Categorie
Recensione

Ratatouille

Recensione: Ratatouille

Per la serie “La rassegna delle antitesi”, il cartone animato colpisce ancora. Ed è ancora centro. Per ricordare le ultime parabole animate Pixar, dirette ai grandi quanto ai piccini, si pensi al pesciolino Nemo con la pinna atrofica che sfida le limitazioni della sua costituzione; alla famiglia di Incredibili dove il papà-ex-supereroe è troppo fuori forma per entrare nel vecchio costume-calzamaglia e tuttavia sconfigge i cattivi, al mostro Sulley di Monsters & co. che, nonostante comportamenti “bestiali” è animato da buoni sentimenti.

Sulla stessa linea, la Disney-Pixar ci presenta un topo, che si rifiuta di camminare carponi per non sporcare le stesse mani con cui mangia, è dotato di un megaolfatto da navigato sommelier, sa leggere libri di cucina e il suo idolo è il paffuto (e defunto) chef Gusteau, celebre per il motto massificante: “Chiunque può cucinare”.

Come spesso accade quando le famiglie non sanno riconoscere i talenti, l’attitudine del topo Remy è interpretata come un’anomalia: il padre-panteganone e capo-clan, riesce a trovare uno sbocco più concreto per quel dono, destinando il topino a fiutare il pattume di cui si nutre la colonia per identificarvi eventuali sostanze letali.
Ma Remy non abbandona la sua aspirazione e cerca di coinvolgere nella sua passione il fratello Emile, grosso e grasso ratto dallo spirito benigno, anche se un po’ ingenuo. Uno Shrek coi peli, si potrebbe dire, che, infatti, non distingue una fragola ammuffita da una crosta di Camembert. Nel bel mezzo di uno splendido pomeriggio spazzaturiese, la colonia di topastri è costretta a una rocambolesca fuga attraverso le fogne, inseguita da un’amorevole vecchina armata di fucile a canne mozze (vorrei vedere voi se scopriste un accampamento di ratti in soffitta!). Il destino separa Remy dai suoi compagni, ma gli riserva ben altre possibilità: lo fa arenare con la sua zattera di fortuna (il manuale di Gusteau), in corrispondenza delle cucine dell’ex-pluridecorato ristorante appartenuto allo chef, ormai declassato a quasi-trattoria a causa di una stroncatura del perfido critico culinario Ego (nomen homen). Ah, la cucina di un famoso ristorante, il sogno di Remy, gli attrezzi scintillanti, le pentole che gorgogliano e sprigionano aromi ricercati. Come resistere al richiamo?
Persino il fantasma di Gusteau (spirito-guida di Remy), uscito dal manuale, incentiva il topo ad entrare in quell’universo di sapori. In questa cucina di provetti e indaffarati cuochi, c’è un nuovo elemento: Linguini, lo sguattero scoordinato e maldestro, che si presenta subito con un disastro: rovescia parte di una sofisticata vellutata, pensando poi di rimediare al danno di nascosto, rabboccando il contenuto del pentolone con ingredienti presi a caso qua e là. La scena fa rabbrividire il nostro topo che, non sapendo resistere, va a correggere la zuppa, facendosi clamorosamente beccare da Linguini, immediatamente incaricato di eliminarlo. Ma come nella migliore tradizione Disney il carnefice ha pietà della vittima (ricordate il cacciatore-killer che risparmia Biancaneve alla morte?
) ma a un patto: dovrà insegnargli a cucinare. Lo chef Skinner, infatti, ha preso in antipatia il giovanotto e sta cercando in tutti i modi di farlo sfigurare per avere occasione di licenziarlo. Remy fa di Linguini uno stimato cuoco, collocandosi sotto il suo cappellone e governandone i movimenti grazie a un tira-tira di ciocche di capelli (insomma, qui il burattino è più grosso del burattinaio)Le vampate dei fornelli scaldano anche i cuori e Linguini s’innamora dell’unica cuoca ammessa nelle cucine del Gusteau: la volitiva e rigorosa Colette, che dopo tanta fatica e determinazione è riuscita a far parte dello staff di cuochi come unico elemento femminile. Mentre il cattivo Skinner, proprietario del ristorante (alto quanto il suo cappello da chef) sfrutta il nome di Gusteau per far fortuna nel commercio di cibi surgelati, il critico culinario Ego, dall’alto del suo ufficio a forma di bara, dichiara che si recherà presto al Gusteau per recensire la cucina dell’ormai noto Linguini.
Grazie a un testamento e a una lettera della defunta madre del ragazzo, si scopre che Linguini è figlio di Gusteau, e il legittimo erede di tutte le sue proprietà, compreso il locale. Malauguratamente, la sincerità del ragazzo lo porta a presentare Remy ai colleghi cuochi, che per tutta risposta abbandonano le cucine, lasciandolo solo col topo. Ma… colpo di scena!
L’intera colonia-famiglia di ratti giunge dalle fogne per aiutare Remy ed il suo amico umano. I ratti diventano un efficiente esercito culinario, con al comando Remy, che distribuisce mansioni e dispensa nozioni. Nel frattempo, il critico Ego (un Battiato smagrito e incurvato) si accomoda nell’elegante salone da pranzo tutto-velluto, senza scegliere nulla che compaia sul menu, ma chiedendo d’essere stupito.

Remy prepara la ratatouille, un piatto della tradizione povera francese, fatto di semplici verdure miste, che riporta il critico ai tempi dell’infanzia, quando in una casa modesta la mamma gli serviva amorevolmente la stessa pietanza.
Dopo aver atteso la chiusura del locale per avere la possibilità di incontrare lo chef, Ego conosce Remy.

