Nella Dublino sempre malinconica di questi anni incerti, dove la vita diventa frenetica anche lì dove non c’è la grande città, e dove le persone si sfiorano senza toccarsi, ecco che un riparatore di aspirapolveri con il cuore spezzato ulula nella notte suonando la sua chitarra, senza che nessuno lo senta, lungo strade indifferenti.

Ma questa non è una storia di rassegnazione, bensì di speranza, e quindi, in un giorno uguale a tanti, davanti a lui si ferma una ragazza, venditrice ambulante di fiori e come in un incontro del destino, tra un aspirapolvere rotto e una canzone suonata (da lei) al pianoforte e (da lui) alla chitarra, nasce un rapporto profondamente dolce e delicato, che trascende ogni altro tipo di relazione umana come solo una volta nella vita può accadere (appunto, once).

Due vite che si intrecciano creando una favola semplice, senza principi azzurri e principesse, senza cattivi né buoni, dove il nemico da combattere è la perdita del sognare che le cose belle possano accadere quando meno ce lo aspettiamo, che un incontro possa cambiare la vita.

La passione per la musica ed una realtà non facile (lui con una storia d’amore appesa che lo fa struggere e lei emigrata dalla Repubblica Ceca con figlia e madre appresso da mantenere) li unirà nella costruzione del proprio presente e del proprio futuro al ritmo di una canzone che plasmeranno loro stessi, accordo dopo accordo, arrangiamento dopo arrangiamento.

Questa commedia discreta e dal sapore dolce-amaro, datata 2006, è diretta da John Carney ed interpretata da Glen Hansard e Marketa Irglova, che, nel marzo del 2008 nella notte più stellata di Hollywood, si sono portati a casa l’Oscar per la Miglior Canzone, Falling Slowly, ovvero la ballata romantica che fa da sottofondo all’intera pellicola e che ne ha decretato l’uscita dall’anonimato iniziale.

Proprio come nel testo della canzone, queste due vite che sembrano destinate ad un naufragio, grazie alla forza della passione per la musica, che rende possibili anche le cose impossibili, riescono a salvarsi dall’affondare, ritrovando la strada verso casa.

Quale sia la “casa” è il colpo di scena finale, che da una parte spiazza ma che dall’altra sembra essere il punto più alto della narrazione, il momento che dà un senso a tutta la storia, richiamando i protagonisti ad un atto di fedeltà talmente profondo che non sembrava più essere possibile nella società contemporanea.

E così come il destino può guidare verso strade che non sono previste, allo stesso modo esso pone i protagonisti di fronte ad una scelta, che solo con le loro forze ed il loro coraggio possono compiere, per poi poter finalmente cantare: “You have suffered enough / And warred with yourself / It’s time that you won” (tu hai sofferto abbastanza, e lottato contro te stesso, è tempo che tu vinca).