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Mystic River

Recensione: Mystic River

Jimmy Markum, Dave Boyle e Sean Devine sono tre piccoli amici che vivono in un quartiere operaio di Boston. I giorni scorrono tutti uguali, fra giochi e divertimento, fino a che Dave, un pomeriggio, viene rapito da due uomini e sottoposto a violenze. Da qui le loro strade si dividono. Le loro vite si incrociano nuovamente venticinque anni dopo, quando viene uccisa la figlia diciannovenne di Jimmy.

Tre ragazzi, grandi amici, giocano su una strada. Sono molto diversi fra loro: Jimmy il classico bulletto, Sean più riflessivo e più forte, Dave senza dubbio il più fragile. Mentre si divertono arriva nella via una macchina (con a bordo due uomini) che, con una scusa, porta via Dave: Jimmy e Sean non possono far nulla se non guardare l’amico allontanarsi. Nulla, da allora, sarà più lo stesso: l’infanzia di Dave morirà sotto i colpi di una brutale violenza e un buco sanguinante comparirà al centro di quel povero cuore, innocente e calpestato. Con questo prologo, doloroso e destabilizzante, prende il via Mystic River, eccelsa prova di Clint Eastwood, qui nella sola veste di regista. Lo spettatore percepisce, fin dalle prime battute, che non vi sarà salvezza, per nessuno, in questa storia: non si sbaglia. Infatti, nella scena successiva, ci troviamo molti anni dopo, alla frenetica ricerca di un assassino. La figlia di Jimmy, ora ex-galeotto e boss del quartiere, viene ritrovata morta: il caso, per ironia della sorte, viene affidato a Sean, diventato ora un poliziotto. Dave, il ragazzino seviziato, ricompare qui come un uomo fragile e solo, con l’anima piena di incubi e una famiglia che non crede in lui.
Jimmy non può e non vuole aspettare la polizia per trovare giustizia, inizia così una disperata ricerca dell’assassino e le sue attenzioni si concentrano su Dave, reo di avere una moglie che lo crede il mostro che tutti stanno cercando: in fondo, un corpo in più o in meno, nelle torbide acque di Mystic River (fiume alla periferia di Boston), non ha mai fatto differenza per nessuno, in questa città senza speranza. Il film, tratto da un libro di Dennis Lehane, è un esempio di come i fronzoli non servano a tenere inchiodato lo spettatore alla sedia. Mystic River è un film duro, disperato e senza luce, con dei personaggi che sembrano forgiati nel metallo per quando sono fermi nelle loro convinzioni.  Le scene sono essenziali, persino quelle di violenza: non vi è nessun orpello inutile, tutto trasmette una disperazione reale e cruda, segnata da un ritmo incalzante.
Tutti i personaggi, e non solo Dave, sembrano in qualche modo prigionieri di quel passato che hanno condiviso, specchio di un’America che non ha nulla di scintillante. Sicuramente il film merita anche per l’eccezionale cast, da Sean Penn (Oscar miglior attore protagonista) a Tim Robbins (Oscar miglior attore non protagonista), da Kevin Bacon a Laura Linney, tutti capaci di rendere al meglio l’America perduta e disillusa che si vuole raccontare. Spesso gli attori che decidono di intraprendere una nuova carriera dietro la macchina da presa, falliscono: non è il caso di Clint Eastwood, che in questa pellicola dà prova di grande capacità e comprensione dei meccanismi narrativi propri di quest’arte.
La Frase: “La morte si affronta da soli. ” Sean Penn, Mystic River, 2003

Nota: di Alessia Uggeri
Mystic River

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