Benché il titolo richiami al capolavoro di Ferrara, al di là del personaggio principale, il film di Werner Herzog ha ben poco a che fare con il suo predecessore.

Se quello era un film sulla colpa e sulla possibilità di espiazione, questo è invece un inesorabile ritratto cinico e disincantato di un uomo che semplicemente ama la propria dipendenza dalle droghe, i propri metodi assai discutibili, la propria capacità di sfruttare le persone e volgere al meglio per se stesso anche le situazioni più improbabili.

Un tenente cattivo, quindi, non perché ha perso la speranza e si sente abbandonato da tutti, Dio compreso (come nel film di Ferrara), ma semplicemente perché non ne può fare a meno. Il suo modo di fare estremo e sopra le righe è l’unica maniera che conosce per poter sopravvivere in un mondo che non capisce, dal quale si sente escluso e da cui cerca di escludersi sempre di più: un essere umano alla deriva che al massimo può concedersi qualche momento di malinconia, ma nulla più.

Mentre la precedente versione era un film profondamente spirituale, quello di Herzog si mantiene su una dimensione materiale ed estremamente concreta: Terrence McDonagh non fa nulla per nulla e il suo abbandonarsi alla perdizione, perdendo il controllo della situazione, non è un fine, bensì un mezzo per spingersi sempre oltre.

Il mondo è un caos senza regole e lasciarsi travolgere da esso è l’unico modo per sopravvivere. In questo senso il film è profondamente herzoghiano, grazie ad un protagonista estremo, l’ennesimo perdente della filmografia del regista monegasco, consapevole della sua natura, ma testardo fino in fondo: un outsider colpito e destabilizzato radicalmente nel suo essere uomo e individuo, privo di qualsiasi speranza di riconnettersi ad un tessuto sociale che non gli appartiene.

Ed è per questo che l’operazione di Herzog risulta essere, oltre che estremamente intelligente, assai affascinante. Alcuni degli assunti principali del film di Ferrara vengono infatti ribaltati e trattati con una pungente e sorprendente ironia surreale, mai fine a se stessa, ma che si rivela azzeccata nel raccontare la depravazione e la totale assenza di limiti di McDonagh. E il ribaltamento finale è solo l’ennesima conferma di un prodotto adattato in maniera geniale, regalando uno sguardo sull’America di oggi che, tra un sorriso e l’altro, è netto e per nulla consolatorio.

Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans
Regista: Werner Herzog
Sceneggiatura: William M. Finkelstein
Attori principali: Nicolas Cage, Eva Mendes, Val Kilmer, Xzibit, Brad Dourif, Fairuza Balk, Jennifer Coolidge, Shawn Hatosy, Lance E. Nichols, Shea Whigham, Tom Bower
Fotografia: Peter Zeitlinger
Montaggio: Joe Bini
Musiche: Mark Isham
Produzione: Edward R. Pressman Film, Millennium Films, Nu Image Films, Polsky Films, Saturn Films
Anno: 2009
Genere: Drammatico, Poliziesco
Durata: 121′