A Life Straight Out of the Pictures

Recensione Pearl. A pochi mesi dal successo di X – A Sexy Horror Story, viene presentato a Venezia fuori concorso il suo prequel Pearl: il duo Ti West – Mia Goth, stavolta anche co-sceneggiatrice, continua la sua esplorazione nell’horror rurale.

È un periodo fortunato per il regista Ti West. Classe 1980, debutta nei primi anni duemila e per oltre quindici anni – sia agli occhi della critica specializzata, sia a quelli del pubblico – non sembra distinguersi particolarmente da altri registi-mestieranti che, come lui, si sono mossi tra i vari generi del canone americano con una particolare predilezione per l’horror; invece, dopo una prima collaborazione già nel 2016 con il western In the Valley of Violence con Ethan Hawke e John Travolta, anche lui non meno di Paul Schrader è diventato uno dei registi di punta della scuderia della A24, casa di produzione e distribuzione indie americana che nel giro di pochissimi anni si è imposta come un punto di riferimento del cinema d’autore, un vero e proprio marchio di fabbrica che è al tempo stesso brand e garanzia della qualità dei prodotti. È così che, dopo il western, all’inizio di quest’anno Ti West ha presentato la sua nuova fatica horror, X – A Sexy Horror Story; arrivato anche in Italia nemmeno due mesi fa, ha riscosso un buon successo ai botteghini, e un certo plauso critico.

Sequel, remake e reboot hanno sempre fatto parte della logica finanziaria che muove il mondo della produzione americana, e gli horror non sono da meno: benché di solito in essi la storia procede in avanti e non indietro, come dimostrano franchise quali Halloween o Venerdì 13. Invece, nel caso del dittico di Ti West, se si considera la distribuzione festivaliera, X ha debuttato a marzo al South by Southwest, mentre Pearl arriva adesso, a settembre, alla Mostra del Cinema di Venezia, dunque a separare il film originale dal suo prequel passano sei mesi scarsi. Neanche La Mummia aveva saputo fare tanto.

Ovviamente c’è una spiegazione per quest’insolito ritmo produttivo, che spiega bene anche alcune importanti caratteristiche del secondo film. X – A Sexy Horror Story immaginava un’improvvisata troupe di aspiranti lavoratori del porno andare a girare il film su cui hanno concentrato tutte le loro risorse e sforzi in un casolare di campagna nel cuore della provincia americana, non sapendo che i due proprietari, e soprattutto l’anziana Pearl, sono matti psicotici potenzialmente assassini. Se X – A Sexy Horror Story era ambientato sul finire degli anni settanta, con tanto di proto-yuppie in gara, Pearl torna indietro nel tempo di sessant’anni a mostrarci la giovinezza della title character: nel primo film infatti la causa definitivamente scatenante dell’esplosione di violenza che ne colma il côté horror avveniva con l’anziana Pearl che si trovava a invidiare la bellezza e la giovinezza di una delle protagoniste, interpretata da Mia Goth, rievocando misteriosamente alcuni fatti relativi al periodo della Grande Guerra, mentre la vecchia si lasciava sfuggire anche il rimpianto che, da giovane, assomigliava proprio alla ragazza. In realtà, sotto il manto di un pesante make-up che la rendeva irriconoscibile, già in X – A Sexy Horror Story era la stessa interprete nel doppio ruolo della giovane e aspirante attrice che spera di utilizzare il porno per fare il proverbiale grande salto nel mondo dell’intrattenimento e della vecchia psicotica Pearl. Questo doppio ruolo sembra occhieggiare al triplo ruolo rivestito da Tilda Swinton nel remake di Suspiria a firma di Luca Guadagnino, presentato sempre al Lido ormai quattro anni fa, dove non per nulla la stessa Mia Goth rivestiva un ruolo secondario. Pearl è nato invece sul set di A Sexy Horror Story, quando, per aiutarla a destreggiarsi con i due ruoli, Ti West aveva iniziato a immaginare assieme a Mia Goth il background della protagonista. Da queste riflessioni condivise è nata una vera e propria sceneggiatura, girata praticamente back-to-back rispetto al precedente film grazie all’entusiastico sostegno della A24, con Mia Goth in veste ufficiale di co-sceneggiatrice e anche di produttrice esecutiva.