La critica pubblicata sul giornale la mattina dopo è plaudente, commovente e dolce, ma offre anche una riflessione seria sullo strapotere dei critici famosi, dalle cui poche righe dipende il trionfo, o l’oblio, di colui che è esaminato. Gran finale Disney dolceamaro: il Gusteau viene chiuso per infestazione di topi (Gualtiero Marchesi doppia l’ispettore sanitario), Linguini, Remy e Colette aprono un piccolo ristorantimo fuori mano, frequentato dall’ormai non più severo Ego. Un primo piano dell’insegna del locale chiude il film: la silhouette di un topolino regge la scritta “Le ratatouille”, con la chiara allusione rat-topo. La precisione grafica del cinema d’animazione Pixar ci sorprende per la naturalezza dei dettagli e la verosimiglianza delle ambientazioni scenografiche.

Le musiche orchestrali stile vecchia Parigi di Michael Giacchino (Lost), fanno sognare anche i meno romantici, mentre il regista Brad Bird offre una splendida Ville Lumiere vista a dieci centimetri da terra, con gli occhi di un topolino.

Amore, amicizia, solidarietà e fantasia non mancano alla pellicola. Però, tanta maniacale verosimiglianza ci fa pensare, con un po’ di rimpianto, ai vecchi film Disney, alla cucina dello chef Louis della Sirenetta, che distrugge tutto per acchiappare il paguro Sebastian e servirlo ripieno.
È vero, quelle immagini oggi appaiono un po’ rudimentali, forse semplici, ma dal retrogusto finale certamente più commovente, intenso ed evocativo, come un piatto di modesta ratatouille. Per la serie “La rassegna delle antitesi”, il cartone animato colpisce ancora. Ed è ancora centro. Per ricordare le ultime parabole animate Pixar, dirette ai grandi quanto ai piccini, si pensi al pesciolino Nemo con la pinna atrofica che sfida le limitazioni della sua costituzione; alla famiglia di Incredibili dove il papà-ex-supereroe è troppo fuori forma per entrare nel vecchio costume-calzamaglia e tuttavia sconfigge i cattivi, al mostro Sulley di Monsters & co. che, nonostante comportamenti “bestiali” è animato da buoni sentimenti.

Sulla stessa linea, la Disney-Pixar ci presenta un topo, che si rifiuta di camminare carponi per non sporcare le stesse mani con cui mangia, è dotato di un megaolfatto da navigato sommelier, sa leggere libri di cucina e il suo idolo è il paffuto (e defunto) chef Gusteau, celebre per il motto massificante: “Chiunque può cucinare”.
Come spesso accade quando le famiglie non sanno riconoscere i talenti, l’attitudine del topo Remy è interpretata come un’anomalia: il padre-panteganone e capo-clan, riesce a trovare uno sbocco più concreto per quel dono, destinando il topino a fiutare il pattume di cui si nutre la colonia per identificarvi eventuali sostanze letali.
Ma Remy non abbandona la sua aspirazione e cerca di coinvolgere nella sua passione il fratello Emile, grosso e grasso ratto dallo spirito benigno, anche se un po’ ingenuo. Uno Shrek coi peli, si potrebbe dire, che, infatti, non distingue una fragola ammuffita da una crosta di Camembert. Nel bel mezzo di uno splendido pomeriggio spazzaturiese, la colonia di topastri è costretta a una rocambolesca fuga attraverso le fogne, inseguita da un’amorevole vecchina armata di fucile a canne mozze (vorrei vedere voi se scopriste un accampamento di ratti in soffitta!).

Il destino separa Remy dai suoi compagni, ma gli riserva ben altre possibilità: lo fa arenare con la sua zattera di fortuna (il manuale di Gusteau), in corrispondenza delle cucine dell’ex-pluridecorato ristorante appartenuto allo chef, ormai declassato a quasi-trattoria a causa di una stroncatura del perfido critico culinario Ego (nomen homen).
Ah, la cucina di un famoso ristorante, il sogno di Remy, gli attrezzi scintillanti, le pentole che gorgogliano e sprigionano aromi ricercati. Come resistere al richiamo?
Persino il fantasma di Gusteau (spirito-guida di Remy), uscito dal manuale, incentiva il topo ad entrare in quell’universo di sapori. In questa cucina di provetti e indaffarati cuochi, c’è un nuovo elemento: Linguini, lo sguattero scoordinato e maldestro, che si presenta subito con un disastro: rovescia parte di una sofisticata vellutata, pensando poi di rimediare al danno di nascosto, rabboccando il contenuto del pentolone con ingredienti presi a caso qua e là. La scena fa rabbrividire il nostro topo che, non sapendo resistere, va a correggere la zuppa, facendosi clamorosamente beccare da Linguini, immediatamente incaricato di eliminarlo.

Ma come nella migliore tradizione Disney il carnefice ha pietà della vittima (ricordate il cacciatore-killer che risparmia Biancaneve alla morte?
) ma a un patto: dovrà insegnargli a cucinare. Lo chef Skinner, infatti, ha preso in antipatia il giovanotto e sta cercando in tutti i modi di farlo sfigurare per avere occasione di licenziarlo. Remy fa di Linguini uno stimato cuoco, collocandosi sotto il suo cappellone e governandone i movimenti grazie a un tira-tira di ciocche di capelli (insomma, qui il burattino è più grosso del burattinaio)Le vampate dei fornelli scaldano anche i cuori e Linguini s’innamora dell’unica cuoca ammessa nelle cucine del Gusteau: la volitiva e rigorosa Colette, che dopo tanta fatica e determinazione è riuscita a far parte dello staff di cuochi come unico elemento femminile.

