Un gigante senz’anima

Buoni sentimenti e un uso invasivo del digitale per una modesta favoletta priva d’interesse.

L’orfana Sofia viene rapita dall’istituto dove abita dal Grande Gigante Gentile, per il timore che possa rivelare al mondo della sua esistenza. Portata nella terra dei giganti, stringe presto amicizia col rapitore e insieme cercano di difendersi dalle prepotenze degli altri abitanti, che vogliono mangiare la bambina. Per liberarsi definitivamente di questa minaccia, chiederanno aiuto nientemeno che alla regina d’Inghilterra.

La storia di un’amicizia sui generis raccontata con tanta e tale melassa da renderla insostenibile. La povera piccola orfana cerca di rendersi simpatica ma riesce al contrario molesta; il gigante, di professione acchiappasogni, non tenta nemmeno di mostrarsi cattivo come da copione, ma si prodiga fin da subito in sorrisi e premure verso la bambina. Quanto all’imitazione della regina Elisabetta, è talmente macchiettistica da risultare farsesca. Nemmeno i cattivi, i giganti che vogliono divorare Sofia, sono davvero cattivi, tant’è vero che la loro punizione consiste nel dover rinunciare al loro piatto preferito e a sostituirlo  con cetrioli. Il finale, poi, che rivela come la storia appena conclusa sia stata solo un sogno della protagonista, nella sua banalità, affossa definitivamente un film debolissimo sotto ad ogni punto di vista. Non basta qualche scenetta improntata ad un umorismo scatologico e bambinesco a suscitare il riso nello spettatore. Anche l’utilizzo del digitale per creare paesaggi virtuali e modificare immagini riprese dal vero si rivela insufficiente a vivacizzare una trama e personaggi privi d’interesse. Se E.T. aveva suscitata tanta simpatia negli spettatori, compresi gli adulti, ciò fu dovuto all’abilità di Rambaldi che creò un personaggio con cui risultò da subito facile identificarsi e provare empatia. Ma E.T. non era un algoritmo creato dal computer: era, al contrario, costruito da un tecnico degli effetti speciali, capace d’infondergli sentimenti ed emozioni umane che si trasmettevano allo spettatore, come quelle di un attore in carne ed ossa. Oggi, grazie all’uso integrato della Cgi (computer generated imagery), che consente di trasformare in tridimensionali immagini bidimensionali, variandole e ricreandole in  toto o in parte, e del digital compositing, che permette di assemblare riprese diverse in una sola immagine, è possibile unire immagini ricreate al computer ad altre girate dal vero dove un attore recita su uno sfondo monocromatico (chroma key), che viene poi sostituito da una scenografia virtuale. Queste tecniche sono qui usate da un lato per modificare il volto e il corpo degli attori chiamati ad interpretare i giganti, creature fantastiche di natura; dall’altro, per far recitare gli attori in un ambiente dai contorni e dai colori volutamente irreali come la terra dei giganti. Simili espedienti, però, oltre ad essere molto dispendiosi (il film è costato ben 140 milioni di dollari) tolgono spontaneità e naturalezza al film, per l’ineliminabile freddezza dei volti e dei paesaggi, che suonano irrimediabilmente falsi e costruiti, privi del calore e della spontaneità delle immagini riprese dal vero. Non è difficile immaginare che questo gigante non si conquisterà un posto nella memoria degli spettatori come aveva fatto il ben più riuscito E.T.: riuscito poiché, come s’è detto, era sì un effetto speciale, ma tangibile e concreto, e perciò a modo suo reale e capace quindi di vivere nel ricordo dello spettatore. Un film debole sul piano tematico, dunque, come su quello formale, che dovrebbe almeno instillare qualche dubbio sulla fondatezza della fama di cui gode il regista. La prima inquadratura è un piano d’ambientazione che mostra il Big Ben svettare nel cielo notturno: davvero non si sarebbe potuto trovare un modo più scontato e prevedibile per far capire che la scena si svolge a Londra.

Titolo originale: The BFG
Regia: Steven Spielberg
Soggetto e sceneggiatura: Melissa Mathison, dal romanzo di Roald Dahl
Fotografia: Janusz Kaminski
Montaggio: Michael Kahn
Musica: John Williams
Scenografia: Rick Carter, Robert Stromberg
Costumi: Joanna Johnston
Interpreti: Mark Rylance, Ruby Barnhill, Penelope Wilton, Rebecca Hall, Jemaine Clement, Rafe Spall, Bill Hader, Gabrielle Rose
Prodotto da Steven Spielberg, Frank Marshall, Sam Mercer
Genere: fantastico
Durata: 117′
Origine: Gran Bretagna/Canada/Stati Uniti
Anno: 2016