L’aereo di carta

Gli ex-lavoratori di Alitalia producono un film coraggioso, diverso, importante: necessario.

Tutti giù per aria, di Francesco Cordio, è un lungometraggio documentario composto da filmati amatoriali di varia provenienza spazio/temporale e tenuti insieme da un elegante filo diegetico, dedicato alla vicenda esemplare di un assistente di volo cassaintegrato (che riceve corpo dall’interpretazione di Fernando Cormick e voce dal doppiaggio off di Roberto Pedicini) della “vecchia” Alitalia (quella pre-CAI).

Il materiale amatoriale di cui sopra è stato recuperato dall’enorme quantità sviluppata dagli ex-lavoratori di Alitalia tra settembre 2008 e novembre 2009: testimonianze di presidi, picchetti, manifestazioni, confessioni, considerazioni di moltissimi tra uomini e donne che si sono visti sfilare dalle mani, nella (s)vendita dell’azienda, una parte importante della vita quale il lavoro e, soprattutto, la dignità che ne caratterizzava lo svolgimento e quest’aspetto, in particolare, a causa della macchina mediatica, la quale li ha abbondantemente infangati e dipinti come privilegiati lamentosi. Una macchina diffamatoria e distorcente, azionata dall’alto – guarda caso lo stesso alto che, oltretutto, in maniera poco trasparente stava decretando la definitiva fine della compagnia aerea di bandiera. Una macchina alla quale questi uomini si sono opposti in blocco da subito, autoproducendo, fra le varie cose, anche questo film. Al fianco di queste insieme di riprese, a comporre e completare il variegato mosaico del film di Cordio ci sono anche degli spezzoni televisivi – diciamo pure d’archivio – e delle videointerviste a deputati e ministri e personalità varie, interrogati in vari contesti sulla vicenda Alitalia, realizzate e offerte da Alessandro Tartaglia Polcini, cassaintegrato che ha il merito e l’onore di aver avuto per primo l’idea di filmare queste vicende, con la testa rivolta a un possibile documentario. Possibilità che è poi divenuta felice realtà.

A fare da filo rosso a tutto questo ensamble è però la vicenda finzionale, che è un vero e proprio collante, una matrice poetica di quello che, altrimenti, avrebbe il solo volto (ovviamente più che dignitoso dal punto di vista dei contenuti) dell’operazione d’inchiesta. Questa della parentesi finzionale non è un’accortezza da poco poiché, sebbene il fulcro dell’opera sia senz’altro rappresentato dalla variegata miscela dei materiali offerti, tale miscela è per sua natura diacronica e, soprattutto, esteticamente eterogenea, poiché creata utilizzando parti registrate su supporti e con mezzi differenti. Proprio questa sua differenziazione interna rischierebbe, se non ci fosse la vicenda narrativa, di rendere l’inchiesta inefficace o, quanto meno, assai faticosa nella fruizione. Precisiamo che, essendo questo tipo di film normalmente definiti “di montaggio”, questa nostra notazione non è un’implicita critica al montaggio, il quale è assolutamente bene eseguito, con criterio e rigore: ma esso non può ovviamente che dipendere dalla qualità e dal formato dei materiali con cui lavora e la selezione di questi è stata logicamente fatta mettendo l’accento sui contenuti, sulla sostanza prima ancora che sull’aspetto o sulla loro coerenza formale. Se fosse privo della vicenda finzionale (e del sipario finale a opera di Ascanio Celestini, che però, vista la collocazione in calce, è una storia in qualche modo a sé), Tutti giù per aria rischierebbe di non avere la forza che effettivamente, al suo stato attuale, ha. Questo perché l’eterogeneità interna che lo compone e lo caratterizza è un qualcosa che ci è ormai sempre più estraneo, almeno quando accompagna argomenti importanti come per esempio il sociale, il mondo del lavoro, la democrazia e la dignità morale. Infatti, questi sono argomenti che possono contenere virtualmente tutto, all’interno di una loro ipotetica trattazione: tutto tranne che l’eterogeneità. Che essa sia di forma, dunque estetica, o che sia di contenuti, la versione che viene data di essi – e questo accade soprattutto in ambito televisivo – dovendo generalmente perseguire un fine che è quello della facilità di ricezione e quindi della (triste) massificazione, è sostanzialmente una versione univoca. L’eterogeneità, la diversità, il “fuori dal coro” non paga come soluzione su tutti i livelli se l’opera deve essere facilmente accessibile e, non di meno, convincente. Questo non tanto perché detta diversità possa essere portatrice di qualcosa di “scomodo”, ma in prima istanza proprio perché rende la fruizione più ostica da eseguire: da qui la creazione di una soluzione estetica, che contraddistingue molte delle opere contemporanee – delle modalità di ripresa e di comunicazione (finanche ai pseudo-contraddittori televisivi, schematicamente rigorosi nei tempi, nei toni, nei ritmi). Cordio, quindi, equipaggia saggiamente Tutti giù per aria di un apparato di supporto e di sostegno – ma senza renderlo dominante sul resto – e nel farlo dimostra precisione, competenza registica, oltre a un certo (buon) gusto: e, non di meno, salva l’esito finale del film, nobilitando la causa degli ex-lavoratori di Alitalia senza snaturarne lo spirito. Certo, senza la finzione, questo sarebbe stato un film assolutamente più radicale, ma chissà se l’effetto sarebbe stato quello di una maggiore consapevolezza della vicenda. Il costo del compromesso, dello scendere, seppur poco e con grazia, a patti col modello, è affrontabile se poi è in gioco il bisogno di dire qualcosa di diverso e di tenuto nascosto, qualcosa che non si era mai sentito. Qualcosa che potrebbe rendere questa vicenda veramente un potenziale patrimonio nazionale, un racconto di fatti e persone che, nel tempo, potrebbe rivelarsi sempre più premonitore.

Premonitore perché il caso di Alitalia, con tutte le sue sfumature di dis-umanizzazione, è stato un triste precedente di alte vicende successive, le quali hanno colpito il mondo del lavoro delle grandi aziende italiane: e, non a caso, è interessante notare come, per queste situazioni, il ritratto mediatico sia sempre stato caratterizzato da tutto tranne che, come accennato prima, da eterogeneità. Per questo motivo, per renderci consapevoli e coscienti (cosa che noi italiani non siamo storicamente mai) e per renderci meno pigri dinanzi al possibile e per aprirci mente e occhi, film come quello di Cordio e degli ex-lavoratori di Alitalia, film che sono piccole grandi opere di rottura disciolte in soluzioni più che godibili, sono non solo ben accetti e importanti: sono soprattutto necessari. Non si può, non si deve volere e non si deve accettare di non sapere e opere come Tutti giù per aria esistono (anche) per ricordarci questo.

Titolo: Tutti giù per aria – L’aereo di carta
Regia: Francesco Cordio
Attori principali: Fernando Cormick, Dario Fo, Ascanio Celestini, Marco Travaglio
Paese: Italy
Anno: 2009
Durata: 65 min
Produzione: Associazione Culturale “Cogito…”
Genere: Docufiction, Sociale
Soggetto e sceneggiatura: Guido Gazzoli e Francesco Staccioli
Montaggio: Francesco Biscuso
Musica: Luca Bussoletti, Riccardo Corso

Uscita nel circuito di DISTRIBUZIONE INDIPENDENTE: 6 gennaio 2012
Uscita sulla piattaforma OWN AIR: 12 gennaio 2012