Mentre il cattivo Skinner, proprietario del ristorante (alto quanto il suo cappello da chef) sfrutta il nome di Gusteau per far fortuna nel commercio di cibi surgelati, il critico culinario Ego, dall’alto del suo ufficio a forma di bara, dichiara che si recherà presto al Gusteau per recensire la cucina dell’ormai noto Linguini.
Grazie a un testamento e a una lettera della defunta madre del ragazzo, si scopre che Linguini è figlio di Gusteau, e il legittimo erede di tutte le sue proprietà, compreso il locale. Malauguratamente, la sincerità del ragazzo lo porta a presentare Remy ai colleghi cuochi, che per tutta risposta abbandonano le cucine, lasciandolo solo col topo. Ma… colpo di scena! L’intera colonia-famiglia di ratti giunge dalle fogne per aiutare Remy ed il suo amico umano. I ratti diventano un efficiente esercito culinario, con al comando Remy, che distribuisce mansioni e dispensa nozioni. Nel frattempo, il critico Ego (un Battiato smagrito e incurvato) si accomoda nell’elegante salone da pranzo tutto-velluto, senza scegliere nulla che compaia sul menu, ma chiedendo d’essere stupito.
Remy prepara la ratatouille, un piatto della tradizione povera francese, fatto di semplici verdure miste, che riporta il critico ai tempi dell’infanzia, quando in una casa modesta la mamma gli serviva amorevolmente la stessa pietanza.
Dopo aver atteso la chiusura del locale per avere la possibilità di incontrare lo chef, Ego conosce Remy. La critica pubblicata sul giornale la mattina dopo è plaudente, commovente e dolce, ma offre anche una riflessione seria sullo strapotere dei critici famosi, dalle cui poche righe dipende il trionfo, o l’oblio, di colui che è esaminato. Gran finale Disney dolceamaro: il Gusteau viene chiuso per infestazione di topi (Gualtiero Marchesi doppia l’ispettore sanitario), Linguini, Remy e Colette aprono un piccolo ristorantimo fuori mano, frequentato dall’ormai non più severo Ego. Un primo piano dell’insegna del locale chiude il film: la silhouette di un topolino regge la scritta “Le ratatouille”, con la chiara allusione rat-topo. La precisione grafica del cinema d’animazione Pixar ci sorprende per la naturalezza dei dettagli e la verosimiglianza delle ambientazioni scenografiche. Le musiche orchestrali stile vecchia Parigi di Michael Giacchino (Lost), fanno sognare anche i meno romantici, mentre il regista Brad Bird offre una splendida Ville Lumiere vista a dieci centimetri da terra, con gli occhi di un topolino. Amore, amicizia, solidarietà e fantasia non mancano alla pellicola. Però, tanta maniacale verosimiglianza ci fa pensare, con un po’ di rimpianto, ai vecchi film Disney, alla cucina dello chef Louis della Sirenetta, che distrugge tutto per acchiappare il paguro Sebastian e servirlo ripieno. È vero, quelle immagini oggi appaiono un po’ rudimentali, forse semplici, ma dal retrogusto finale certamente più commovente, intenso ed evocativo, come un piatto di modesta ratatouille.

Nota: di Alice Peruzzo
Ratatouille

Categorie
Protagonist* Recensione

Registi e Attori: Intervista Esclusiva A Paolo Sorrentino Per Il Divo

Registi e Attori: Intervista Esclusiva A Paolo Sorrentino Per Il Divo

Anteo Spazio Cinema, Milano. Dopo il successo de Il Divo, Paolo Sorrentino, coadiuvato dal critico Paolo Mereghetti, risponde alle domande di un pubblico pieno di curiosità e (qualche) perplessita’ circa il nuovo discusso film su Andreotti. Riportiamo stralci delle dichiarazioni di Sorrentino.

Andreotti e’ un personaggio che accompagna la vita di chiunque, da quando siamo bambini. Anzi, mi sono meravigliato che non ci fosse gia’ un film su di lui e ci fosse, come dire, ancora posto. Andreotti mi attraeva perche’ e’ un uomo cosi’ pieno di contraddizioni che lo rendono drammaturgicamente interessante; un uomo di media statura che si presenta equipaggiato come Dio, un’arroganza camuffata da modi curiali. Grandi contraddizioni come l’essere da un lato percepito come inarrivabile, poi pero’ c’e’ l’Andreotti che tutte le domeniche, durante la campagna elettorale dava da mangiare ai romani meno abbienti. Dopo che e’ stato fatto Senatore a Vita pero’ non lo ha piu’ fatto.”

Alla domanda come mai tanta cinematografia su Moro, sempre e solo su Moro, Sorrentino risponde:Moro e’ una figura piu’ immediatamente tragica. Andreotti e’ piu’ cinico. Mi sono affannato a cercare un piano umano che difficilmente viene fuori, e forse, quello che di umano si evince nel film sono solo deduzioni mie.
Tra l’altro detesto quelli che sostengono che i registi non dovrebbero mai prender posizione. E’ un alibi, e mi sono stancato di sentirlo dire, io credo che una posizione bisogna prenderla, soprattutto quando in un modo o nell’altro si affrontano fatti che coinvolgono molti.
In altri Paese in cui ci sono stati dei ’misteri’ si e’ poi giunto ad una verita’. Da noi i misteri sono ancora tali, ed e’ meno facile farne un film, per quanto ricondurre tutti i misteri ad Andreotti e’ stata una semplificazione satirica degli anni addietro, anche perche’ lui incarnava questa figura di grande vecchio
.”

– Perche’ Servillo?
E’ alto come lui. No, ovviamente non e’ il solo motivo, ma sai e’ curioso che quando si pensa ad Andreotti si pensa sempre ad un uomo basso, e invece lui e’ alto. Servillo e’ poi un attore coerente e coraggioso, e siccome come dice Oreste Lionello – Andreotti non e’ un uomo, e’ una macchina- si rendeva necessario una recitazione minimale, rendere molto facendo molto poco, e Servillo era in grado.”