Benché siano i due tasselli di una medesima storia e siano ambientati nella stessa macrolocation per una parte importante delle loro rispettive durate, X – A Sexy Horror Story e Pearl sono due film piuttosto diversi dal punto di vista estetico e strutturale. X – A Sexy Horror Story è, fotograficamente, un classico slasher a cui si aggiunge un tocco volutamente âgé alle immagini per ricreare certo look da porno anni settanta. Invece per Pearl, come dichiarato anche in conferenza stampa a Venezia, Ti West e il suo direttore della fotografia Eliot Rockett si sono voluti rifare all’idea di un «horror in Technicolor», dai colori accesi e vivaci, tutt’altro che cupi o bucolici, se mai sognanti.
«Questo è un film sui sogni, una celebrazione delle pellicole di Hollywood», ha spiegato Ti West in conferenza stampa. «Potrebbe essere una sorta di Mary Poppins a tinte nere e oscure». Tutto Pearl, ancor più di X che in fondo bene o male era un film piuttosto corale, è incentrato sulla title character che si rivela, non meno della pornoattrice interpretata dalla Goth in A Sexy Horror Story, terribilmente desiderosa di riscattarsi dalla sua vita in campagna e andare a fare cinema o quantomeno vaudeville. Nel corso di questo secondo film, ci sono delle vere e proprie sequenze oniricheggianti, di danza, che non è esattamente la prima cosa che uno spettatore si aspetta di trovare in un horror. Anche per questo Pearl merita un certo plauso. A suo modo divertente sono i richiami all’attuale Coronavirus: essendo il film ambientato nel 1918, ma girando in piena era pandemica, si sprecano i riferimenti alla spagnola, con tanto di personaggi che indossano le rudimentali mascherine tipiche di quel periodo del secolo scorso. Anzi, a tal riguardo uno dei personaggi del film si concede anche una battuta particolarmente riflessiva e pirandelliana, che presto vedrà una conferma sulla sua stessa pelle (scotennata): «è difficile capire chi sono le persone al giorno d’oggi, se indossano tutte una maschera».

Venendo alle qualità intrinseche del film: senza dubbio si tratta di un notevole approfondimento narrativo e anche psicologico rispetto alle vicende raccontate in X, e si rivolge innanzitutto alla fanbase del primo film; se, al di là dei legami con A Sexy Horror Story, lo si volesse vivere come un horror classico e autonomo probabilmente si resterebbe delusi, perché comunque Pearl ha forti scene orrorifiche disseminate però lungo un’ora e quaranta di film. Pearl va visto, se mai, proprio per la sua notevole capacità narrativa e drammaturgica: se Luca Guadagnino, da regista europeo in trasferta negli States, aveva infarcito di riferimenti colti di ogni tipo il suo nuovo Suspiria e adesso ha ripresentato al Lido anche il cannibal horror/coming of age Loves and Bones, era da un po’ di tempo che non si vedeva in un film di genere di fattura puramente americana una simile libertà espressiva e artistica.
Un fatto importante può far capire la portata di certe trasformazioni o novità nell’industria, e di come il filone della produzione cinematografica stessa abbia importanti implicazioni anche sulle componenti più artistiche di ogni film: in Sala Grande a Venezia, quando è apparsa nei titoli di testa la scritta «A24 presenta» c’è stato da parte del pubblico un applauso non meno forte di quello che aveva accompagnato i nomi di Ti West e di Mia Goth, presenti in sala. Che dopo il cinema d’autore, temuto morto, ci aspetti adesso la produzione d’autore?

Titolo: Pearl
Regista: Ti West
Sceneggiatura: Ti West, Mia Goth
Attori principali: Mia Goth, David Corenswet, Tandi Wright
Scenografia: Tom Hammock
Fotografia: Eliot Rockett
Montaggio: Ti West
Costumi: Malgosia Turzanska
Produzione: A24
Distribuzione: A24
Durata: 100’
Genere: horror, slasher
Uscita: T.B.A.