L’educazione cattolica e il cinema italiano

L’adattamento cinematografico del romanzo premio Strega di Edoardo Albinati per la regia di Stefano Mordini lascia lo spettatore con una domanda semplice: perché il cinema italiano fatica tremendamente ad andare al di là della mera narrazione?

Adattare per il grande schermo un romanzo del calibro e della stazza de La scuola cattolica di Edoardo Albinati, uno dei romanzi italiani più discussi degli ultimi anni sin da prima della vittoria dello Strega nel 2016, sembrava una sfida persa in partenza: ma non si può rimproverare il regista Stefano Mordini di un’eccessiva ambizione, attivo dalla fine degli anni novanta e ormai lanciatissimo con ben tre film negli ultimi due anni. Per adattare al linguaggio audiovisivo La scuola cattolica in tutto il suo humus narrativo sarebbe servita quantomeno una serie televisiva, come inizialmente si era ventilato di fare: il film di Mordini è consapevole di dover stare sotto le due ore di durata e opera una precisa scelta delle scene e delle linee narrative del romanzo da trasporre sul grande schermo. In termini quantitativi si tratterà di una riduzione forse del 90% di quanto scritto da Albinati, ma, come film a sé, La scuola cattolica è comunque equilibrato.

Il (parziale) problema de La scuola cattolica di Mordini è proprio questo: che non gli si può dire molto altro. Complice il successo del romanzo di Albinati, il progetto ha attirato a sé alcuni dei più quotati attori italiani, da Fabrizio Gifuni a Valeria Golino, da Jasmine Trinca a Riccardo Scamarcio, ma tutti per brevi apparizioni: il vero focus de La scuola cattolica sono i ragazzi. E il cast degli adolescenti, capitanato da Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno ed Emanuele Di Stefano, è sicuramente piuttosto efficace nel suo complesso nell’interpretare le situazioni descritte dal libro. L’unico vero difetto formale del film è semmai la scelta delle musiche, che non sa risolversi tra le canzoni pop di quegli anni e una musica classica tragicizzante, e che in entrambi i casi non sembra mai trovare il giusto ritmo e la giusta canzone.

La vera issue rispetto a La scuola cattolica è la sua mancanza di profondità. Ci si attiene ai meri fatti, con un’evidente progressione verso il massacro del Circeo: dopo un incipit che di fatto anticipa la conclusione dell’intera vicenda, tutto il film è scandito da didascalie che dicono prima quanti giorni e poi quante ore mancano al massacro. Tutto ciò che la precede è un abbozzo di romanzo di formazione corale, in cui i ragazzi sembrano sospesi tra la scoperta della propria sessualità e la rivelazione delle ipocrisie (sessuali) dei loro genitori borghesi, tra una ricca e matura attrice sorpresa dal figlio con il suo toyboy e un padre di famiglia professore universitario che fugge di casa facendo coming out come gay sul giornale, oltre che un prete visto andare a prostitute. L’escalation di crudeltà e di violenza compiuta da tre di questi ragazzi, figli delle migliori famiglie di Roma e studenti di una delle più stimate scuole cattoliche della capitale, nella realtà dei fatti il San Leone Magno del Quartiere Trieste, risulta senza giustificazione. Tuttavia il problema non è che questo scoppio di violenza non risulti razionalmente spiegato, dato che – come rimarcava lo stesso Albinati nelle interviste – non è possibile decostruire e analizzare fatti tanto patologici e feroci; il fatto è che a questo scoppio improvviso di violenza il film di Mordini non lascia neanche un’indeterminatezza, ma per tutta l’ora e mezza precedente mette insieme una serie di fatti, di “disillusioni” e di atti di bullismo che dovrebbero portare in un crescendo fino al delitto del Circeo, ma che nei fatti risultano quasi gratuiti, nel loro rapido accostamento non problematizzato.

Per quella che è la storia del cinema, italiano ed europeo, parlar male della borghesia è ormai diventato uno sparare sulla Croce Rossa, per non dire un vezzo obsoleto. È facile estrapolare dal romanzo di Albinati le riflessioni più sintetiche e aforistiche – «Nascere maschi è una malattia incurabile» – e farle leggere in voice over al personaggio interpretato da Emanuele Di Stefano, che in un paio di scene viene presentato proprio con il nome e il cognome dello scrittore; ma nessuna delle riflessioni di Albinati sembra davvero abbandonare il carattere ancora letterario dei voice-over, per essere drammatizzata all’interno delle scene, dei gesti e dei dialoghi dei personaggi del film. La scuola cattolica di Mordini, senza neanche riuscire a essere un brutto film in quanto ben interpretato, ben girato e quant’altro, è un’occasione – verrebbe da dire – volutamente sprecata di creare qualcosa di più. Un film non deve essere per forza solo una narrazione, anzi; l’adattamento cinematografico di un libro può essere anche un viatico per realizzare un film più maturo della media, ma più spesso opera una reductio che va a isolare soltanto i momenti più visivi della trama. Manca però quel senso di ineluttabilità, quella profondità pregnante che caratterizzano le opere – libri, film o spettacoli teatrali – veramente significativi, qual era il romanzo di Albinati. E se negli anni Sessanta e Settanta innumerevoli exempla erano riusciti nell’intento – in fondo analogo – di problematizzare e desacralizzare la borghesia cattolica, a cominciare da Nel nome del padre di Bellocchio e Todo modo di Elio Petri, non si capisce perché sia così difficile trovare un film italiano che faccia lo stesso anche nei giorni nostri. In fin dei conti, La scuola cattolica di Mordini è quello che è (o meglio di quello che non riesce ad essere) gran parte del cinema italiano degli ultimi anni: né tragico, né grottesco.

Titolo: La scuola cattolica
Regista: Stefano Mordini
Sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Luca Infascelli, Stefano Mordini, dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati
Attori principali: Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno, Emanuele Maria Di Stefano, Fausto Russo Alesi, Valentina Cervi, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Corrado Invernizzi, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni
Scenografia: Paolo Bonfini
Fotografia: Gigi Martinucci
Montaggio: Massimo Fiocchi, Michelangelo Garrone
Costumi: Grazia Materia
Produzione: Roberto Sessa (Picomedia), Warner Bros. Pictures, con il contributo del Ministero della Cultura
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 106’
Genere: drammatico, storico
Uscita: 7 ottobre 2021