Il caso Gary Hart: un vuoto di eroi e un pieno di cattivi esempi

The Front Runner porta sullo schermo la vicenda del senatore Hart, interrogandosi sul delicato confine tra vita privata e dimensioni pubblica.

Un uomo politico deve essere irreprensibile anche all’interno della sfera privata? E dove si trova il confine tra personalità pubblica e individuo? Il tema è delicato e contemporaneo (e noi italiani ne sappiamo qualcosa), ma non nuovo.

È il 1988 e la campagna politica per le elezioni presidenziali americane che sanciranno il successore di Ronald Reagan è in pieno fermento. Sul fronte democratico, il favorito è Gary Hart (Hugh Jackman), brillante senatore con convincenti idee circa la questione mediorientale e l’introduzione dell’informatica nelle scuole, e perfino capace di catturare l’elettorato giovane.

Eppure, mentre la corsa verso la Casa Bianca sembra spianata, Hart finisce al centro di un caso giornalistico quando si diffonde la notizia di una sua relazione extraconiugale con la modella Donna Rice, che ne compromette l’immagine e l’integrità etica e morale che si era costruito negli anni. Nonostante gli strenui tentativi attuati dal politico per preservare la sua sfera privata, la polemica monta a tal punto da rendere ingestibile la pressione e da minare la sua tranquillità famigliare, tanto da convincerlo ad abbandonare la campagna politica, spianando la strada al repubblicano George Bush.

Il regista Jason Reitman (Juno, Tra le nuvole) confeziona una buona pellicola che, facendo un paragone elettorale, “sta al centro” ed evita di schierarsi: dal punto di vista stilistico sta in equilibrio tra il thriller politico e il cinema d’inchiesta giornalistica – esaltati da un’illuminazione che rimanda al passato, da una colonna sonora che detta il ritmo, sebbene solo a tratti, e da una sceneggiatura molto densa di dialoghi, almeno nella prima parte; dal punto di vista tematico, non si addentra mai nell’analisi politica e sentimentale dei protagonisti e di Hart in particolare. E proprio questo è l’aspetto più curioso del film: la mancanza di una ricerca introspettiva del personaggio del senatore il quale, conseguentemente, risulta piuttosto inaccessibile da parte dello spettatore.

Di Gary Hart (ottimamente interpretato da un impenetrabile Hugh Jackman), non si approfondisce né la dimensione politica – che viene solamente sfiorata – né la sfera privata, di cui effettivamente non viene data alcuna spiegazione, come d’altronde lui stesso pretendeva e sebbene, forse, non ce ne sia nemmeno bisogno. Solamente nell’incontro con la moglie si ha la sensazione di accedere al suo ambito famigliare, e la scena è ricca di sentimenti e assai dolorosa.

Ma il punto è un altro. Se è vero che il regista non si sofferma né sulla sfera privata né su quella politica, è perché l’una o l’altra non sono tanto interessanti quanto il rapporto tra di esse, e in particolare di quanto della prima debba affiorare nella seconda, influenzandola. Ma ancora di più, la denuncia di The Front Runner è indirizzata verso il sistema giornalistico, per il quale il caso Hart segnò una vera e propria svolta che tutt’oggi ci coinvolge. Si è trattato, infatti, del primo grande esempio di giornalismo politico d’assalto condotto da reporter pronti a “nascondersi dietro le siepi” (come afferma il senatore) per scoprire elementi compromettenti della vita privata dei politici, segnandone le carriere.

Un tema fondamentale del film è dunque l’ingerenza dei giornali e dei media nella sfera più intima degli individui, e il grande interrogativo conseguente è fino a che punto essa possa – o debba – spingersi in ambito politico per tutelare da una parte il singolo, dall’altra l’intera collettività. La questione si lega indissolubilmente con un secondo grande argomento che viene menzionato – e non a caso – a inizio film: l’etica. È un concetto fondamentale, eppure sembra assente in gran parte dei personaggi: non la dimostrano certo i giornalisti, che appaiono insensibili e meschini; ma non la dimostra neppure lo stesso Gary Hart, che la professa in campagna elettorale ma non la persegue all’interno delle mura domestiche.

The Front Runner, nonostante i toni moderati e un coinvolgimento modesto, appare spietato: non attacca nessun individuo personalmente, ma allo stesso modo non salva nessuno. Non stimola alcun tipo di vicinanza o comprensione verso alcun comportamento, dando l’impressione di una dimensione contemporanea senza eroi o, quantomeno, senza buoni esempi.

E basterebbe poco, in realtà. Un po’ di correttezza e un briciolo di etica, che in fondo dovrebbero essere presenti in un individuo indistintamente – quelle sì – sia nella sfera pubblica che privata.

Titolo: The Front Runner – Il vizio del potere
Regista: Jason Reitman
Sceneggiatura: Matt Bai, Jay Carson, Jason Reitman
Attori principali: Hugh Jackman, Vera Farmiga, J.K. Simmons, Alfred Molina, Sara Paxton
Fotografia: Eric Steelberg
Scenografia: Steve Saklad
Montaggio: Stefan Grube
Musiche: Rob Simonsen
Costumi: Danny Glicker
Produzione: BRON Studios, Right of Way Films
Distribuzione: Warner Bros
Genere: biografico, drammatico
Durata: 113′
Uscita nelle sale italiane: 21 febbraio 2019