Tutto questo non è un film

Un sistema in rovina, un popolo in rivolta, la pace e la solidarietà come fiori posti nei cannoni dell’economia globale, ineluttabile arma di sterminio dell’umanità odierna. Everyday Rebellion è un film (è un film?) che dà speranza in un futuro migliore ma che soprattutto chiama a essere in prima linea, a dire no, ad abbandonare la connivenza dell’inazione, per consegnare a chi verrà una società che sia un’opera d’arte e che porti la firma di tutti.

Everyday Rebellion è una pellicola straordinaria per fotografia, montaggio, colonna sonora, un docu-film concepito con poetica emotività, con una potenza che forse proprio sul finale disperde parte della sua detonante energia ma che non per questo colpisce e affonda meno lo spettatore. Ed è anche un progetto cross-mediale molto valido, che non taglia fuori il potere divulgativo dei social network ma anzi lo cavalca, per veicolare messaggi edificanti di solidarietà.
Questa, in poche parole, la personale recensione cinematografica di chi scrive. Ma diciamola tutta: questo non è un film. Questa è Storia, recentissima eppure già scritta. La storia di un’umanità tornata protagonista degli eventi universali, un’umanità che “vuole cambiare il mondo”. Questo non è un film, ma il racconto di chi ha scelto la rivolta permanente, di chi ha trasformato la propria quotidianità, fatta di panni da stirare, di lavoro da fare o da cercare, di povertà o ricchezza su cui contare, in movimento.
“L’arte di cambiare il mondo” è il sottotitolo verissimo e toccante di Everyday Rebellion: perché un mondo bello è “arte” e perché un mondo bello si fa con l’arte. Ecco allora che la rivolta pacifica si costruisce ogni giorno con strategie creative fatte di gesti anche minimi, ma che abbiano appunto le caratteristiche etiche dell’atto artistico: comunicazione di un messaggio, condivisione di una condizione, sostegno reciproco, e soprattutto gratuità. Il soldo è la ruota dentata che muove i meccanismi di una società malata e perversa, che anima l’industria bellica, che stermina l’uomo sotto le mentite spoglie di slogan a favore dell’uomo. Ma il soldo è anche un’arma con due impugnature: se si inverte la traiettoria dello sparo, se la mano che la tiene non è quella del carnefice, ma della vittima, il colpo va a favore di chi sborsa il denaro, non di chi lo incassa. Questo, ad esempio, il grande insegnamento di Occupy Wall Street, che rincorre l’utopia possibile di comprare il debito con il denaro risparmiato a seguito di un’insolvenza volontaria e collettiva ai danni delle banche. Ma tornando all’arte, all’atto creativo in sé, è possibile immaginare che un gesto naturale e semplice come accendere e spegnere la luce del proprio appartamento sia un segno di pace, un codice di comunicazione di gruppo (se lo fanno in molti, se lo fanno tutti, quella mappa luminosa sarà forte come un grido, e invierà un messaggio grandioso di rivolta in paesi – come le dittature islamiche – dove il silenzio è la sola possibilità di sopravvivenza). Anche una performance corporea, un movimento del braccio, se ripetuto in sincrono da migliaia di corpi, diventa linguaggio, e addirittura tattica difensiva pacifica, con cui ad esempio dissuadere una carica della polizia durante una manifestazione non violenta. Questo porta all’informazione principale del documentario: i movimenti non violenti sorti nell’ultimo indignato decennio non sono reazioni improvvisate di massa, ma sono gruppi ordinati, organizzati in modo orizzontale (nessun leader, tutti leader), con obiettivi e strategie ben precise, e un linguaggio codificato. Se tutto questo manca, il movimento è destinato a disperdersi e a non essere efficace. Le Femen ucraine, il 15M spagnolo, gli street artist iraniani, i ribelli egiziani e siriani, dimostrano che la rivoluzione pacifica è possibile ed è anzi più produttiva delle lotte armate. La Storia lo dimostra. Ma la Storia va fatta, scritta, creata ogni giorno. Non è un prodotto a scadenza, e non si può credere che in un giorno si distrugga un sistema per ricostruirne un altro. Occorrono pazienza e fede. Una fede che non avvampi e muoia con i tempi istantanei di una chat o di un click, ma che magari da lì sorga per poi fortificarsi e scendere nelle strade, e lì rimanere finché il futuro non sarà arrivato, nuovo e splendente come lo si è costruito.
La straordinaria lucidità dei fratelli iraniani Arash e Arman Riahi conferisce alla regia di Everyday Rebellion un’emotività disarmante, e all’opera in sé un potere eversivo e disturbante degno dei movimenti che racconta. Due ore di colpo al cuore e vermi nello stomaco, a scoprirsi pacificamente conniventi di un sistema in collasso, docilmente sudditi, mai abbastanza pronti a dire basta, a gridarlo forte e a testimoniarlo, e non semplicemente (e inutilmente) a pensarlo.

Titolo originale: Everyday Rebellion
Regia: Arash e Arman Riahi
Distribuzione: Officine Ubu
Paese: Svizzera, Germania, Austria
Anno: 2013
Durata: 118’
Genere: documentario
Data di Uscita: 11 Settembre 2014