L’anno scorso a Marienbad è un incantevole film di Alain Resnais che nel 1961 ha meritato il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia. La sceneggiatura, firmata da Alain Robbe-Grillet, guru del nouveau roman, valse al film la nomination agli oscar nel 1963.

Film labirintico, concettuale, si sviluppa per variazioni minime incentrandosi su una storia tra il reale e l’immaginario.

Le azioni si svolgono in un non precisato albergo, abitato da misteriosi ospiti immersi in un’immobilità pietrificata. In un lussuoso edificio, dove corridoi immensi si succedono silenziosamente, si incontrano ambigui personaggi, testimoni di un imbarazzato segreto.

Un uomo incontra una donna.
Le dice che è trascorso un anno dal loro primo rendez-vous ma la donna sembra non riconoscerlo, non ricordare.
L’uomo le chiede di mantenere la promessa fattagli l’anno precedente, di lasciare il marito e fuggire con lui ma la donna continua a negare di averlo mai incontrato prima.

L’intero film si sviluppa come un ricorrente dejà vù, quasi lo spettatore lo evocasse e lo vedesse comporsi lentamente sotto i propri occhi.

Visivamente inquieto nel ripetersi ridondante delle immagini magistralmente fotografate da Sacha Vierny, L’anno scorso a Marienbad è un inno corale alla complessità, un appassionato tributo alla percezione.

False porte, false colonne, prospettive falsate, false uscite, falsi ricordi si aprono continuamente davanti gli occhi increduli dello spettatore che, solo, si trova a dovere scegliere la strada del senso nel dedalo dei tanti labirinti possibili.

Resnais costruisce superbamente uno spazio inquieto in cui la certezza di ogni immagine sembra continuamente vacillare.

Il film è nello sguardo dello spettatore che, unico, potrà scegliere ciò che è o non è accaduto “realmente” L’anno scorso a Marienbad