Tutti contro tutti

Con la quinta puntata di otto, il serale di X Factor fa il giro di boa e veleggia puntando dritto alla finale. Dopo tanto tempo (e tanta sordità) disperso nell’aria come coriandoli si va finalmente al sodo, e i graziati dalle scorse eliminazioni cadono come frutti maturi, ormai pronti alla dipartita.

Non c’è più tempo da perdere né fiato da sprecare. Si è molto parlato dei picchi d’ascolto, della spettacolarizzazione dal respiro international della trasmissione, degli ospiti mangia-classifiche provenienti dall’estero che però in Italia sono sconosciuti. Da qui altro parlare della macchina da guerra del mercato discografico che regola le scelte della trasmissione, che crea nuovi fenomeni pop, altro che televisione libera, macché: se fischietti “Nella vecchia fattoria” in puntata e il giorno dopo è prima su iTunes. Da qui parte tutto e qui tutto finisce. E poi le scenografie di Tommassini (o Tommasini, come tutti continuano a chiamarlo), la sclerosi di Morgan, i voti dalle app-social-telefoni-telecomandi, l’italiano strano di Mika, tutto per fare colore, per fare televisione. Tutto questo è X Factor quando in fondo solo di musica e di talento si dovrebbe parlare. E allora proviamoci, a mettere “a fuoco” come piace tanto dire ai giudici di quest’anno, che meno ci riescono e più insistono a dirlo.

