Il sangue e il denaro

Ritmo avvincete, una regia solida e sicura, buone interpretazioni, una trama basata su d’un fatto di cronaca tuttora avvolto dal mistero: quando il mestiere e i mezzi costituiscono gli elementi essenziali a costruire un film d’intrattenimento che svolge impeccabilmente il suo compito.

Nel 1973, a Roma, banditi mascherati rapiscono il nipote del magnate americano John Paul Getty, l’uomo più facoltoso del mondo, grazie alle sue aziende petrolifere che gli hanno consentito di accumulare ingenti fortune. Novello Scrooge, Getty senior non brilla certo per munificenza e il rapimento, con tanto di minaccia di morte, del giovane erede, non pare un motivo sufficiente a pagare l’ingente riscatto, depauperando così parte del suo ingente patrimonio. La madre del giovane Paul ed ex nuora di Getty, la battagliera Gail, antepone invece la salvezza del figlio alle ricchezze  del suocero ed intraprende un viaggio verso Roma in compagnia di Fletcher Chace, uomo di fiducia di Getty da lui inviato in Italia a curare i suoi interessi. I due, per quanto mossi da interessi opposti, dovranno giocoforza unire collaborare per ritrovare Paul e possibilmente vivo.

Sarà per il volto severo o i lineamenti pronunciati, oppure per la recitazione sobria e misurata, asciutta sin alla freddezza, ma Christopher Plummer si trova spesso ad interpretare il ruolo di villain (si pensi all’avvocato maldisposto verso Dolores Claiborne nell’Ultima eclissi di Taylor Hackford, tratto dal romanzo di Stephen King, che faceva di tutto per accusarla d’omicidio): personaggi antipatici, ostili verso i protagonisti (che invece ovviamente sono buoni), quasi compiaciuti della propria rigidità che rasenta la pura cattiveria. Non si distanzia dal tipo sopra tratteggiato quest’ultimo ruolo, quello del vecchio e ricchissimo petroliere indisponibile a privarsi di una parte della sua cospicua fortuna per salvare il nipote- a rischio d’attirarsi il disprezzo della figlia che lo considera, non a torto, arido e privo di sentimenti, prigioniero della sua avidità e cupidigia. Se il film può contare sull’interpretazione di Plummer, perfetto e quantomai adatto alla parte, il resto, scene d’azione e ricostruzione d’epoca ed ambientale comprese, appaiono invece ben più convenzionali; certo, il film è avvincente e sa conquistarsi l’attenzione dello spettatore per le oltre due ore di durata, senza tuttavia risultare mai memorabile o divenire qualcosa in più di un’opera d’intrattenimento, capace di coinvolgere ma anche facile a lasciarsi dimenticare subito dopo la visione. Non mancano comunque, visti il mestiere e l’esperienza del regista, sequenze particolarmente ben congegnate come quella d’apertura, ambientata nel 1973 in una strada romana, dove il giovane e svagato Paul viene rapito da una banda d’incappucciati e caricato nel retro di un furgone. Il regista non si fa mancare nemmeno riferimenti, più o meno evidenti, a classici della settima arte come Quarto potere (Citizen Kane, 1941) di Orson Welles, nella raffigurazione del vecchio Getty solo nelle immense stanze della sua villa come Kane nei mastodontici ambienti del castello di Xanadu, la reggia e insieme la prigione dove si era recluso. Il pubblico nostrano, poi, o almeno quella sua parte che ha avuto notizia di come si svolse il rapimento dell’erede di Getty, non si sconvolgerà più di tanto davanti alla scena dell’amputazione dell’orecchio di Paul da parte dei sequestratori; macabra prova che il ragazzo fosse ancora in vita, ma anche invito (chiamiamolo così) ad inviare al più presto la somma pattuita per la sua liberazione, pena la morte dell’ostaggio. Si tratta di una scena il cui unico scopo è quello, abbastanza evidente, di épater le bourgeois, mostrando particolari raccapriccianti al fine di colpire la sensibilità dello spettatore: una scena ad effetto che, se non la si attende, non manca di ottenere il risultato voluto. Per quanto concerne il sistema dei personaggi, il film imposta una netta antitesi fra la madre di Paul, Gail, disposta a qualunque sacrificio pur di salvare la vita al figlio; e Getty senior, sostanzialmente indifferente alla sorte del nipote (uno dei tanti, per lui), il quale preferisce acquistare un costoso dipinto rinascimentale che pagare il riscatto per liberare il suo erede. L’una antepone le ragioni del sangue e dei legami familiari, l’altro quelle schiettamente ed esclusivamente economiche. Si tratta di una scelta narrativa senza dubbio manichea, dove il male e il bene sono rappresentati da personaggi monolitici che non mutano posizione lungo l’interno svolgimento narrativo e soffrono perciò di una certa prevedibilità. Tuttavia, il film offre senz’altro molti momenti godibili e coinvolgenti, come ci si attende da un regista esperto come Scott, col pregio di poter contare sull’interpretazione di un attore di classe come Plummer, qui in ruolo, quello del cattivo, che gli riesce particolarmente congeniale.

Titolo originale: All the money in the world
Regia: Ridley Scott
Soggetto e sceneggiatura: David Scarpa, dal libro di John Pearson
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: Claire Simpson
Musica: Daniel Pemberton
Scenografia: Arthur Max
Costumi: Janty Yates
Interpreti: Christopher Plummer, Michelle Williams, Mark Wahlberg, Romain Duris, Timothy Hutton, Stacy Martin, Charlie Plummer, Charlie Shotwell, Andrew Buchan, Marco Leonardi, Giuseppe Bonifati
Prodotto da Chris Clark, Quentin Curtis, Dan Friedkin, Mark Huffman, Ridley Scott, Bradley Thomas, Kevin J. Walsh
Genere: drammatico, poliziesco
Durata: 132 minuti
Origine: Stati Uniti
Anno: 2017