Never old to Rock ‘n’ Roll

Per l’11 luglio, la meravigliosa cornice del Teatro Antico di Taormina ha fatto da scenografia alla prima tappa del tour italiano dei Jethro Tull, una delle progressive rock band più conosciute al mondo che, con oltre 60 milioni di album venduti, più di 3000 concerti in 40 paesi e una carriera  di oltre mezzo secolo sta segnando l’immaginario musicale occidentale.

Freschi della recente pubblicazione di The Zealot Gene, nuovo album uscito dopo oltre 18 anni di attesa e ispirato a tematiche bibliche («anche se nutro un’autentica passione per lo sfarzo e la narrazione fiabesca del libro sacro, sento ancora il bisogno di mettere in discussione e disegnare paralleli a volte sacrileghi del testo», ha dichiarato Ian Anderson in un’intervista), i Jethro Tull tornano in Italia per un ciclo di eventi che si annuncia imperdibile e per un tour che ha toccato e toccherà, oltre al Teatro Antico di Taormina, il Folkest a Castello di Udine, lo Stadio Tassara di Breno (BS) e Forte dei Marmi (LU) a Villa Bertelli.

Programmato per le 21.00, ma posticipato di qualche minuto per permettere agli ultimi arrivati di poter prendere posto e godere dello straordinario “orizzonte” che il Teatro Antico offre, l’attesa è stata comunque resa più piacevole da una fresca brezza estiva e dal “sottofondo” dei brani più iconici della band. Si inizia, dunque, alle 21.20 circa con le luci che si spengono e i primi 4 componenti che salgono sul palco, il giovane Joe Parrish appena 27enne alle chitarre, David Goodier al basso, John O’Hara alle tastiere e Scott Hammond alla batteria. Va detto, a onor di cronaca, che si tratta degli stessi musicisti delle tournée soliste di Ian Anderson, “ribattezzati” Jethro Tull, un po’ con un’abile mossa di marketing, visto che della formazione storica a rimanere è ormai il solo cantante, un po’ perché effettivamente Goodier e O’Hara avevano già fatto parte dell’ultima “coda” di un gruppo più volte rimaneggiato con l’avvicendarsi di oltre 30 musicisti (tra i quali Tony Iommi e Phil Collins), prima della sostanziale “sospensione” avvenuta tra 2007 e 2011.

Ian Anderson arriva accolto da una calorosa ovazione, vestito con un classico gilet nero (a differenza di quelli colorati usati pre-pandemia), un fazzoletto al collo e in mano lo strumento che da sempre lo caratterizza, il flauto traverso, nonostante il geniale suddito di sua maestà sia uno sconcertante polistrumentista. Il concerto inizia con la proposta in diretta sequenza di For a Thousand Mothers e Love Story, rispettivamente dai primi album, Stand Up del 1969 e This Was del 1968 (nella versione rimasterizzata del 2001), e, solo al loro termine, con i saluti al pubblico. Presentato quanto appena eseguito, Anderson, che parla solo in inglese e non accenna neanche a un saluto in italiano, va a introdurre il seguito della serata con aneddoti, battute e sketch ormai collaudati, alcuni riguardanti anche “antichi” membri della formazione originale. È il caso dell’amico Clive Bunker e di quando ricorda come Dharma For One venne scritta assieme «in maniera tale che avesse un suo assolo di batteria nei concerti» (assolo che in una versione dal vivo all’isola di Wight del 1970 durò quasi 10 minuti) e, aggiungendo subito dopo aver guardato Hammond, che «era il 1968» mentre «adesso nei concerti non si fanno più gli assoli di batteria». Il pubblico partecipa al simpatico siparietto e dopo qualche ironica “lamentela” al batterista viene concesso un assolo da protagonista in Dharma For One.

Nella prima parte, i Tull conducono gli spettatori in un viaggio che raccoglie i brani più significativi della loro discografia e la nuova – e molto apprezzata – Mine is the Mountain. La prevedibile estasi arriva però per la rivisitazione del pezzo “colto” che Anderson ha reso celebre nella storia del rock, Bourrée di Johann Sebastian Bach, e che viene prima intonata nella versione originale e poi completata con quella tratta da Stand up.
La seconda parte vede l’apertura di Too Old to Rock’n’Roll: Too young to die, l’immancabile pezzo dall’omonimo album del 1976, che, quasi con amara ironia, vista la broncopneumopatia cronica ostruttiva di Anderson, va a ribadire la strenua volontà di calcare il palcoscenico ancora per molti anni, mentre è una sorpresa l’esecuzione di King Henry’s Madrigal – Pastime with Good Company (da Stormwatch del 1979), ri-arrangiamento di un brano scritto dal re Enrico VIII e che i Tull non inserivano nei loro concerti da molto tempo.

Dopo i nuovi Mrs Tibbets e The Zealot Gene, la chiusura è affidata a una versione “molto strumentale” di Aqualung, pezzo stravolto rispetto all’originale dell’omonimo album del 1971 e che, insieme ai numerosi intermezzi, ha permesso di apprezzare le radici progressive della band. Dopo la prima uscita e una breve pausa, il vero finale va alla storica e infinita Locomotive Breath, seguita dal tema di The Dambusters March.

Nonostante la “ripartenza” sia stata recente, i Jethro Tull si confermano rocker di razza, un ensemble affiatato e ormai rodato e Ian, come da “copione”, non si è risparmiato, saltellando da destra a sinistra e suonando il flauto in equilibrio su una gamba. Forse, l’unica sfumatura di grigio è riscontrabile nella mancanza in scaletta di Thick as a Brick, pezzo cult presente al concerto di Taormina di tre anni prima. Forse, la voce di Anderson non sarà più quella di un tempo (e in alcune canzoni è stato necessario il “supporto” di Parrish). Quello che è certo è che l’energia e l’atmosfera che il frontman britannico riesce a trasmettere sono rimaste immutabili e hanno saputo appagare completamente le aspettative di fans di una band che ha segnato la storia del rock mondiale e che non smette di catalizzare l’attenzione del pubblico – tanto numeroso, quanto eterogeneo – che la segue.

Teatro Antico di Taormina
11 luglio 2022

Jethro Tull
Ian Anderson – voce, flauto, chitarra acustica
Joe Parrish – chitarra elettrica
David Goodier – basso
John O’Hara – tastiere
Scott Hammond – batteria

Prima parte
For a Thousand Mothers
Love Story
Living in the Past
Hunt by Numbers
Dharma for One
Clasp
Mine is the mountain
Black Sunday
Bourrée

Seconda parte
Too Old to Rock ‘n’ Roll: Too Young to Die
The Zealot Gene
King Henry’s Madrigal
Mrs Tibbets
Songs From the Wood
Aqualung

Ripresa
Locomotive Breath
The Dambusters March