La solita, strana, coppia

Il roboante Jackie Chan torna alla carica affiancato da un nuovo partner investigativo americano, ma le sue avventure hanno il fiato corto di una produzione che soffre di carenza di idee e genera un senso di intenso deja-vu. Le coreografie acrobatiche e un umorismo a tratti troppo grossolano non compensano la banalità del prodotto. 

Bennie Chan non si è più ripreso dalla morte di un collega detective durante le indagini sulla vera identità del famigerato Matador, inafferrabile criminale che controlla tutta la mafia di Hong Kong. La sua ossessione per il caso lo porta a isolarsi da tutto e nove anni più tardi, dopo l’ennesimo buco nell’acqua investigativo, viene messo a riposo.
Connor Watts è un furfantello statunitense con la predilezione per il gioco d’azzardo e le belle ragazze. Durante una serata al casinò di Macau è testimone di un omicidio ed entra in involontario possesso di quella che potrebbe rivelarsi una prova schiacciante per incastrare il Matador. Bennie quindi, informato per vie ufficiose, lo rintraccia in Russia e intraprende in sua forzata compagnia un viaggio che attraverserà Siberia, Mongolia e Cina per concludersi a Hong Kong.

Sebbene abbia superato il traguardo sei sessant’anni, Chan Kong-Sang (noto in tutto il mondo col nome d’arte di Jackie Chan) non ha alcuna intenzione di fermarsi a riprendere fiato. Il suo faccione di gomma e la tipica espressione da cane bastonato sono entrati nella leggenda quasi quanto le sue acrobatiche coreografie, ma da qualche anno a questa parte le pellicole che lo vedono protagonista hanno il respiro molto affannato. Non solo per la persistente sensazione di deja-vu che accompagna l’eroe nel suo incredibile e mirabolante viaggio attraverso mezzo mondo (il reiterato dualismo tra il rigoroso agente cinese e la strabordante personalità del furfante americano dal cuore d’oro, riferimenti culturali grossolani e stereotipati, una sequela di colpi di scena telefonati), quanto per la sostanziale mancanza di ritmo che accompagna l’andamento oscillatorio della pellicola tra azione,  umorismo (presente ma meno incisivo del solito) e della superficiale introspezione.
L’alchimia tra i due protagonisti scatta ma non deflagra e il pur esperto Renny Harlin non riesce a donare nuova vita alle acrobazie e ai personaggi, limitandosi a una regia priva di sbavature ma troppo piatta per una commedia frizzante dall’azione potenzialmente esplosiva.
Skiptrace vorrebbe meravigliare con gli scorci mozzafiato della profonda steppa mongola e la verdeggiante foresta tropicale della Cina Continentale, ma la faciloneria con la quale affronta la vita rurale del popolo dei discendenti di Gengis Khan e le millenarie tradizioni cinesi, così come gli ingombranti luoghi comuni che tratteggia con grossolano compiacimento, rimangono indigesti e fini a sé stessi nell’economia di un film che, prima di tutto, fallisce nel divertire come potrebbe.
Se d’altronde le scene tagliate e gli errori sul set, che ormai tradizionalmente accompagnano i titoli di coda nelle produzioni targate Jackie Chan, risultano più divertenti di buona parte degli sketch della pellicola, non può essere un caso.

Titolo originale: Skiptrace
Nazionalità: Hong Kong, Cina, Stati Uniti
Anno: 2016
Genere: Commedia, Azione
Durata: 120′
Regia
: Renny Harlin
Cast: Jackie Chan, , Jhonny Knoxville, Bingbing Fan, Eric Tsang, Michael Wong, Eve Torres
Sceneggiatura: Jay Longino, Ben David Grabinski
Produzione: Jackie Chan, Charlie Coker, Damien Saccani, Cider Mill Pictures, Dasym Entertaiment, JC Group International
Distribuzione: Notorius Pictures
Fotografia: Chan Kwok Hung

Nelle sale italiane dal 28 Luglio 2016