Doppia recensione del remake del film premio Oscar 2010, per il miglior film straniero.

Nascosto tra le pieghe di un’ossessione
di Alessio Paolesse

Un noir enigmatico tratto dall’omonimo libro di Eduardo A. Sacheri. Già adattato per il cinema dal film premio Oscar di Juan José Campanella. Oggi reinventato in versione hollywoodiana, con una Julia Roberts a caccia del killer che uccise sua figlia.

Ray (Chiwetel Ejiofor) è dal giorno della morte della figlia di Jess (Julia Roberts) che non smette di indagare sull’omicidio. In una Los Angeles post 11 settembre, tutte le forze di polizia sono impegnate nell’individuare e sopprimere ogni più piccolo sospetto di terrorismo; nessuno lascia spazio all’omicidio di una ragazza, anche se avvenuto vicino una moschea. Dopo tredici anni, dopo aver passato ogni singolo giorno a cercare ossessivamente l’assassino, Ray trova una nuova pista. Tornato da Jess e dalla Vice procuratore Distrettuale Claire Sloan (Nicole Kidman), è deciso a riaprire il caso, cercando di chiudere, una volta per tutte, i conti con la giustizia.

Tre personaggi intrecciati da una profonda amicizia e dal rispetto per la giustizia. Dal giorno dell’omicidio questo legame comincia a indebolirsi, lasciando il posto ad una sola ossessione: vendicare la morte di Carolyn (Zoe Graham) e consegnare alla giustizia Marzin (Joe Cole), unico sospettato dell’omicidio.

Che Marzin sia il colpevole, il film lo mette subito in chiaro. Allo stesso tempo la pellicola è mossa dalla necessità di sottolineare quanto l’America, dopo l’11 settembre, viva nell’ossessione di proteggersi dal terrorismo, tanto da impedire ad un investigatore dell’FBI di indagare su una persona sospettata di omicidio. Marzin, infatti, è protetto dall’FBI perché unico infiltrato della task force anti-terrorismo all’interno di una moschea.

il regista e sceneggiatore Billy Ray, sceglie di adattare un film argentino in un’America preoccupata, incerta e costretta a nascondere prove importanti di un omicidio pur di preservarsi un importante informatore. Un fattore necessario per richiamare le atmosfere del film originale, ambientato in una Argentina sotto dittatura, riproponendo una versione molto americana del film.

Lavorando proprio sull’ambiguità del potere – quello americano, che impone le regole da seguire, e il potere di Marzin, forte della protezione che il l’FBI gli concede –. La pellicola di Billy Ray racconta, soprattutto, la storia di una lotta. Quella dei tre protagonisti contro il potere dell’FBI, corpo per il quale lavorano, ma che gli impedisce di risolvere il caso; e la lotta contro loro stessi: passati tredici anni, ognuno di loro è in realtà rimasto a quel giorno, impossibile da dimenticare.

Tutti e tre i personaggi hanno passato gli ultimi tredici anni a combattere il demone di questo omicidio, mai risolto e mai lasciato andare. Un’ossessione per Ray, coinvolto dalla profonda amicizia per Jess e la sua defunta figlia; risolvere il caso diventa l’unico modo per liberare sé stesso da questo demone. Jess, madre e membro dell’FBI, ha sacrificato sé stessa nel tentativo di reprimere il suo dolore, diventando il fantasma di quella che era una volta. E Claire, avvocato rampante, scegliendo di dimenticare, ha deciso di lasciar andare Ray, sacrificando l’amore.

Ma sebbene il film presenti sulla carta tutti i presupposti per reinventare sul suolo americano un film premio Oscar, il regista non riesce a rendere fondamentali le caratteristiche del film di Campanella. Proponendo una sceneggiatura incerta e indecisa (soprattutto negli snodi principali del film), il film di Billy Ray manca di ispirazione. Nonostante l’ottima prova di Chiwetel Ejiofor, le controparti femminili non convincono nei rispettivi ruoli.

