Al centro della scena

Gli elementi tradizioni del noir sono posti al servizio della presunzione del regista e interprete, lieto di erigere un monumento a se stesso.

Dalla Boston degli anni venti alla Florida della Depressione, l’ascesa di un rapinatore di banche d’origine irlandese che riesce ad eliminare i rivali e a prendere il posto del capo dell’organizzazione per cui lavora ma che, dopo essersi ritirato dal crimine, vede morire la moglie per una vendetta.

Un gangster movie tanto ripulito e conciliante da riuscire anodino, scritto, prodotto, diretto e  interpretato senza un minimo di pudore e di senso del limite. Affleck è talmente concentrato nel creare un personaggio fondamentalmente buono e integerrimo, costretto ad uccidere da circostanze avverse, da scordare una delle caratteristiche basilari del genere, ovvero l’ambiguità dei personaggi, specie dei protagonisti, presentati come mai pienamente positivi e portatori di un’ambiguità morale che ne approfondisce la complessità psicologica, rendendoli personaggi, come si dice, a tutto tondo. Che è appunto qaunto non avviene qui: il rapinatore irlandese Coughlin (che si definisce sì un bandito, ma non un assassino), infatti, accetta di lavorare per il mafioso italiano Maso Pescatore solo per vendicare la presunta morte dell’amata; si professa poi antirazzista e tollerante verso gli immigrati, tanto da scontrarsi col Ku Klux Klan e da eradicarlo dalla Florida; infine, una volta ritiratosi dagli affari, si dedica alla costruzione di abitazioni per le donne cubane e per gli orfani insieme alla moglie, anche lei cubana. Insomma, il protagonista è cattivo solo in apparenza, o lo diventa quando deve punire antagonisti tanto malvagi quanto laidi e repellenti: si veda in tal senso come viene tratteggiato il membro del Klan che si oppone al disegni egemonici di Coughlin sul controllo dei traffici illeciti dei liquori nell’area di Tampa: tale netta opposizione è sottolineata in primis sul piano estetico, dove ad un protagonista bello e prestante (e con tanto di mascella squadrata come vuole il canone di bellezza del duro hollywoodiano), si oppone un antagonista che assomma una congerie di elementi negativi (brutto, mezzo calvo e caratterizzato dalla risata isterica e dalla voce stridula da eunuco) tale da rendere immediatamente chiaro allo spettatore dove sia bene e dove il male. Non mancano poi esplicite prese di posizione del protagonista che lo connotano come personaggio chiaramente positivo, ad esempio quando loda l’apporto dell’immigrazione nella costruzione della ricchezza del paese, contrapponendosi in ciò alla visione della società americana divisa in razze propria di quasi tutti gli altri personaggi (eccetto quello positivo della moglie del protagonista, non a caso, come si diceva, cubana, dunque appartenente ad una minoranza). Con un protagonista che s’accampa arrogantemente al centro della scena (non si dimentichi che Affleck è anche produttore), tutti gli altri personaggi sono confinati in ruoli marginali e privi di spessore. È così per capomafia di Girone, che non riesce ad infondere un minimo di nerbo e d’autenticità ad un personaggio debole già sulla carta e debole, come tutti gli altri, in quanto poco o per nulla sbozzato, per non far ombra al protagonista. È così per il burbero padre del protagonista interpretato da Brendan Gleeson, come per la moglie di Coughley impersonata dalla Saldana, la cui unica peculiarità, oltre a quella d’innamorarsi del protagonista (potevamo dubitarne?), pare esser la sua origine non bianca, come anche per la fiamma del protagonista, perduta e ritrovata molto tempo dopo, interpretata da Sienna Miller (pressoché irriconoscibile sotto all’acconciatura anni venti). È così infine, ed è ciò che più dispiace, per Elle Fanning, la presenza della quale in scena si limita a sole quattro sequenze che non occupano più di dieci minuti di proiezione su due ore e dieci di durata complessiva. Costretta in un ruolo tutt’altro che decisivo e per nulla approfondito, l’attrice vede sacrificato il suo talento, che ben poco può fare per conferire spessore e credibilità ad un personaggio (quello di Loretta Figgis, figlia del procuratore che protegge i traffici illeciti di Coughley e dei suoi sgherri), non diversamente dagli altri, irrisolto piatto già a livello di sceneggiatura, giacché privo d’autentico spessore drammatico. Anche la scansione narrativa e l’articolazione degli eventi rivela una superficialità e un’approssimazione non da poco: si veda, ad esempio, la facilità con cui viene riassunto il periodo di detenzione scontato dal protagonista, risolto in non più di un’inquadratura, utile a motivare la sua decisione di mettersi al servizio della famiglia Pescatore; ma si veda anche la rapidità del successo conseguito da Coughley nell’impiantare la sua attività criminale in Florida, dove facilmente e senza sforzo elimina la concorrenza e finisce in breve col dettar legge; e, infine, la banalità con cui è tratteggiato l’incontro, a lungo atteso dal protagonista, fra di lui e l’amata creduta morta, condito di battute tanto false da suonare inevitabilmente ridicole («Quando avevamo gli sbirri alle costole…», «Ce la siamo spassata…»), che di certo non giovano alla credibilità dell’insieme. Sul piano formale, poi, non si va oltre qualche ripresa area che può tutt’al più rivelare la ricchezza produttiva del film, ma non certo qualificarsi come coerente marca stilistica. Anche la sequenza che mostra il protagonista attraversare in motoscafo uno dei molti laghi della Florida, coi delfini che nuotano accanto al naviglio guizzando sotto alla superficie dell’acqua e il tramonto rosato sullo sfondo, velato da grandi nuvole dalle tonalità pastello, per quanto scontata data l’ambientazione ed estetizzante nella concezione, avrebbe potuto essere diretta  meglio, se soltanto Aflleck non fosse il regista mediocre che è, tanto convenzionale e prevedibile è la sua messinscena, identica a quella di qualunque mestierante suo connazionale. Nulla più di un monumento alla presunzione e al narcisismo del regista, produttore, sceneggiatore e interprete principale, dunque, lieto di porsi al centro della scena e d’infestare con la sua presenza quasi ogni inquadratura.

Titolo originale: Live by Night
Regia: Ben Affleck
Soggetto e sceneggiatura: Ben Afflleck, dal romanzo di Dennis Lehane
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: William Goldenberg
Musica: Harry Gregson-Williams
Scenografia: Jess Gonchor
Costumi: Jacqueline West
Interpreti: Ben Affleck, Elle Fanning, Remo Girone, Brendan Gleeson, Sienna Miller, Robert Glenister, Matthew Maher,, Chris Cooper, Zoe Saldana, Chris Sullivan
Prodotto da Ben  Aflleck, Jennifer Todd, Leonardo Di Caprio
Genere: noir
Durata: 129′
Origine: Stati Uniti
Anno: 2016