Girando questo film ho scoperto che la DC, che sembra un mondo molto noioso e’ invece molto divertente. Si davano soprannomi fra di loro… Tarzan per esempio era quello di Scotti, per la sua capacita’ di passare da una liana all’altra con molta facilita’, seguendo il vento. Di base poi ho fatto di tutto per spettacolarizzare qualcosa (in senso alto) che avevo paura fosse noioso. Allora ho lavorato molto sul montaggio e il suono.”

E il Senatore e le donne?
Cercavo qualcosa di piu’ triviale circa il rapporto fra Andreotti e le donne. Non l’ho trovato.”

– Con che criterio hai scelto gli attori?
Mi piace lavorare con gli attori intelligenti, che non hanno bisogno che li si spieghi tutto, ma sanno persino capire il carattere del personaggio meglio di come il regista glielo spiegherebbe. Mi piacciono poi gli attori registi, e lavoro bene con gli attori registi di teatro. Fondamentalmente preferisco delegare le spiegazioni allo scritto della sceneggiatura e mi dilungo molto in quella sede, cosi’ non devo instaurare lunghi legami con gli attori che sinceramente trovo stancanti.”

– Cosa risponde a chi ha detto che il suo film, insieme a quello di Garrone, ha la colpa di lavare i panni sporchi in piazza?
Lavare i panni in piazza era un’espressione molto cara ad Andreotti, ultimamente ripresa da qualche avvenente e spregiudicata ragazza. Cito Gramellini nel rispondere che i film non sono depliant turistici. La bellezza non e’ nelle colline toscane, come la bruttezza non e’a Scampia.”

– Come mai queste scenografie?
“Ci tenevo a restituire al potere laico quelle atmosfere che io immagino siano quelle del Vaticano. Credo che i due poteri non siano dissimili. Volevo rendere nota la parte occulta del potere in Italia.”

– Ha mai incontrato il Senatore?
: “Nelle due volte in cui ci siamo visti lui ha parlato per tre ore senza raccontare nulla di significativo. Lui e’ un grande conversatore, salta da un’argomento all’altro, e poi, proprio mentre tu magari ti stai assopendo se ne esce con una frase che vuole farti capire che lui ha accesso a un mondo
a cui tu non accederai mai. Ci tiene a farti intuire che questo mondo, magari, tu non sai neanche che esiste. Sa farti capire che lui le cose le sa con largo anticipo.
La percezione di averlo sentito parlare per ore senza aver cavato un ragno dal buco e’ qualcosa che è capitato a molti giornalisti. Tanto materiale da sbobinare per poi accorgersi che non c’era niente su cui scrivere un pezzo
.”

– Faresti un film su Berlusconi?
Ci sono delle analogie. Anche lui ha delle zone d’ombra che in Svezia farebbero urlare all’ineleggibilita’, qui tutto sommato affascinano. Entrambi sanno usare i mezzi di comunicazione. Ma Berlusconi non mi incuriosisce cosi’ tanto. Un’altra mia ossessione e’ Roberto Gervaso, prima o poi vedrete che faro’ un film su di lui. Anche Cuccia mi affascina, ma e’ ancora piu’ impenetrabile di Andreotti.”

– Come mai le scelte musicali?
Ho voluto a tutti i costi ’I Migliori Anni Della Nostra Vita’, e’ uno ’sbaglio’ cinematografico perche’ e’ di molto successiva. Perversamente Renato Zero e i Ricchi e Poveri mi piacciono.”

– Tagli dolorosi?
E’ stato doloroso tagliare la scena in cui Andreotti dichiara di aver fatto di tutto per non far scarcerare i boss mafiosi con un decreto dell’ultimo minuto. Tagliare quella scena, che era venuta male, era amputargli un’autodifesa, e in qualche modo ho voluto rimediare compensando. In questo film se facevi un taglio Andreotti sembrava un santo. Ne facevi un altro e appariva un demonio.”

– Soddisfatto?
Molto. Qui trovo meglio coniugati forma e contenuto, mentre nel film precedente la ricerca formale era fin troppo preponderante.”

Nota: di R. M

Categorie
Protagonist* Recensione

Registi e Attori: Asia Argento Rinnega Ferrara E Lui…

Registi e Attori: Asia Argento Rinnega Ferrara E Lui…

Mentre la fanciulla si gode le gioie da dee jay, le sue affermazioni circa il rinnegato Go Go Tales suscitano reazioni.

Più che Ferrara sono i restanti membri del cast a serragliare le barricate per difendere il loro regista.
Ogni giorno dovevamo creare la storia. Non eravamo solo attori, ma creavamo un vero e proprio night-club“, dichiara Dafoe e lo conferma Stefania Rocca: “La cosa divertente di lavorare così è che ognuno crea un personaggio come crede, e si creano delle relazioni inaspettate tra i personaggi, che uno non studia prima“. “Eravamo tutti completamente liberi sul set” tiene quindi a sottolineare la Rocca  “e nessuno ci diceva passo passo cosa fare. Per cui ognuno sceglieva da sé come interpretare ogni scena, e quel bacio è una scelta totale di Asia. Anche io in una scena mi tolgo il reggiseno, perché ci stava, era nelle corde del personaggio, non c’era mica dietro Ferrara a dirmi ‘Su sbrigati, togliti il reggiseno!”. La Argento ha dunque dichiarato (fra le altre cose), che girare quella scena le è costato qualche contratto, e il suo (ex?
) mentore risponde “Non mi fate parlare di questa storia, è meglio“.
Non sara’ tutta una montatura della stampa?
In fondo la Argento ha dichiarato di essersi pentita, mica di essere stata costretta!
In attesa che regista e attrice facciano pace becchiamoci la stoccata di Ferrara in merito al vizio italico di doppiare i film: “Questo è un film che si gode benissimo in originale. Voi siete un paese con una grande tradizione di doppiatori, ma veramente c’è una velocità di linguaggio che perde molto del suo valore se doppiata“.

