Robert Rodriguez presenta al mondo Machete Kills, il secondo episodio della saga che è già un cult.

Machete, ovvero quando il brutto è bello
di Alessandro Alfieri

Sono passati tre anni da quando il mondo intero, compreso il sottoscritto, è rimasto sconvolto dall’arrivo di Machete; si trattava già all’epoca di un arrivo annunciato in un “falso” trailer comparso nel film di Robert Rodriguez Planet Terror, seconda parte del progetto tarantiniano di Grindhouse. Falso è tra virgolette perché, inversamente a come accade di solito e a come il buon senso prescriverebbe, questa volta è venuto prima il trailer che poi lo stesso Rodriguez ha deciso di “veritizzare” girando il film ad esso corrispondente. Sembra sia proprio il regista di San Antonio ad essere rimasto affezionato al progetto Grindhouse piuttosto che l’amico e collega Tarantino, che negli ultimi anni ha decisamente virato per un cinema omaggiante nei confronti dei generi in voga nei decenni passati, ma capace di trarre, dall’omaggio, delle opere di indiscutibile dignità artistica nonché morale. Per Rodriguez è diverso: lui è rimasto all’autenticità autoreferenziale, demenziale e grottesca del Grindhouse, ovvero del cinema di serie Z tanto in voga negli anni ’70 e ’80. L’operazione dell’autore americano, noto sceneggiatore, montatore, produttore nonché direttore della fotografia e regista, è quella di scatenare il parossismo della giostra del trash-pulp fino a portarlo alla coscienza di se stesso: i film di Rodriguez, e in particolare Machete, non pretendono nulla. Questo diventa reale col seguito del fortunatissimo primo episodio: esce nelle sale infatti l’attesissimo Machete Kills, che non a caso apre col trailer già pronto del terzo episodio. Il film inizia e si entra nel circo: passano in rassegna una decina di volti noti del cinema (Mel Gibson, Charlie Sheen, Antonio Banderas, Cuba Gooding Jr.) nonché icone della popular culture americana (prima tra tutte, Lady Gaga, alla sua prima prova da attrice di certo non deludente, forse poco sfruttata); scene di violenza estrema condite di splatter, capaci di far ridere a crepapelle per la loro ingenuità. Ma quello stile così maldestro, fintemente lo-fi, cos’è se non quell’autocoscienza che ha il film di essere tale e di non pretendere nulla se non di essere brutto? Sarebbe da interrogarsi sul senso di questo brutto e del perché oggi piaccia tanto: non è il luogo per farlo, ma il merito di Rodriguez è quello di aver compreso più di altri questa perversione della contemporaneità. Si rimane avvinti da armi strampalate come invertitori di molecole, coltelli svizzeri giganti, missili nucleari cavalcati e viaggi su marte, reggipetto di metallo (che sparano) e tanga letali… Il tono complessivo è decisamente inferiore all’esordio straripante del 2010, soprattutto per i dialoghi: un paio restano memorabili, ma non all’altezza della sequela di battute incise col fuoco di cui si componeva il predecessore. Ma d’altronde possiamo accontentarci, Machete non ha pretese, lui uccide e basta.

Mahete capita!
di Andrea Ussia

Machete torna sul grande schermo innaffiato da più ironia e meno violenza. Un variopinto, godereccio e fracassone prodotto, che però mette a nudo diverse pecche di sceneggiatura.

Dopo aver assistito (impotente) all’uccisione della sua compagna poliziotta, Machete viene reclutato dal Presidente degli Stati Uniti per bloccare un folle (e bipolare) rivoluzionario messicano, che ha puntato un missile in direzione della Casa Bianca.

Non siamo più di fronte a un omaggio al cinema trash anni 70. E questo (purtroppo) è evidente. Perché Machete Kills si discosta dal primo episodio: qui si respira aria di costruzione divistica, di epica post-contemporanea, di vendicativo eroismo da “fumettone”. Difatti Machete Kills si allontana dal genere b-movie per provare a farsi spazio nel panorama cinematografico con violenta leggerezza e umorismo da quattro soldi. Non è un caso che Rodriguez arruoli sotto la sua ala attori di un calibro elevato e (come nel caso di Charlie Sheen) figli della demenzialità anni 90. L’interesse del regista è quello di imbastire una saga d’altri tempi, nella quale l’eroe di turno è destinato a imprese impossibili, senza mai dimenticare rimandi al cinema d’azione anni 80 (Gibson è un Mad Max contemporaneo) e alla fantascienza (numerosi i rinvii a Star Wars). Rodriguez suggerisce il terzo capitolo (che si svolgerà nello spazio), ma la sceneggiatura è decisamente carente. La vicenda appare abbozzata e sterile e, pur non essendo richiesta (l’importante è che Machete uccida più persone possibili con la sua arma), se ne nota pesantemente la mancanza. Rodriguez pigia sul tasto del puro divertimento, sull’accatastamento seriale di colpi di scena, sulle sorprese a effetto,ma meno sulla violenza e sulla surrealità estrema, marchi di fabbrica (che avevano prodotto seguaci) del primo capitolo.

Machete Kills è un prodotto insensato e privo di una continuità stilistica riconoscibile. Tuttavia il divertimento è tutto insito nelle pieghe dei personaggi, in un Danny Trejo sempre più monosillabico e in una costruzione filmica da fumetto pop, che ne esalta la viscerale stupidità. Difatti Machete, nato da un fake trailer, è destinato a morire in quello stato, uccidendo sempre più uomini e donne, ostinatamente mosso da un sacro spirito vendicativo.

Titolo originale: Machete Kills
Regista: Robert Rodriguez
Sceneggiatura: Kyle Ward
Attori principali: Danny Trejo, Michelle Rodriguez, Sofia Vergara, Antonio Banderas, Lady Gaga, Mel Gibson, Charlie Sheen
Fotografia: Robert Rodriguez
Montaggio: Robert Rodriguez, Rebecca Rodriguez
Musiche: Carl Thiel, Robert Rodriguez
Prodotto da Aldamisa Entertainment
Distribuzione: Lucky Red
Genere: Azione
Durata: 107’