Andrea, il primo ad esibirsi, interpreta Do It Again degli Steely Dan e tenta addirittura di ballare. Risultato: buona performance vocale, buono l’arrangiamento costruito sui suoni che il giovane sapientemente produce con la sola forza della barba (Elio aveva suggerito la scorsa puntata un simile intervento sulle basi e Morgan, ormai apparentemente privo di fantasia, ha eseguito diligentemente), terribile presenza scenica che – con tutto l’impegno – non è proprio cosa sua, e nel complesso una noia mortale.
È il turno di Aba. Aba l’antipaticona, la “bella che non balla”, la raccomandata amante del marketing e della musica a turni alterni, la perfettina che non si sporca. Le hanno detto di tutto, ma la verità è che Aba sta descrivendo una parabola ascendente straordinaria: rigida e anaffettiva al principio, tutta grida disumane e stecche sulle note alte, sta imparando ora a rilassarsi, a comunicare, mantenendo altissimo il livello vocale. L’ottimo esito della scorsa settimana si riconferma in questa esibizione, una Rolling in the deep nella quale certamente non ha tenuto testa al micidiale impatto emotivo di cui Adele è capace, ma in cui ha dato una bella prova di sé e del suo talento. Forse questo nobile precedente non ha agevolato la povera Valentina, che già di suo ha dimostrato, durante questo mese di esibizioni, di non essere affatto matura per il palco di X Factor. Nonostante la amino in molti, tecnicamente le sue performance sono state in assoluto le più deboli vocalmente: intonazione non ti conosco, fiato meno che mai. Elogiata per la sua presenza scenica e per le arti coreutiche in cui si cimenta spesso con buoni risultati, Valentina ha davvero quei «problemini d’intonazione» che Morgan le ha evidenziato, e a poco valgono le folli disquisizioni su quale lingua sia adatta alla sua voce: la nota è la nota, e suona uguale in tutti i paesi del mondo. O la prendi o non la prendi. La sua versione di Dove sei di Neffa è avvilente a dir poco, perché di sicuro lei è la prima a non esserne convinta. Non si può dire lo stesso per gli Ape Escape che, nonostante gli insulti un po’ scherzosi un po’ no subiti durante le prime puntate, hanno continuato con orgoglio a portare sul palco la loro bruttezza, la loro età, le ciabatte ma soprattutto il loro talento musicale. Sono il gruppo intoccabile, mai sfiorato dalla minaccia dell’eliminazione, energici, simpatici, intonati e istrionici. Tutti li amano, non c’è che dire. Ci si può domandare, al limite, se il loro futuro discografico non sia da rintracciare nel passato di vent’anni fa (gli anni Novanta sono il loro abito, e però lo indossano con originalità), ma per ora la questione non sembra preoccupare i giudici né il pubblico. Anche stavolta, con la loro versione di Going under degli Evanescence strappano a tutti applausi sentiti e tanti complimenti.
Non si smentisce neanche Violetta, che intona senza errori e con piglio spontaneo Royals di Lorde. La giovanissima concorrente, data come possibile finalista (insieme a Michele) sin dalle audizioni, è osannata come luce della musica e talento impareggiabile, ma la verità di chi scrive è che le manca qualcosa. Non è chiaro se in termini di carisma, di maturità personale o artistica, di identità. Fatto sta che la tanto vituperata “perfettinagine” di cui hanno sempre accusato Aba è forse più calzante su Violetta, senza volere con questo sminuire le sue doti senz’altro notevolissime, manifestate con continuità dai casting fino ad oggi. Mentre ci si perde in tanta elucubrazione, Fabio prende posto sul palco e si guadagna l’ennesima partecipazione al ballottaggio: la sua personale versione di Nuntereggae più innervosisce i giudici e annoia al di qua dello schermo, confermando che se da un lato Fabio ha una chiara collocazione discografica (identificabile con il cantautorato in italiano, possibilmente calato in situazione di teatro-musica) dall’altro nessuno (o quantomeno la maggioranza del pubblico) smania per vederla realizzata, quella collocazione. Lo scarto tra la sua esibizione e la credibilità di Michele, che gli succede sul palco, è incommensurabile: la sua Mad World è semplicemente perfetta, un’interpretazione superba e sentita, che arriva all’orecchio di chi ascolta come un balsamo, una cura al folle mondo che sta cantando. Nel caso di Michele non si può certo parlare di merito o di lavoro duro per raggiungere un obiettivo: Michele è tecnicamente già arrivato, grazie al dono di un timbro vocale inimitabile che pare far tutto da sé. La sua capacità di entrare nella canzone, di «abitarla» per citare Morgan, è però frutto dell’intelligenza e della sensibilità di cui è dotato, di un lavoro meticoloso a cui palesemente si dedica con costanza, ottenendo risultati eccelsi. La controversa Gaia chiude la serata: ritrovata finalmente a se stessa, recuperata la sua vena punk, sovversiva, seppur nei panni di una fatina sotto allucinogeni, si scatena con I Wish I Was A Punk Rocker e dimostra di sapere esattamente cosa sta facendo, e soprattutto dicendo. La tonalità del pezzo le rema senz’altro contro: il suo illuminato giudice avrebbe potuto alzarla per far esplodere tutto il potenziale vocale della sua stella, ma la verità è che Mika, con tutta la buona volontà, non ne ha azzeccata una con Gaia, un diamante grezzo che non andava lucidato e messo in commercio, ma custodito per quello che era. La Gaia dei casting è sparita nel nulla, sommersa da tentativi disconnessi di renderla pop-rock snaturando completamente il suo bel talento. Forse per questo è lei la terza a finire in ballottaggio, insieme a Fabio e Valentina, eliminazioni annunciate (e compiute). Forse Andrea più di lei avrebbe meritato quel posto, ma la percezione esterna è che il percorso più incerto sia il suo, e non quello dell’orso che non morde.
Follie dello schermo, follie dei giudici, del pubblico. Follie di tutti contro tutti che creano un ingranaggio letale, in cui il talento è strizzato, stritolato e restituito a brandelli, per essere poi disperso nei meandri scintillanti del “futuro discografico”.

Lo spettacolo è andato in onda:
Sky 1HD
giovedì 21 novembre, ore 21.10

X Factor 7
Il serale (V)
con Alessandro Cattelan, Elio, Simona Ventura, Mika, Morgan