Leggi : Asia Argento ha poca pazienza con la stampa

Asia Argento Rinnega Ferrara E Lui…

Categorie
News Recensione

News: Nomination Premio Strega 2008

News: Nomination Premio Strega 2008

Il premio strega nasce nel 1947 da un’idea di Maria Bellonci e Guido Alberti. Il premio unico (l’unico Premio Strega Speciale è stato assegnato alla Costituzione Italiana nel 2006) viene riconosciuto ad opere di narrativa in prosa di autori italiani.

La giuria è composta dagli “Amici della Domenica“, ovvero un corpo elettorale di quattrocento persone diversamente inserite nella cultura italiana. Due tra questi quattrocento Amici (il primo di casa Bellonci, il secondo Ninfeo di Villa Giulia) si occupano anche di presentare i libri in concorso: quest’anno sono stati scelti Serena Dandini e Rolando Ravello. Promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, in collaborazione con Liquore Strega e Comune di Benevento, il Premio Strega celebra oggi, giovedì 15 maggio, l’avvio della sua 62ª edizione con la presentazione ufficiale dei dodici autori in gara: La notte dei due silenzi (Sellerio) di Ruggero Cappuccio
Presentato da Raffaele La Capria e Gioacchino Lanza TomasiL’illusione del bene (Feltrinelli) di Cristina Comencini
Presentato da Filippo La Porta e Rosetta LoyLa guerra dei cafoni (minimum fax) di Carlo D’Amicis
Presentato da Accademia degli Scrausi e Marino SinibaldiVico del fico al Purgatorio (Manni) di Giuseppina De Rienzo
Presentato da Giorgio Bàrberi Squarotti e Giovanni RussoNon avevo capito niente (Einaudi) di Diego De Silva
Presentato da Niccolò Ammaniti e Rosellina ArchintoLa solitudine dei numeri primi (Mondadori) di Paolo Giordano
Presentato da Giorgio Ficara e Franco MarcoaldiIl buio del mare (Giunti) di Ron Kubati
Presentato da Philippe Daverio e Francesco SiciliaLa cuspide di ghiaccio (Gremese) di Giuseppe Manfridi
Presentato da Maurizio Cucchi e Paolo PetroniRazza bastarda (Fanucci) di Cristina Masciola
Presentato da Raffaele Manica e Paola PitagoraTre volte invano (Instar Libri) di Emiliano Poddi
Presentato da Ernesto Ferrero e Francesco PiccoloLe seduzioni dell’inverno (nottetempo) di Lidia Ravera
Presentato da Dacia Maraini e Mario FortunatoNapoli Ferrovia (Rizzoli) di Ermanno Rea
Presentato da Giosetta Fioroni e Enzo GolinoMadrina dell’evento sarà la splendida città di Benevento, che al Premio Strega è legata da una storia di tradizione e di amicizia. La Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, in collaborazione con il Comune di Benevento, ha scelto per la prima volta l’ospitale capoluogo sannita come sede della prima tappa del percorso che porta all’assegnazione di uno dei più ambiti e prestigiosi riconoscimenti letterari italiani.Per questa 62ª edizione, il Comitato Direttivo – composto da Franco Alberti, Alessandro Barbero, Valeria Della Valle, Fabiano Fabiani, Alberto Foschini, Antonio Paolucci, Ugo Riccarelli e Domenico Starnone, e presieduto dal nuovo direttore della Fondazione Bellonci Tullio De Mauro, linguista di fama mondiale da sempre attento ai temi della diffusione e della comunicazione della cultura –ha introdotto alcune importanti novità nel regolamento del premio, tra cui quella di fissare a dodici il numero massimo di opere che potranno concorrere ogni anno al fine di assicurare la migliore funzionalità del premio, consentendo sia un’adeguata lettura dei libri in concorso sia un’ampia rappresentatività delle proposte letterarie dell’annata. Da quest’anno l’attività di promozione della lettura svolta dalla Fondazione Bellonci è legata al Premio Strega attraverso il progetto 2008. Un anno stregato”. Con questa nuova iniziativa la Fondazione Bellonci ha inviato le novità più recenti della narrativa italiana contemporanea agli studenti di sedici scuole romane che da febbraio ad aprile hanno animato una fitta serie di incontri confrontandosi dal vivo con gli autori.
Nella seconda fase del progetto, da maggio a giugno, leggeranno i libri in concorso al Premio Strega ed esprimeranno un loro giudizio che si espliciterà in un voto collettivo valido ai fini della designazione degli autori finalisti. La scelta operata dagli studenti, venerdì 13 giugno a Roma presso il Tempio di Adriano, sarà al centro di un evento che comprenderà il momento della votazione e quello dello scrutinio. Il percorso proseguirà poi con la prima votazione che determinerà la Cinquina dei finalisti e che, come vuole la tradizione, si terrà in Casa Bellonci a Roma. Anche quest’anno, giovedì 19 giugno, gli Amici della domenica, il corpo elettorale del Premio, si riuniranno in via Fratelli Ruspoli per lo spoglio dei voti che designerà i cinque libri che accederanno alla votazione finale. Il viaggio terminerà il 3 luglio, infine, con la seconda votazione e la proclamazione del vincitore nello scenario del Ninfeo di Villa Giulia, a Roma. Il giorno precedente, 2 luglio, si terrà alle ore 18.00 al Teatro dei Dioscuri un incontro in ricordo, a un anno dalla scomparsa, di Anna Maria Rimoaldi, amica ed erede di Maria Bellonci, creatrice della fondazione a lei dedicata e anima del Premio Strega per oltre vent’anni. Programma del Premio StregaVenerdì 13 giugno – Roma – ore 10.00 Tempio di Adriano
Incontro conclusivo di “2008. Un anno stregato” Giovedì 19 giugno – Roma – ore 19.00 Casa Bellonci
Prima votazione del 62° Premio Strega per la designazione della Cinquina dei finalisti Mercoledì 2 luglio – Roma – ore 18.00 Teatro dei Dioscuri
“…vivere dentro una biblioteca”. Per Anna Maria RimoaldiGiovedì 3 luglio – Roma – ore 21.00 Ninfeo di Villa Giulia
Seconda votazione e proclamazione del vincitore del 62° Premio Strega
Nomination Premio Strega 2008

Categorie
News Recensione

News: Le Star In Crisi Finanziaria?

