Un robot con coscienza di sé

Terzo lungometraggio per il regista sudafricano Neill Blomkamp. Ispirato al proprio corto Tetra Vaal del 2004, Humandroid gioca la carta di una fantascienza impegnata e quasi intimista. Ottimo potenziale e altissimi standard tecnici, ma risultati altalenanti.

Johannesburg, futuro prossimo. La Tetravaal, azienda leader nel settore degli armamenti, ha sviluppato dei robot antropomorfi corazzati programmati per agire autonomamente a supporto dei poliziotti in carne e ossa, per fronteggiare le situazioni di emergenza provocate dalla piccola e media criminalità della città sudafricana. Deon Wilson, progettista di tale serie di androidi, sogna di dar vita alla prima intelligenza artificiale indipendente dotata di coscienza e quando il suo nuovo progetto viene rigettato dall’azienda, decide di trafugare un robot destinato alla rottamazione e attivarlo col software senziente di sua invenzione. La situazione si complica quando tale androide viene rubato da una banda di criminali con un grosso debito da saldare.

Erano gli inizi degli anni quaranta quando Isaac Asimov pose le basi delle Tre (più una) leggi della robotica e di una buona fetta della fantascienza dei decenni successivi. Correva invece l’anno 1986 quando Bruce Sterling pubblicò Mirrorshades, antologia letteraria che ben presto divenne il manifesto del movimento letterario cyberpunk. Neill Blomkamp con Humandroid (il cui titolo originale,mantenuto praticamente ovunque tranne che in Italia, è Chappie), come hanno fatto altri in passato, cerca di unire questi due mondi (spesso compatibili per tematiche e ambientazioni) ottenendo risultati altalenanti.
Il giovane regista sudafricano ha dimostrato di trovarsi a proprio agio con la fantascienza: District 9 è stato uno dei migliori esordi nel panorama cinematografico recente, ma paradossalmente ha fatto sì che una pericolosa spada di Damocle oscillasse con costanza sopra la testa del suo creatore; Humandroid, che riprende un corto realizzato dieci anni prima, trasuda passione e talento da ogni inquadratura e parte da un’idea compatta e coerente, ma puntando sull’accumulo di tematiche piuttosto che focalizzarsi sulla linearità del racconto, sbanda pericolosamente nei tornanti troppo stretti.
La Johannesburg su cui vigilano i robot della Tetravaal ci viene restituita in maniera credibile con la sua patina di pace e benessere che nasconde un mondo underground di criminalità, sogni ed emarginazione dei diseredati, riportando alla mente eco di metafore attuali e sottolineata da una colonna sonora dalle sfumature acid-elettro rap (cantata dai Die Antwoorld, che nel film interpretano i “genitori” di Chappie). Meno convincenti alcuni snodi narrativi e personaggi chiave, uno fra tutti il machiavellico ingegnere Vincent Moore interpretato da Hugh Jackman.
Il film risulta troppo spezzato in due tronconi, con una prima parte intensa e divertente che lascia ampio spazio ai personaggi e alla crescita della psiche del piccolo (ma solo mentalmente) androide Chappie e una seconda che vira su un action con abbondanti dosi di sangue e violenza, necessarie all’economia del racconto, ma tutto sommato prevedibile ed eccessivo.
Incredibile la qualità grafica e della motion capture, in grado di rendere mimicamente palese ogni sfumatura emotiva del robot malgrado la sua comica quanto sinistra fissità e coadiuvata da un mecha design riuscito, convincente e citazionista (chiari riferimenti, confermati dal regista, al Metal Gear della Konami o ad alcune fattezze dell’androide della serie Appleseed)
Ciò che rimane della visione di Humandroid, oltre all’impressionante comparto tecnico e visivo, è una serie di intense riflessioni sul libero arbitrio, violenza, egoismo, imperfezione e ambizione umana, oltre al pesante asserto sull’elevazione (o riduzione, a seconda della sensibilità personale) della coscienza a pura quantità misurabile, analizzabile e trasferibile come un qualsiasi flusso dati. Niente di nuovo sotto il sole, ne aveva già parlato Ridley Scott quasi trent’anni fa con i suoi replicanti. Ciò non toglie che, malgrado diverse imperfezioni e alcuni passaggi a vuoto, rimanga un film godibile e intenso oltre la media della sci-fi hollywoodiana attuale.

Titolo originale: Chappie
Nazionalità: Sudafrica, Stati Uniti
Anno: 2015
Genere: Fantascienza
Durata: 121’
Regia
: Neill Blomkamp
Cast: Sharlto Copley, Dev Patel, Hugh Jackman, Watkin Tudor Jones, Yolandi Visser, Jose Pablo Cantillo, Sigourney Weaver
Sceneggiatura: Neill Blomkamp, Terri Tatchell
Produzione: Simon Kinberg, Alpha Core, Media Rights Capital, Sony Pictures Entertainment, TriStar Pictures
Distribuzione: Columbia Pictures, Sony
Fotografia: Trent Opaloch
Musiche:
Hans Zimmer
Montaggio:
Julian Clarke
Scenografia:
Jules Cook
Effetti speciali visivi: Jamie Hendricks

Nelle sale italiane dal 9 Aprile 2015