Andiamo a conoscere (ancora una volta) King Kong

Ennesimo reboot dedicato alla scoperta dello scimmione alto come un palazzo e potenzialmente distruttivo, Kong Skull Island è sicuramente uno dei simboli dell’intrattenimento trash perché finisce per prendersi troppo sul serio dimenticando la componente umoristica. Un viaggio alla scoperta dei “mostri”, che mostra i muscoli ed esibisce una certa tipologia di brutalità.

1973. Si è appena conclusa la Guerra in Vietnam e la Guerra Fredda è pienamente in atto. Il gruppo di ricerca Monarch, capitanato dall’ex militare Randa, convince un ministro del governo statunitense a finanziare una spedizione verso la sconosciuta Skull Island. Il viaggio vedrà partecipare, oltre a Randa e al suo assistente, il cacciatore Conrad, la fotografa Weaver e la divisione militare comandata dal tenente colonello Packard.

Pellicola visivamente aggressiva (alcune sequenze risultano d’impatto e più vicine al genere horror), Kong Skull Island deve consegnare al pubblico il classico cattivo (intento a dimostrare la supremazia umana nei confronti di una scimmia), una donna sensibile che viene salvata dal protettore dell’isola e un gruppo di vittime sacrificali decisamente da gustare. Una classica pellicola d’avventura che ostenta creature fantastiche e mostri orripilanti (la minaccia giunge da qualsiasi parte) e che si prende troppo sul serio. Difatti l’impressione è che la deriva trash, che il prodotto diretto da Jordan Voigt-Roberts prende inesorabilmente, non sia volontaria ma una naturale conseguenza di ciò che la sceneggiatura presenta allo spettatore durante l’intera durata.

Cercando l’enfasi nel brutale scontro tra la creatura sovrannaturale e la potenza di fuoco dell’essere umano, il regista Voigt-Roberts finisce per trovare l’immancabile risata involontaria. Eppure lo sviluppo della vicenda denotava un interessante approccio nei confronti del villain di turno, un militare impersonato da Samuel L. Jackson che, dopo aver “abbandonato” il Vietnam, sente il primordiale bisogno di vincere la sua personale guerra e vendicare i suoi uomini caduti in “battaglia”.

Posto su un piedistallo e venerato come un Dio, King Kong torna sul grande schermo, ma non viene catturato e portato negli Stati Uniti come fenomeno da baraccone. Stavolta si crogiola nel suo territorio a combattere una lucertola gigante (l’ennesimo combattimento tra mostri), mentre difende la vita della fotografa Weaver.

Insomma Kong Skull Island finisce per essere un prodotto d’avventura come tanti altri, un blockbuster d’intrattenimento per stomaci più forti del dovuto, che si appresta a racimolare soldi al botteghino. A meno che lo spettatore medio si sia definitivamente annoiato di vedere l’ennesimo capitolo di una saga che, ciclicamente, si rigenera, causando cloni privi di un reale spessore filmico.

Titolo originale: Kong Skull Island
Regia: Jordan Voigt-Roberts
Sceneggiatura: Dan Gilroy, Max Borenstein, Derek Connolly
Attori principali: Tom Hiddleston, Samuel L. Jackson, John Goodman, Brie Larson, Tian Jing, John Ortiz, John C. Reilly, Corey Hawkins, Toby Kebbell, Thomas Mann, Jason Mitchell, Shea Whigham
Fotografia: Larry Fong
Montaggio: Richard Pearson
Musiche: Henry Jackman
Prodotto da Legendary Entertainment, Warner Bros.
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 120′
Genere: Avventura