Il ritorno alla storia. Dopo Lincoln, il nuovo thriller di Spielberg ambientato durante la guerra fredda

L’incredibile storia di un uomo qualsiasi, che si trova a dover affrontare circostanze straordinarie. Tom Hanks è James B. Donovan, un avvocato realmente esistito durante la guerra fredda. 

Dopo il successo valso l’oscar come miglior protagonista a Daniel Day-Lewis per Lincoln, Spielberg torna al cinema con Il ponte delle spie. Tratto da una storia vera, il protagonista è l’avvocato James B. Donovan (Tom Hanks), difensore di una spia russa catturata sul suolo americano durante la guerra fredda, Rudolf Iwanowitsch Abel. Convinto sostenitore della giustizia e della tutela dei diritti umani, Donovan non si tira indietro neanche quando gli viene assegnato l’incarico di negoziare lo scambio di Francis Gary Powers (un pilota americano catturato in Unione Sovietica), con il suo cliente russo.

Durante gli anni della guerra fredda i paesi della Nato e quelli del Patto di Varsavia erano soliti scambiarsi i rispettivi prigionieri, il ponte delle spie fa riferimento proprio al ponte che tra Berlino e Potsdam era utilizzato per questo tipo di scambio.

Scritto dai fratelli Coen insieme a Matt Charman, con Tom Hanks protagonista e Steven Spielberg alla regia, Il ponte delle spie è perfetto in ogni dettaglio. Visivamente e registicamente controllato, asciutto e senza neanche una sbavatura: lo stile registico di Spielberg si riconferma di film in film. Per questo lo spettatore si aspetta sempre quel passo in più in ogni sua pellicola; lo stesso passo che ha aggiunto in Munich, in Prova a prendermi o ne L’impero del sole (tanto per citarne alcuni), lo stesso stile che in Lincoln non lo ha portato ad una semplice rilettura del mito, ma ad una narrazione profondamente vicino all’uomo e le sue scelte, quasi fredda e distaccata dalla semplice retorica americana.

Ne Il ponte delle spie, Spielberg riconferma il suo ruolo da regista di culto, sottolineando alcuni dei suoi tratti più caratteristici: il rapporto tra le origini e l’allontanamento dalla propria casa, o l’individuo qualsiasi che nella vita di tutti i giorni riesce ad essere un eroe. Ma è anche un’ottima opera che affronta temi importanti per il nostro tempo. Durante la guerra fredda, l’odio era spesso generato dalla paura e dall’ignoto, la spia russa è un pericolo reale, ma specchio di un problema inafferrabile nella vita di tutti i giorni. Donovan è l’unico a trovare la razionalità necessaria per affrontare il problema, trovando nel suo lavoro di avvocato la chiave per continuare a lottare. Sarà proprio la sua razionalità a determinare le sorti del suo cliente, il quale, sebbene si dimostri fin da subito colpevole, non sembra preoccuparsi minimamente della sua sorte. “Servirebbe?” Risponde, quando l’avvocato gli chiede se non è preoccupato di finire sulla sedia elettrica. Dall’aspetto tranquillo e solitario, la spia russa sembra solo dipingere quadri tutto il giorno, ma il suo pragmatismo difronte la morte maschera in realtà una profonda rassegnazione. Non è più artefice delle sue sorti, solo Donovan ha a cuore la sua causa e lotterà per ottenere la giustizia.

Le premesse vengono tutte mantenute: il cast, la regia, la sceneggiatura e l’ironia ben inserita nel film lasciano lo spettatore contento di vedere le proprie aspettative mantenute. Eppure al film manca qualcosa, manca quel passo in più alla Spielberg. Quasi a riconfermare sé stesso a tutti i costi, il regista non riesce a trattenersi, realizzando un finale che cancella tutte le ottime premesse fatte durante il film. Con un’America terrorizzata dal diverso, pronta a sacrificare qualsiasi cosa pur di proteggere sé stessa; solo l’individuo, razionale, fedele ed orgoglioso delle proprie scelte, ha le capacità per fare la cosa giusta. Ma alla fine questa chiave di lettura viene cancellata da uno scambio di sguardi complici tra il protagonista e le persone sedute vicino a lui in metro, le stesse che pochi giorni lo criticavano, riempiendo il film di una ingenuità troppo lontana dai nostri tempi. Non bastano un scambio di ammiccamenti sinceri per sancire la bontà delle nostre azioni, Donovan ha sicuramente fatto il suo lavoro, ma a quale prezzo? A questo non risponde e preferisce che sia la storia a parlare, quella già scritta, non quella scritta da lui.

Titolo originale: Bridge of Spies
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Matt Charman, Ethan Coen, Joel Coen
Attori principali: Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Koch, Alan Alda, Billy Magnussen, Eve Hewson, Austin Stowell
Prodotto: Steven Spielberg, Marc Platt, Kristie Macoko Krieger
Musiche: Thomas Newman
Costumi: Kasia Walicka Maimone
Montaggio: Michael Kahn
Scenografie: Adam Stockhausen
Direttore della fotografia: Janusz Kaminski
Distrubuzione: 20th Century Fox Italia
Durata: 140′
Genere: Thriller