News: Le Star In Crisi Finanziaria?

Dopo la notizia sui compensi ridotti che ha scosso Hollywood, ecco che anche in Italia le Star cominciano a tremare. Solamente che negli States a preoccuparsi per la prospettiva di veder legato il proprio compenso agli incassi del botteghino sono Brad Pitt, George Clooney, Nicole Kidman e compagnia bella, qua nel Belpaese ad essere al centro dell’attenzione nel mondo dello spettacolo sono Lele Mora, Fabrizio Corona e Nina Moric, che secondo la stampa più accreditata sarebbero stati accusati di non esser in regola con il fisco.

L’evasione fiscale sarebbe “solamente” di alcuni milioni di euro , accertata dalle procure di Genova e Milano. L’inchiesta non è in alcun modo legata alle indagini di Vallettopoli. Ricordiamo che presto il fotografo Corona debuttera’ come attore nei panni di un tutore dell’ordine (ispettore Tosi) in Tieni a me. L’età delle parole (sceneggiato da Stefania Rossella Grassi), dopo aver gia’ preso parte al celebre programma di intrattenimento giovanli di Italia Uno, Lucignolo, mentre Mora continua la sua attivia di manager e talent scout e la Moric sforna un calendario dopo l’altro. Che tutto si risolva in un bagno di pubblicita’ per i tre amici/nemici?

Le Star In Crisi Finanziaria?

Categorie
Protagonist* Recensione

Registi e Attori: Kate Beckinsale e Il Suo Sedere

Registi e Attori: Kate Beckinsale e Il Suo Sedere

Kate Beckinsale ha chiesto una controfigura a causa delle dimensioni del suo didietro.

L’attrice trentaquattrenne si è rifiutata di girare una scena sotto la doccia e ha costretto i produttori del suo ultimo film, Whiteout , a assumere una modella per duemila dollari al giorno. Secondo la sceneggiatura del film, Kate avrebbe dovuto girare alcune scene nuda nella doccia e mostrare cosce e sedere.
L’attrice che era apparsa nuda nel film del 1994 Uncovered (La tavola fiamminga) ha detto che si sente a disagio nel mostrare il suo sedere sul grande schermo. Ma non è l’unica attice ad aver avuto una controfigura per questa parte del corpo, Keira Knightley ne ha chiesto una per Espiazione e Sarah Michelle Gellar per Scooby-Doo.  

Nota: di Mario Onnis
Kate Beckinsale e Il Suo Sedere

Categorie
News Recensione

News: Amy Winehouse: Sta Morendo, Dicono I Medici

News: Amy Winehouse: Sta Morendo, Dicono I Medici

Non passa giorno senza che la giovanissima star londinese ne combini una e faccia parlare di se’, ma questa volta ha decisamente passato la misura.

Forse non e’ piu’ il caso di scherzare e ridicolizzarla come l’ultima bad girl della musica in stile Janis Joplin che la gente vuole e alla quale la stampa abitua. Fino all’assuefazione, fino a che si perde la percezione dell’essere umano devastato e malato per sostituirlo con un “personaggio” fittizio, fatto di carta e di pixel on line.

Sta morendo” hanno avvisato i medici “O smette immediatamente di drogarsi e di abusare del suo corpo, oppure non ci sarà più nulla che potremo fare per curarla.”
Era chiaro che sarebbe finita cosi’. La Winehouse e’ svenuta nel suo appartamento ed e’ stata ricoverato alla London Clinic, dove i dottori hanno candidamente aperto le braccia dichiarando che nessuno e’ immortale, e che quando ci si droga di qualsiasi cosa, si beve qualsiasi cosa, si alterna bulimia ad anoressia, e ci autolesiona lasciando ferite a sanguinare giorni e giorni (con annesse infezioni) poco resta da fare e dire. Quella della ferita non e’ una metafora, Amy e’ una cutter, termine utilizzato per indicare quei soggetti che usano tagliuzzarsi il corpo con lamette o vetri. “Solo quando vedo il sangue scorrere mi sento viva“, ed ecco come  una psicotica con disordini affettivi e alimentari viene data in pasto al voyerismo cinico di un pubblico vaccinato dalla Spears e desideroso di nuove morbose immagini di decadimento. Ed Amy ne fornisce a piu’ non posso.

Questi mancamenti sono ancora lo strascico dell’overdose della scorsa estate. È stata fortunata a riprendersi ieri, la prossima volta è probabile che non si rialzi più. E in ogni caso il suo cervello sta subendo danni che potrebbero essere permanenti. Deve stare a riposo per sei mesi almeno e soprattutto lontana dalle tentazioni. È da irresponsabili continuare a metterla sul palco, come stanno facendo quelli del suo team“.

La ragazza informa il mondo a mezzo youtube di essere 24 ore su 24 sotto l’effetto di qualche droga pesante, e il mondo le restituisce l’attenzione che si riserva ad un cadavere in decomposizione sul ciglio della strada.

