È trascorso un quarto di secolo da quando Michael Jackson pubblicò quello che, dopo Thriller, è sicuramente il suo album migliore, Bad. Il documentario è, oggi, l’omaggio di Spike Lee all’artista “dai guanti bianchi”.

Sono passati 25 anni, di corsa, rapidissimi: era infatti il 1987 quando Michael Jackson, che solo tre anni prima aveva demolito ogni record con Thriller – non per nulla l’album più venduto di tutti i tempi – dà alla luce uno dei suoi progetti migliori: Bad.

Il regista Spike Lee decide di omaggiare il Re del Pop con un documentario semplice, ma ben costruito sotto ogni aspetto: «Questa è la mia lettera d’amore a Michael Jackson», ha dichiarato prima della proiezione. Lee, infatti, guida lo spettatore traccia dopo traccia, backstage dopo backstage, intervista dopo intervista, a scoprire tutte le fasi di lavorazione che hanno portato alla creazione del capolavoro. Come ha detto Kanye West, artista della scena hip-hop attuale: «Bad è stato il simbolo di un’epoca, un marchio indelebile, forse ancora più di Thriller». West, ma non solo. Spike Lee dà infatti voce anche ad altri artisti della scena musicale contemporanea, quali Mariah Carey o Chris Brown, e a giovanissimi come Justin Bieber.

Bad: una sfida, più che un album – e, siccome il 1987 era il tempo in cui apparivano i primi videoclip, perché non creare un mediometraggio di lancio per il disco – così come era già successo con Thriller, firmato nel 1983 da un altro grande della regia, John Landis? L’entourage di Michael Jackson, questa volta, decide di coinvolgere Martin Scorsese, per la realizzazione del video del primo singolo, in modo da poter creare un’opera completa, adulta, mai vista prima nel panorama musicale. Scorsese, tra interviste di repertorio e attuali, racconta di aver lavorato: «con un genio, un artista completo, timido, gentile, un personaggio che poteva improvvisare in qualsiasi momento lasciando a bocca aperta i presenti. Unico».

Il documentario di Spike Lee è un piccolo capolavoro che scorre rapido, scandito dal pop inimitabile di MJ e dalla sua energia, semplicemente perfetto nel montaggio: una dopo l’altra scorrono le tracce, da Bad a Smooth Criminal, passando per The Way You Make Me Feel e Dirty Diana, per arrivare a Man in the Mirror – con immagini in sala di registrazione e durante i live, oltre a riprese dietro le quinte dei suoi numerosi video, che Jacko chiamava “mediometraggi”: cosa che, effettivamente, erano.

Emozionante per ciò che si racconta dell’esistenza privata e pubblica di Michael, bistrattato dall’opinione pubblica quando era in vita e poi comodamente rimpianto dopo la sua morte – quel triste 25 giugno del 2009. «Dovremmo vergognarci tutti», si afferma nel documentario: in riferimento a tutto ciò che è stato scritto su Jacko quando era ancora tra noi. Il Jacko raccontato dagli intervistati stride, infatti, con l’immagine del mostro che hanno presentato i media, ma Spike Lee ha voluto «rendergli giustizia», come lui stesso ha dichiarato.

Lee crea un’opera che per i fan di MJ è un must imperdibile, mentre per chi non lo ama potrebbe essere un’occasione per conoscerlo meglio e imparare ad apprezzarlo, in quanto, come ampiamente dimostrato in Bad 25, è stato uno tra i re, che hanno lasciato un solco indelebile nella storia della musica. E ci manca, tanto. Grazie a Spike Lee per averci permesso di rivedere la sua Moon Walk, un’ultima volta.

Titolo: Bad25
Genere: Documentario, Musicale
Regista: Spike Lee
Attori principali: Michael Jackson
Produzione: 40 Acres & A Mule Filmworks
Anno: 2012
Durata: 123 Min