Vorremmo non dover sospettare che il trionfo del contemporaneo cinema italiano sia solo un fuoco fatuo, un’iperbole di complimenti che la storia girera’ al rovescio, destrutturandone le prerogative e restituendoci l’llusione della qualita’ di un genere (melo‘ sui trenta quarantenni borghesi) e di una scuola (Ozpetek, Muccino, Veronesi).

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Non sara’ che il cinema italiano contemporaneo e’ solo un furbo millantatore di vanita’ televisive, un dissimulatore del tubo catodico, un debito pagato alla tv attraverso la “calmierazione” del pubblico, che premia al botteghino i Nostri autori, pescatori di suggestioni e ritmi da fiction?
Non sara’ che fra qualche anno un Tarantino all’incontrario decretera’ la fine della vanagloria, ridimensionando il decennio d’oro che stiamo vivendo? Non so, e spero di no.

Apprezzo Muccino e quasi amo Ozpetek, eppure dopo aver visto (per ben 2 volte prima di scriverne) questo acclamato capolavoro, mi interrogo sulle competenze di chi acclama. E di chi guarda, narcotizzato dalle soap e dai reality, chissa’ cos’e’ che ritiene sia arte, o cinema?

Saturno Contro e’ un dramma corale che mantiene gli stilemi del cinema Ozpetekiano e della cinematografia italico gay tout court: Carmen Consoli in sottofondo, Serra Yilmaz, Accorsi, la Buy cornuta, il rosso vitale di una camera da letto dissoluta, la tavola e il cibo come conviviali collanti di aggregazione, Favino nel ruolo omosex villoso e maschio (Da Zero A Dieci).

L’opera celebra la dimensione dell’attesa e il senso di impotenza che si cura con la presenza, riconoscibile da chi avra’ sperimentato cosa vuol dire trascorrere ore inutili nella corsia di un ospedale, dilatando tempo e speranze, silenziosamente convinti che lo stare li’ serva a qualcosa, mortificati dalla consapevolezza che non e’ cosi’.
Lorenzo (l’eccessivamente acclamato Argentero) entra in coma e al suo capezzale si riuniscono, fino alla fine, i suoi amici di una vita insieme alla famiglia paterna, dove spicca una briosa e decisamente sottoimpiegata Lunetta Savino.

L’epilogo della vita di Lorenzo non e’ tuttavia il vero (o riuscito) epicentro del racconto, che si snoda (o sarebbe meglio dire si sbriciola?) in tante sottotracce (e sottomorali) quanti sono i personaggi della vicenda, che cinque minuti a testa saranno protagonisti in modo da delineare per un istante tutti, ma incisivamente nessuno.

Si ripetono e si ingorgano i soliti temi(ni) dell’odierno cinema peninsulare: tradimenti, borghesia sconfitta, matrimoni falliti e tomba della sincerita’, amori gay mitizzati come ultimo baluardo del romanticismo, dipendenza evasiva (che sia fare a maglia o drogarsi), accettazione che fa rima con condivisione e partecipazione. Tutto e’ tanto, e tutto e’ per troppo poco. Il coro polifonico si strozza crollando in testa allo spettatore come coriandoli di voci sommarie e parziali.

Da ricordare c’e’ il tango- piano sequenza- d’amore fra Accorsi e la Ferrari, che camminano, si inseguono e affrontano l’asfalto che li separa dal piacere con fretta indecente, mentre punte di emozione autentica giungono dritte al cuore dagli occhi di chi recita, Favino e Angiolini su tutti.

Non e’ dunque, solo una telecamera che spia il decorso dell’elaborazione del lutto e della perdita piu’ in generale, Saturno Contro vorrebbe essere molto di piu’, ma questa volta Ozpetek si e’ accontentato. Ha riposato sugli allori di una sceneggiatura vivacchiante, qualche caratterizzazione interessante (Roberta) e un contributo di attori da urlo, stavolta male orchestrati, ripresi da una macchina da presa che indugia fuori luogo sui volti, sulle camminate, sulle situazioni dettagliandole oltre misura.

Di sicuro c’e’ che se Ozpetek non si inventa un “mondo” diverso da raccontare continueremo a vedere il fantasma de “Le Fate Ignoranti” illanguidire su se stesso, in un turbinoso girargli attorno, sopra e sotto, finche’ non sara’ stato vampirizzato del tutto, finche’ l’immaginazione del regista non avra’ saturato le immagini di cene e feste fra amici eterogenei che mangiano polpette a casa del piu’ amato, con la musica piu’ “indigenamente” italica di sottofondo, a decoro di un affresco che abbiamo gia’ adorato.
Avanti il prossimo film, please.

Saturno Contro: Indugiato.

La Frase: “Gay io? No, io sono Frocio!”, Ennio Fantastichini, Saturno Contro, 2007.

VOTO: 5-