Auguriamo ad Amy di incappare nel colpo di fortuna di trovarsi circondata da qualche essere umano che la sappia tutelare, anziche’ sbattere su un palco davanti a migliaia di persone, e ci auguriamo di non doverla seppellire coi suoi 5 Grammy, perche’ allora la responsabilita’ sarebbe un briciolo di tutti.

Nota: di R. M.
Amy Winehouse: Sta Morendo, Dicono I Medici

Categorie
News Recensione

News: Angeli e Demoni: La Rivolta Della Curia

News: Angeli e Demoni: La Rivolta Della Curia

Dan Brown ha stravolto il Vangelo per inquinare la fede. Era inaccettabile che ora, in nome del business e in offesa a Dio, i film menzogneri tratti dai suoi romanzi blasfemi trasformassero le chiese in set cinematografici“, stigmatizza il vescovo canonista Velasio De Paolis, ministro vaticano dell’Economia. (ma voi lo sapevate che il Vaticano aveva un Ministro dell’economia?
)

Dunque la questione è la seguente: il Vicariato di Roma ha negato il consenso per le riprese nelle chiese di Santa Maria del Popolo e Santa Maria della Vittoria del nuovo film di Ron Howard, Angeli e demoni. Il kolossal con Tom Hanks di nuovo nei panni di Langdon, tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown, èin lavorazione in questi giorni nella capitale e la diocesi del Papa ha bloccato la richiesta di permessi inoltrata dalla major americana Sony ben un anno fa.”Forniamo spesso le nostre chiese a produzioni che hanno finalità o compatibilità con il sentimento religioso – spiega il portvaoce del Vicariato, don Marco Fibbi -, non quando il film agisce in una linea di fantasia che va a ledere il comune sentimento religioso, come è successo col Codice da Vinci“. Per ovviare alle problematiche liti vaticane (in effetti molto utili in ambito pubblicitario), Hollywood ha ricreato gli ambienti necessari nella Reggia di Caserta, interamente requisita per tre giorni (si girerà, tra l’altro, nella Biblioteca Palatina) mentre il resto delle location  mancanti verranno ricostruite in studio a Los Angeles.

Ricordiamo che l’uscita del film, prevista per la fine del 2008 è stata rimandata di un anno a seguito dei problemi causati dallo sciopero degli sceneggiatori a cui Akira Goldsman (sceneggiatore della pellicola di Howard) aderì, ritardandone la lavorazione. Ma torniamo ai dissidi con la curia; in effetti Santa Maria del Popolo e Santa Maria della Vittoria sono sì edifici di culto, ma di competenza dello Stato (ministero dell’Interno) oltre che della Chiesa. La casa di produzione Usa si è rivolta al ministero ma la diocesi ha bloccato la procedura ponendo il veto. “Nel caso di Angeli e demoni non c’erano neanche i presupposti per chiederci permessi – puntualizza don Fibbi -. Quando gli americani hanno fatto domanda al Viminale, abbiamo dato il nostro parere preventivo“. Evidentemente l’ultima parola ce l’hanno loro. 

Nota: di R. M.
Angeli e Demoni: La Rivolta Della Curia

Categorie
News Recensione

News: WALL-E e Tutti I Nuovi Cartoni Disney

News: WALL-E e Tutti I Nuovi Cartoni Disney

Il prossimo 27 giugno uscirà negli USA il nuovo cartone animato della Disney mentre in Italia bisognerà aspettare il 17 Ottobre. Si tratta di WALL-E (è la sigla di Waste Allocation Load Lifters – Earth class), prodotto da Disney Pixar e diretto dal regista di Alla ricerca di Nemo, Andrew Stanton (Oscar 2004 come miglior film d’animazione).

Il film è ambientato nel 2700 e racconta le vicende di un robot spazzino che si innamora di una robot chiamata EVE (personaggio ispirato a un iPod). Il film è realizzato in 3D e rappresenta una nuova scommessa per la Disney, è infatti privo di dialoghi per la prima mezz’ora. Nella colonna sonora è presente un nuovo brano di Peter Gabriel, Down to Earth.WALL-E è il primo di dieci nuovi film targati Disney che vedranno la luce da qui al 2012. A Natale uscirà Bolt, la storia di un pastore tedesco che ha trascorso tutta la vita sul set di una serie Tv e crede di avere dei superpoteri. Nella versione americana i personaggi sono doppiati da Miley Cyrus, John Travolta e il Ridge di Beautiful, Ron Moss. Tra i progetti che vedranno la luce nel 2009 la storia di un anziano giramondo che perde il figlio e la moglie in Up, e il film natalizio La Principessa e la Rana in cui si torna all’animazione tradizionale. Ambientato a New Orleans, ha per protagonista la principessa Tiana alle prese con una maledizione vodoo. Si tratta del primo cartoon hollywoodiano con una protagonista afroamericana. Nel 2010 ritornano i protagonisti in 3D di Toy Story nel terzo capitolo della saga seguito dal film natalizio basato sulla fiaba dei fratelli Grimm Raperonzolo. Il debutto di Gary Rydstrom dal titolo Newt uscirà nell’estate 2011, mentre a Natale la Pixar porterà nelle sale la fiaba The Bear and the Bow (doppiato da Emma Thompson e Reese Whiterspoon). Nel 2012 tornano i protagonisti di Cars e a Natale King of the Elves, tratto da un racconto del papà di Blade Runner, Philip K. Dick. Il creativo Disney John Lasseter ha inoltre annunciato il lancio ad ottobre del primo dei quattro DVD del progetto Fairies, un cartone dedicato alle bambine con protagoniste le fatine Trilli, Argentea, Daina, Iridessa, Rosetta e le nuove versioni 3D dei primi due film di Toy Story che usciranno nel 2009 e nel 2010.

