La vita difficile di Prudence

Belle épine: il duro e disincantato esordio alla regia di Rebecca Zlótowski.

Per la quarta serata del Festival del Film Francese il Cinema Gnomo propone Belle épine, film d’esordio di Rebecca Zlótowski del 2010, premiato con il Prix Louis-Delluc du premier meilleur film.

Si tratta di un film crudo, disperato, che lascia ben poco spazio alla speranza e al sollievo. E le prime scene sono significative: lo spettatore si trova, senza antefatti o preamboli, al centro del dramma del film, con due ragazze costrette a spogliarsi davanti a un ispettore per mostrare di non nascondere nei loro vestiti gioielli rubati. Solo dopo pochi minuti scorrono sullo schermo i titoli di testa. Una delle due giovani è Prudence, ragazza canadese, da poco orfana della madre e praticamente abbandonata dal padre, sola, incapace di reagire alle difficoltà che la vita gli ha presentato. Per cercare di dimenticare il passato e alla ricerca – tipica dell’età adolescenziale – della libertà, si avvicinerà al mondo delle corse clandestine in moto e delle cattive compagnie. Ma, come è facile pensare, non è questa la soluzione migliore per risolvere i problemi.

La macchina da presa, che segue incessantemente la protagonista anche da molto vicino, sembra voler scovare le motivazioni che si celano dietro al comportamento della ragazza, ma senza successo. Tanto è vero che Prudence, presente in gran parte delle scene, di frequente viene inquadrata lateralmente, ancor più spesso da dietro. Poche volte la osserviamo direttamente in volto. E meno male, verrebbe da dire, perché su di esso non si trova nemmeno un filo di dolcezza; c’è solo cattiveria e ostilità verso le persone con cui si rapporta e con il mondo in generale. È una giovane introversa, che sembra volersi distaccare da quel mondo così crudele e che cerca un riscatto, evitando le parole, attraverso azioni trasgressive. È significativa, in questo senso, la scena finale in cui sembra voler ricominciare ad ascoltare il mondo esterno. Un finale, tra l’altro, assai enigmatico ma che, almeno, mostra un filo di speranza e di ottimismo, dopo quasi un’ora e mezza di film cupo ed estremamente duro.

La musica interviene nei momenti di trasgressione della ragazza e il volume si alza col crescere della tensione e col distacco dalla moralità e dal comportamento corretto.

La regista opta per un montaggio talvolta ricercato, con la scelta di frammentare inquadrature uniche in più parti mediante stacchi netti, col risultato di rendere la visione ancor più drammatica. Stesso effetto hanno anche le inquadrature realizzate con macchina a spalla nelle quali Prudence viene seguita in maniera confusionale e quasi convulsa, soprattutto nelle ultime scene del film. Tuttavia è incredibile come il film riesca a essere così duro, senza mai mostrare violenza, urla, litigi o quant’altro.

Non c’è spazio per l’affetto, per l’amore – se non quello carnale – e per la comprensione. E proprio la loro mancanza fa comprendere la loro necessità nella vita. Prudence non è una cattiva ragazza, non è trasgressiva di natura, non è egoista. I casi della vita l’hanno segnata. Se avesse avuto qualcuno vicino capace di comprenderla, di starle vicino e di confortarla, la sua vita sarebbe stata, probabilmente, diversa.

Aspro. Come, talvolta, la realtà.

Titolo: Belle épine
Regista: Rebecca Zlótowski
Attori principali: Léa Seydoux, Anais Demoustier, Johan Libèreau
Genere: drammatico
Anno: 2010
Durata: 80’
Produttore: Frédéric Jouve
Casa di produzione: Les Films Velvet
Casa di distribuzione: Pyramide Distribution
Sceneggiatura: Rebecca Zlótowski, Gaelle Macé
Scenografie: Antoine Platteau
Musiche: ROB