Le sette sorelle

Un film dell’orrore dall’impianto originale e ben sviluppato, che fonde la mitologia, l’onirismo e il giallo per conferire all’opera un tono di mistero pauroso ed inquietante.

In seguito alla morte della fidanzata, il professore di letteratura  Samuel Salomon, si è ritirato dal lavoro da oltre un anno ed è tormentato da un incubo ricorrenti dove assiste al violento omicidio di una giovane donna durante una cerimonia rituale. Quando Samuel scopre che il delitto che lo sogna ogni notte è realmente avvenuto nelle medesime circostanze del suo incubo, riesce ad intrufolarsi sulla scena del delitto, dove incontra Rachel, a sua volta ossessionata dallo stesso incubo. Insieme, cercheranno di scoprire l’identità della vittima e le ragioni del contatto onirico che li lega.

Movimenti di macchina veloci e nervosi, insistenza quasi esasperata sui primi e i primissimi piani, una fotografia dai toni fortemente contrastati: attraverso tali mezzi formali il regista costruisce un’opera di un certo impatto visivo che, dopo un prologo quasi sentimentale, vira bruscamente verso la tragedi a quindi verso atmosfere morbose e malsane, dove il sogno e la realtà si confondo e paiono ambedue dominante da una violenza le cui motivazioni risultano incomprensibili e sfuggenti. Un merito del film è inoltre quello di riuscire a scandagliare, senza perder in nulla della tensione drammatica che lo pervade e conquista l’attenzione dello spettatore, un tema per molti versi inedito o quantomeno insolito nel cinema di genere, quello appunto mitologico. Depositarie della creazione artistica, le muse, ovviamente nel numero di sette, sono tra le figure più hanno ispirato le tradizione culturale classica e tale tradizione si trova qui armonizzata con quella gotica all’origine del genere dell’orrore cui questo film appartiene. Nella fusione di queste due diverse matrici culturali risiedono l’originalità e la peculiarità dell’opera, dove non mancano, accanto a quelli mitologici, altri riferimenti colti come quelli all’Inferno dantesco. Particolarmente ben sfruttato è il paesaggio irlandese dove l’opera è ambientata, costante oppresso da un cielo grigio e plumbeo che sembra gravare sui personaggi condannandoli ad un destino già segnato (di qui la citazione dantesca sulla locandina “Lasciate ogni speranza”) e accresce il senso di minaccia incombente che pervade ogni inquadratura e si trasmette allo spettatore conferendo alla visione della pellicola un’atmosfera claustrofobica e malsana particolarmente efficacie e funzionale alla riuscita dell’insieme. Come la fotografia, anche la suggestiva e cupa colonna sonora, improntata a tonalità basse e profonde contribuisce alla definizione di clima di mistero e di minaccia che alimenta sempre più la tensione narrativa e la rilancia di continuo sin ad un finale dove i dubbi i misteri rimangono in gran parte privi di una spiegazione logica e continuano a permeare di sé la realtà, quasi la minaccia che rappresentano seguitasse a gravare sui protagonisti. Un ulteriore pregio dell’opera risiede inoltre nel rifiuto di non fornire spiegazioni univoche e chiare, definitive, e di lasciar spazio alla dimensione dell’onirismo e del mistero, dove la logica diurna con le sue risposte certe e sicure, che non ammettono contraddizione e ambiguità, non vale più e dimostra tutta la sua fallacia ed incapacità a comprender il mondo notturno del sogno e della fantasia dominato dalla leggi che sfuggono alla ragione e ad essa irriducibili. Le vere protagoniste, le muse appunto, rimangono dall’inizio alla fine creature misteriose ed ineffabili, la cui origine e volontà, i poteri e i fini che si prefiggono rimangono avvolti nel mistero, inconoscibili alla mente umana. Tale scelta si rivela vincente, in quanto sottrae il film ad inutili giustificazioni che toglierebbero solo tensione ed atmosfera, elementi sui quali invece punta il regista e riesce, attraverso le scelte formali e tematiche sopra indicate, ad ottenere. Quello del regista catalano è dunque un film di genere insolito e originale, dove una trama intrigante e ben sviluppata viene sostenuta da scelte formali ed ambientazioni efficaci che ne determinano la sostanziale riuscita.

Titolo originale: Muse
Regia: Jaume Balaguerò
Soggetto e sceneggiatura: Jaume Balagueró e Fernando Navarro, dal romanzo La dama número trece di José Carlos Somoza
Fotografia: Pablo Rosso
Montaggio: Guillermo de la Cal
Musica: Stephen Rennicks
Scenografia: André Fonsny
Costumi: Catherine Van Bree
Interpreti: Franka Potente, Elliot Cowan, Ana Aluru, Leonor Watling, Manuela Vellés, Joanne Whalley, Christopher Lloyd, Cally O’Connell, Sam Hardy, Stella McCusker, Yennis Cheung, Eve Maher, Eve Connolly
Prodotto da Carlos Fernandez, Brendan McCarthy, John McDonnell
Genere: orrore
Durata: 107′
Origine: Spagna/Irlanda/Belgio/Francia
Anno: 2017