Nota: di Mario Onnis
WALL-E e Tutti I Nuovi Cartoni Disney

Categorie
Recensione

Le Onde Del Destino

Recensione: Le Onde Del Destino

Magari il mondo si divide in due categorie: Quelli che davanti a Le Onde Del Destino piangono, e quelli che ne restano infastiditi. Io mi ritrovo nella seconda categoria. Ma Von Trier, a quale appartiene?

SCHEDA DVDSCHEDA TECNICA

Che giudizio avra’ di Bess, mistica disforica bipolare, e delle persone che lei rappresenta?
C’è della stima, per lei (in fondo le viene concesso persino di suonare le campane dal Paradiso!), oppure, per dirla alla Elton JohnIt’s a little bit funny – è abbastanza comico”, come canta nel verso d’apertura di Your Song in finale di film?
Non è facile districare la matassa di intenzioni e sottotracce che come al solito si affastellano nei film del Nostro, eppure, stando a quello che ci dice la trama, l’amore vince sempre e su tutto, e benché non ci sia amore senza un po’ di sacrificio, alla fine le campane vorranno suonare per chi si è immolato in suo nome, e festeggieranno il compiuto rito sentimentale che è perfino in grado di restituire la vita. Ma sarebbe la prima volta che un film di Von Trier trova nell’enunciazione della trama la sua soluzione più piena.
Guardiamo attentamente. Distraiamoci dai giochi di prestigio del meledromma e non facciamoci confondere dalle liturgie del genere (il melò appunto) e chiediamoci se questo è amore.Bess (non bastano gli aggettivi a qualificare la prova di Emily Watson) si innamora di un uomo che per ragioni di lavoro parte per mare, ed essendo la giovane vagamente disturbata (o solo incapace di filtrare le sue emozioni, quindi purissima, puro Es che esige e pretende, magari i pazzi   sono gli altri), prega Dio di riportarglielo a casa. Bess (quasi alla maniera di Smeagle), si risponde chiudendo gli occhi e simulando la voce di Dio, un Dio patriarcale e severo, che ha il tono e il frasario degli uomini del villaggio, aguzzini dello spirito, ferrei custodi della moralita’e dell’apparenza.   In questi soliloqui ai limiti dello psicotico Bess mostra di essere lucida e di seguire una logica “causa effetto” che potremmo definire preveggente. O onniscente. In fondo sta pur sempre parlando con Dio, che l’ammonisce della “pericolosita’” dei suoi desideri così assoluti e perentori. Dio (nella persona di Bess… O no?
) redarguisce la ragazza invitandola a prendere coscienza del fatto che i suoi sogni non sono il frutto dell’amore bensì di un egoismo sfrontato e cieco, e conclude le sue dissertazioni con un fermo: “Sei sicura di volerlo davvero?
“- “si“. E siccome quando Dio vuole punirci esaudisce le nostre preghiere Jan, il bramato marito, tornera’ per restare: l’uomo ha subìto un’incidente che lo ha reso paralitico, oltre che con la vita appesa a un filo e a mille interventi chirurgici. Ovviamente il senso di colpa è incalzante e l’esigenza di espiare si fa estenuante: benché si sbracci per essere una persona buona, è stata Bess con il suo egoismo a ridurre il marito in quello stato. L’amore bruciante e totale l’assorbe, e la nostra Bess sara’ sempre più oltre ogni limite disposta a fare di tutto pur di dimostrare a Dio e a Jan che il suo amore è sincero, e in un susseguirsi di gesti votivi e sacrificali, oltre che scaramantici ed espressione del pensiero magico, Bess si sentira’ sempre più “potente”, quasi a sovrapporsi a Dio stesso perché convinta di avere il potere di salvare la vita del marito e non solo: con i suoi sacrifici e le mille preghiere potra’ riportarlo ad una vita normale. La cosa a little bit funny?
è che ci riesce, provando allo spettatore cosa?
Che il sacrificio umano è quello che un Dio e una comunita’ assetata di sangue cerca per esaudire le nostre preghiere?
O che chi infligge sadiche torture all’amato (in questo caso Jan, che assegna a Bess i compiti più barbari “per sentirsi vivo“) ha la meglio e vince, perché è così che va: il più forte vince (vive), il più debole si sacrifica.
Di sicuro assistiamo ad un quadro di religione e religiosita’ malati, incatenanti e deumanizzanti, eppure Bess è umanissima, la più umana e la più devota, a dimostrazione del fatto che le due cose possono coesistere con leggiadria.
Bess è persino la più felice del film, la più sorridente e gaudia (in maniera a volte urticante) perché baciata dalla fiducia che sfida la malattia e le leggi di questo mondo. Nè Bess nè Jan termineranno il film da malati: lei libera di aver avuto fede (e ragione di averlo fatto, visti i risultati), lui guarito, anche per mezzo delle “esecuzioni” di Bess (quindi non aveva torto nell’assegnargli certi compiti; era vero che l’avrebbero tenuto in vita). Ce n’è un po’ per tutti e per nessuno, perché a tutti manca pur sempre qualcosa e la unica, sola creatura umanamente riconoscibile (ed empaticamente condivisibile) è Dodo, la cognata di Bess, quella che le voleva bene col raziocinio e che in ultima istanza si prende la briga di contestare ad alta voce le regole di un villaggio che non riserva funzioni funebri alle “peccatrici”, o non consente alle donne di parlare in Chiesa.
Insomma, nel mondo di chi crede ciecamente crocefiggersi nel corpo e nella dignita’ è un buon modo per amare che può persino (in una specie di magica profezia che si autoavvera) rimettere in piedi gli storpi proprio come Gesù fece con Lazzaro, mentre l’Universo degli infedeli forse non potra’ suonare le campane dal cielo, ma vive, e succhia la vita agli altri.
Se questo è amore.

Nota: di Roberta Monno
Le Onde Del Destino