Un thriller dalla storia interessante, ma che manca di convincimento, lasciando il film originale l’unico degno di essere considerato ossessionante.

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Operazione discutibile e dai chiari intenti commerciali
di Carlo Rotondo

Il remake in salsa hollywoodiana, con tanto di stelle del cinema del calibro di Julia Roberts e di Nicole Kidman, di un film vincitore nel 2010 dell’Oscar come Miglior film straniero, ha il merito, senza dubbio di rilanciare il libro dal titolo omonimo di Eduardo A. Sacheri, dal cui soggetto deriva la sceneggiatura; una storia intensa che ci pone di fronte a temi importanti, il dolore per la scomparsa prematura di una persona cara, l’illusione di poter rimarginare la ferita ricevuta, attraverso la vendetta, surrogato di una giustizia impotente, i limiti che uno Stato di diritto deve imporsi nel limitare la propria azione di controllo nei confronti dei cittadini onde evitare di sconfinare in uno Stato di polizia, parente alla dittatura.

La rivisitazione del soggetto originario da parte della nuova regia di Billy Ray, noto più che altro per aver firmato la sceneggiatura, pluripremiata, di Captain Phillips – Attacco in mare aperto, contestualizza  gli eventi negli Stati Uniti, un paese sotto assedio, in preda alla paura di attentati terroristici di matrice religiosa e assillato dalla fobia della minaccia continua al suo territorio. Diciamo subito che non si intende sottovalutare i devastanti e drammatici effetti sulle incolpevoli vite umane così duramente colpite; tutti noi porteremo per sempre scolpite nella nostra memoria le immagini ahimé reali, non cinematografiche, dei corpi che precipitano nel vuoto dall’alto delle Torri Gemelle. Ma pur cercando di non passare per disfattisti, la domanda da porsi è fin dove può spingersi la legittima azione di prevenzione dello Stato? Può un fine superiore, la salvaguardia dell’integrità e della sicurezza nazionale, giustificare i comportamenti perversi e le azioni criminali di informatori protetti dal segreto di Stato, lasciando impuniti crimini efferati?

Il tema è spesso e richiede molta sensibilità e competenza nel proporlo su uno schermo cinematografico; purtroppo la pellicola, nella sua recente versione, non convince da questo punto di vista perché non approfondisce e non sviluppa tra i personaggi della vicenda dialoghi coerenti. E purtroppo anche il versante noir della vicenda difetta di tensione, di suspence, di attesa del peggio che fa tremare lo spettatore.

A nostro modesto parere resta un’operazione discutibile e dai chiari intenti commerciali.

Siamo quindi dell’avviso che per recuperare quanto meno la riflessione sulla tenuta di un regime democratico in tempi di crisi profonda, sia utile andarsi a rivedere la versione prodotta con capitali argentini, un cast di protagonisti meno glamour, ma che alla modica cifra di € 2,99 è fruibile a tutti sul web. È fuor di dubbio più intrigante perché ha dei riferimenti purtroppo plausibili alla dittatura militare argentina e all’impunità che i suoi informatori godevano pur perpetrando i più efferati delitti e crimini non legati ad aspetti di natura politica, bensì alle personali perversioni. Ciò rende la pellicola di fatto più interessante e anche la sia pur lieve trama sentimentale risulta convincente e a tratti perfino poetica nel confronto tra i due protagonisti principali.

Titolo originale: Secret in Their Eyes
Regia: Billy Ray
Soggetto: Eduardo A. Sacheri (romanzo)
Sceneggiatura: Billy Ray
Attori principali: Julia Roberts, Nicole Kidman, Chiwetel Ejiofor, Michael Kelly, Dean Norris, Joe Cole
Produttore: Mark Johnson, Matt Jackson
Produttore esecutivo: Matt Berenson, Juan José Campanella, Stuart Ford, Russell Levine, Jeremiah Samuels, John Ufland
Casa di produzione: Gran Via Productions, IM Global, Route One Films
Distribuzione: Good Films
Fotografia: Daniel Moder
Montaggio: Jim Page
Scenografia: Nelson Coates