unamogliebellissimaUno stanco e abbacchiato Pieraccioni ingaggia un (momentaneamente) assente Giovanni Veronesi per confezionare il piu’ scalcinato prodotto della sua (pur dignitosa) carriera.

Una Moglie Bellissima ha come unica novita’ rispetto al cliche’ (a dire il vero questa volta un po’ piu’ decadente) della costellazione di personaggi pieraccioniani (in cui ritroviamo un Ceccherini assoldato sempre piu’ per amicizia, che si attesta inutile e sporadica macchiolina di fondo che si agita nel turpiloquio), l’avere come bellona di turno non una donna di origini ispaniche, bensi’ una toscanaccia doc, che per il bene delle cronache (e del botteghino) e’ quasi riuscita ad impalmare lo scapolone fiorentino, attirando orde di curiosi sulla “fenomenale” “ex concorrente del Grande Fratello che si sposa Pieraccioni “.

Lui e lei, “carciofari” (leggasi fruttivendoli), appassionati del loro lavoro (che lei svolge praticamente in reggiseno), innamoratissimi, soccombono di fronte ad una “proposta che non si puo’ rifiutare”: un calendario, tanti soldi, una settimana alle Seychelles (prima morale squallida: va bene l’amore, ma di fronte a un assegno si risponde “obbedisco!”).

Ovviamente la carciofara finira’ attratta dal bel mondo e dal bel fotografo, Garbriel Garko, abbandonando dunque senza tanti convenevoli il suo Mariano e il banchetto di frutta, al quale pero’ si ricongiungera’ a seguito delle corna ricevute dal fotografo (chi la fa…), e di un incidente d’auto che la rendera’ claudicante (seconda morale impropria: il figliol prodigo torna all’ovile nel momento del bisogno, ma va bene uguale e siamo tutti -cornuti- e contenti).

Si batte la fiacca dunque, e il delicato, tenero e (a tratti) romantico cinema di Pieraccioni si eclissa ad appannaggio di un operetta stolida, floscia, mal fatta per forma e contenuto, elogio del trito e ritrito luogo comune che ha il suo apice (nel senso che tocca il fondo) nelle sequenze del “bar dello sport alle Seychelles”, in cui Mariano si diletta in un afflitto teatrino in cui spiega all'”uomo nero” come funzionano le cose in Italia (indulto, condono, Ici, tassa di successione) con conseguente risata gradassa generale sullo schermo e abbattimento di chi guarda.

Unico spunto (che poteva essere) simpatico: il leit motiv di Grease con un Guccini che si presta alla causa interprentando l’esigente regista che dirige la scalcinata compagnia amatoriale di cui fa parte Mariano, e che vede un ripetitivo Rocco Papaleo nei panni di un “parruccato” John Travolta, “Ho passato tutta la vita con un topo morto in testa”, e’ la sua miglior battuta. Sprecato anche il magnetismo di Toni Sperandeo, che pure da’ il “la” alla scena (forse) piu’ strutturata di tutto il film: la virata “musical” nella chiesa in cui si canta “Sandy” al posto di un cantico tradizionale, e che viene afficacemente arrangiata a mo’ di gospel con due presenti Ceccherini e Papaleo .

Ma e’ poca cosa rispetto allo scoramento generale, che vede nella chiosa affrettata e poco articolata una fine coerente con la pochezza che ammanta (e ammazza) tutto il film.
Incredibile, ma fu un successo comunque.

Una Moglie Bellissima: una Torrisi bellissima davvero per un film deludente.

La Frase: “Una bottarella d’assenza?” Leonardo Pieraccioni, Una Moglie Bellissima

Voto: 4