Città a caccia di un mondo distrutto

Adattamento del primo libro della quadrilogia “Mortal Engines Quartet” di Philip Reeve, punta troppo sugli effetti speciali e sul comparto visivo, complice un’originale idea d’ambientazione. Il film si rivela noioso e farcito di troppi elementi, che ne diluiscono la portata e ne spezzano il respiro avventuroso.

La “Guerra dei Sessanta Minuti” ha portato l’umanità sull’orlo dell’estinzione e causato profondi sconvolgimenti geologici e climatici. Per ovviare alla carenza di risorse e aumentare le possibilità di sopravvivenza, le città sono state trasformate in enormi ingranaggi mobili che possono spostarsi in giro per il mondo a caccia di altre più piccole da conquistare e derubare.
Tom lavora al London Museum, sulla città mobile di Londra. Si occupa del recupero di oggetti di valore archeologico. Durante uno dei suoi turni sventa un attentato al signor Valentine, capo archeologo della città nonché inventore di molte soluzioni tecnologiche che ne hanno migliorato la vita.
A tentare di ucciderlo è stata Hester, una ragazza che sembra avere un conto in sospeso con l’uomo. Hester getta un’ombra sulla reputazione di Valentine, dunque sia lei che Tom vengono abbandonati nelle lande desolate per insabbiare tali dicerie.

Macchine mortali rimanda con fin troppa chiarezza (e dalle primissime battute) a molto cinema fantastico adolescenziale prodotto negli ultimi anni. Ha alle spalle una serie di romanzi che si è fatta apprezzare dai giovani lettori e ha tratto il massimo giovamento da uno sviluppo tecnologico che ha messo a portata di mano la creazione di roboanti mondi immaginari. L’impianto visivo non è quindi stato soggetto a diluizione all’atto del passaggio dalle pagine (e dalla prosa di Philip Reeve) al grande schermo.
Christian Rivers, esordiente dietro la macchina da presa ma con all’attivo una lunga carriera tra aiuto regia, seconda unità ed effetti visivi, parte proprio da un utilizzo invasivo del green screen, saturando la messa in scena con effetti speciali che investono ed effettivamente catturano la platea. Complice l’originalità dell’ambientazione, le città semoventi stupiscono per livello di dettaglio, ma lasciano sempre un retrogusto di stucchevolezza causato da un’eccessiva pulizia.
Con alle spalle la stessa produzione che ha dato alla luce le trilogie de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit (Peter Jackson compreso, che per l’occasione si è cimentato nella direzione della seconda unità di alcune scene), Macchine mortali somiglia molto più al secondo prodotto che al primo quanto a bilanciamento degli elementi costitutivi. Dispiace infatti sottolineare che a fronte di un comparto tecnico di buon livello, quello narrativo arranchi tra banalità, prevedibilità e tendenza all’accumulo.
Gli spunti originali non sarebbero mancati: un mondo di derivazione steampunk che però viene declinato in chiave distopica; macchine incredibili che solcano il cielo, attraversano oceani prosciugati e sono sospinte da una nuova era tecnologica; una divisione in caste, classi e clan di reietti che avrebbe potuto contraddistinguere un sottotesto sociale di portata contemporanea. Macchine mortali invece getta in un unico calderone elementi derivativi nella speranza che la quantità finisca per amalgamarsi in qualcosa di accettabile e la computer grafica nasconda le magagne rimanenti. Tra città semoventi, uomini cyborg, frasi a effetto che rasentano il b-movie, mercati di schiavi e armi devastanti emerse da un passato remoto, i deus ex machina si susseguono, impossibili da contare sulle dita di una sola mano, e trascinano i protagonisti di scena in scena fino all’unico epilogo possibile.
Macchine mortali non ha molto da regalare, se non un colorato intrattenimento di secondo ordine, qualche bell’effetto speciale e una promessa che si sarebbe potuta concretizzare molto meglio. Avrebbe giovato di un buon taglio al minutaggio e ai troppi personaggi poco incisivi, appena accennati o marchiati fin dalla loro apparizione a un destino da carne da cannone, e di una colonna sonora meno monocorde. Lascia alcune porte aperte ma risparmia allo spettatore il gancio per un ipotetico sequel, chiudendo la narrazione in attesa che il botteghino dia o meno luce verde all’adattamento dei tre libri rimanenti.

Titolo originale: Mortal Engines
Nazionalità: Nuova Zelanda, Stati Uniti
Anno: 2018
Genere: Fantascienza, Avventura
Durata: 128′
Regia
: Christian Rivers
Interpreti: Hugo Weaving, Hera Hilmar, Robert Sheehan, Jihae Kim, Ronan Raftery, Lelia George, Patrick Malahide, Stephen Lang
Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Peter Jackson
Montaggio: Jonno Woodford-Robinson
Fotografia: Simon Raby
Produzione
: Zane Weiner, Amanda Walker, Peter Jackson, Universal Pictures, Media Rights Capital, WingNut Films
Distribuzione: Universal Pictures
Colonna Sonora: Junkie XL

Nelle sale italiane da giorno 13 Dicembre 2018