazione radio o tv cerca di accaparrarsi questo stralunato personaggio che desidererebbe proseguire la sua vita in pace, come ha sempre fatto. Purtroppo il meccanismo è oramai innescato, e se i produttori televisivi usmano la possibilità di guadagnare, si comportano peggio degli squali quando fiutano il sangue, attaccando il malcapitato – il quale si trova di fronte il proverbiale “muro di gomma” – senza risposte, né vie d’uscita. Chi lo ha messo in questa situazione? Come uscirne? E, soprattutto, perché?

Giannoli costruisce un film che è feroce critica della società odierna, desiderosa della fama effimera dei talk-show, capace di erigere idoli dai piedi di argilla, per poi dimenticarsi di loro alla prima occasione. Interessante il tema della caduta, in cui a precipitare è l’intera esistenza del protagonista – non solo la sua fama. Forte, soprattutto, l’espressione usata da un rapper: «Un tempo gli artisti si chiedevano come diventare famosi, ora le persone famose si chiedono come diventare artisti». Amara verità, purtroppo.

Kad Merad è molto bravo, riuscendo a coinvolgere lo spettatore nel proprio turbinio mentale; mentre la seconda parte – un po’ troppo lunga – punta sulla sua caduta come vera protagonista. Martin Kazinski smaschera l’ipocrisia del mondo della tv, mentre Giannoli lancia una provocazione destabilizzante. Starà al pubblico accoglierla. Gli applausi, al Festival, non sono mancati.

Titolo: Superstar
Regista: Xavier Giannoli
Attori principali: Kad Merad, Cecile De France
Genere: drammatico
Durata: 112min
Anno: 2012
Casa di produzione: Rectangle Production, Wild Bunch
Fotografia: Christophe Beaucarne
Musiche: Mathieu Blanc-Francard